Morto di freddo nella notte del 27 gennaio a Roma, davanti all’Ufficio immigrazione più grande d’Italia, accampato fuori dall’edificio nella lunga fila per ottenere un permesso di soggiorno. Rabbia, sdegno, vergogna, sono le parole con cui la Cgil di Roma e del Lazio, dando la notizia, ha lanciato insieme ad Arci, Nonna Roma e altre associazioni che si occupano della difesa dei diritti civili, un presidio di protesta su quello stesso marciapiede dove è stato rinvenuto il corpo senza vita dell’uomo. In quel punto il segretario della Camera del lavoro della Capitale, Natale Di Cola, ha deposto un mazzo di fiori, un gesto di umanità dedicato alla vittima.

“Da tempo – hanno scritto in una nota congiunta la Cgil e l’Arci – denunciamo le gravi condizioni in cui versa l'Ufficio immigrazioni della Questura di Roma, il più grande d'Italia, con una situazione divenuta insostenibile sul piano umanitario e lavorativo. Ogni giorno un numero elevatissimo di persone vi si reca per richiedere il rilascio dei permessi di soggiorno, asilo politico o protezione speciale o, magari, anche per chiedere informazioni non di competenza dell'ufficio, che per molti è l'unico punto istituzionale di riferimento dove trovare risposta. Questa è una vergogna che deve finire. Scriveremo a tutte le istituzioni per sollecitare soluzioni immediate al fine di migliorare la qualità del servizio e dare conforto a queste persone”.

Borlizzi, Nonna Roma: “È violenza istituzionale”

“È l’ennesima morte annunciata che si poteva e si doveva evitare”, denuncia Federica Borlizzi, avvocata di Nonna Roma: “La Questura ha avuto l’ardire di affermare che questa persona è morta per cause naturali. Non crediamo ci sia nulla di naturale. Rispondiamo che questo è un luogo di violenza istituzionale. Quella che costringe migliaia di donne, uomini e bambini a doversi accampare qui, di notte, all’addiaccio, per partecipare all’infame lotteria della richiesta di asilo che dovrebbe essere un diritto costituzionalmente garantito”.

Conclude Borlizzi: “È violenza istituzionale rendere irregolari migliaia di persone attraverso prassi difformi messe in campo da questi uffici sulla pelle dei migranti. Non crediamo che questa morte non abbia nulla a che fare con l’operato dell’Ufficio immigrazione. Che non può continuare a rimanere impunito”.

Baiocchi, Inca: “Ci battiamo da anni, ma dall’altra parte ci troviamo un muro”

“Da anni come patronato della Cgil – spiega Fabrizio Baiocchi dell’Inca Roma Lazio – ci battiamo per i diritti dei migranti, per assisterli e affiancarli. Eppure dall’altra parte ci troviamo di fronte un muro”.

“Queste persone – dice in lacrime Diana Agostinello della Cgil capitolina – vogliono regolarizzare la propria presenza qui, in tempi brevi, chiarire la propria posizione, dopo essersi avventurati in un viaggio traumatico per scappare da guerra, fame, carestie. È necessario velocizzare i tempi, i metodi, assumere personale che dia risposte. Perché il sistema così com’è è evidente che non funziona. E oggi ci siamo mossi ancora una volta, spinti da un senso di rabbia e di vergogna”.

“È una situazione disumana”, denuncia Issam Idris: “Non è possibile che a Roma ci sia solo un ufficio immigrazione, una porta, un metro, dove devono passare ogni giorno duemila persone. Aspettiamo qui fuori, al freddo, sotto la pioggia, persino se abbiamo un appuntamento. Lavoriamo qui, viviamo qui, eppure dobbiamo venire in questo luogo a soffrire per ottenere quello che è un nostro diritto”.

Leggi anche