Inverno, freddo e bora, una minaccia per i migranti che arrivano ogni giorno a Trieste. Il nostro occhio, guidato dalle telecamere televisive, finisce quasi esclusivamente sugli sbarchi lungo le coste, senza la dovuta considerazione anche per i drammi di coloro che non prendono il mare per fuggire dai propri paesi colpiti da guerre, carestie e autoritarismi e che talvolta camminano oltre un anno per raggiungere la loro meta.
La rotta balcanica
Il capoluogo friulano è una delle porte europee sulla rotta balcanica, quella che continua a vedere un flusso ininterrotto di persone (in gran parte sono afghani, ma anche mediorientali) in cerca di una vita migliore. Una rotta che conduce circa un centinaio di migranti al giorno in una Trieste che però è amministrata da chi non vuole allestire un’adeguata accoglienza. Questo è il motivo per il quale si è mobilitata la Camera del lavoro locale, il cui segretario generale, Michele Piga, ci dice che non siamo di fronte a un’emergenza, ma a un flusso in costante aumento da anni. Sono persone richiedenti asilo, oppure in transito per raggiungere altri paesi europei.
Senza un ricovero dignitoso
“A Trieste – spiega Piga - ci sono circa 360 migranti che non hanno un rifugio, un posto per lavarsi, dormire e fermarsi in maniera civile. Nell’ambito dell’accoglienza diffusa queste persone non coperte da tutele hanno il problema cogente di essere sistemate”. La Cgil propone quindi che si attivi, in ambito di bassa soglia, un punto di accoglienza dove possano trovare un ricovero dignitoso, ma si scontra con la realtà drammatica di “una giunta e un sindaco di destra con posizioni radicali che non vogliono intervenire. Si tratta di una battaglia di civiltà che guarda alle coscienze e anche al decoro della città”.
Servono corridoi umanitari
Dalla Cgil nazionale interviene la segretaria confederale, Tania Scacchetti, per sottolineare le difficoltà che sta affrontando Trieste, nonostante il grande impegno delle associazioni del territorio e del sindacato per “garantire un’accoglienza degna di questo nome e proteggere le persone dal freddo, ripararle e consentire che procedano nel loro camino, in viaggi che per la loro durezza ci sembrano impensabili”. Pensando a tutte le città europee di frontiera, Scacchetti rivendica la “necessità di corridoi umanitari, così da consentire la mobilità tra paesi oltre i regolamenti come quello di Dublino”. “Stiamo semplicemente chiedendo che l’Europa si faccia carico di una necessità: quella di muoversi nel mondo e ricercare situazioni di vita migliori, trovando le condizioni per essere accolti con dignità”, incalza la sindacalista.
La Cgil in campo
A ora non sono arrivate risposte, non solamente a livello europeo, ma anche dell’amministrazione triestina: “Stiamo mettendo in campo iniziative che facciano diventare la vicenda di dominio nazionale – conclude Piga -, perché si sappia che sono il sindaco e la giunta e non i cittadini a essere indisponibili a un ragionamento di umanità e accoglienza e che quindi siano fatte le debite pressioni affinché si provveda all’accoglienza dei migranti prima che l’inverno cominci a mietere vittime".