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I tweet d’odio, ormai lo sappiamo, colpiscono principalmente le donne e i temi che le riguardano. E nei giorni scorsi, come Cgil, ne abbiamo avuto una volta di più la prova. Dopo l’astensione degli eurodeputati di Fratelli d’Italia e Lega sull’adesione dell’Unione Europea alla Convenzione di Istanbul che condanna la violenza sulle donne e ne promuove la prevenzione, l’Ufficio Politiche di genere è intervenuto con una nota in cui stigmatizzava questa scelta.
Poco dopo la diffusione del comunicato dai profili Twitter e Facebook della Cgil nazionale, è scattata l’aggressione social con modalità e argomenti che non lasciano spazio alla politica o alle critiche valoriali, ma solo a provocazioni, insulti e odio. Che si è riversato direttamente sul sindacato con quelle sortite ormai anche un po’ logore, come “dove eravate?”, “siete la spalla del Pd”, “voi e le vostre pensioni d’oro”, e via così.
Interventi che nulla hanno a che vedere con il tema che ha scatenato lo shitstorming. Viene quindi da chiedersi perché simili attacchi, che non sono casuali ma appaiono “strutturati”, non scattino a ogni tweet del sindacato e invece siano sistematicamente presenti sui temi dei diritti civili. Di sicuro i diritti delle donne e della comunità Lgbtq sono temi fortemente polarizzanti, che dividono il campo, "con noi o contro di noi", aumentando il senso di appartenenza a un gruppo.
Ha iniziato Grande Capo @Tororialzato, 1.043 tweet in poco più di tre mesi d'iscrizione (febbraio 2023), seguito da ben 23 follower, un vero “leone da tastiera”, pubblicando una foto estatica di Meloni che recita “Più l’attaccate più saremo dalla sua parte”: messaggio che fa scattare il sentiment di difesa del leader di riferimento a prescindere dai contenuti che così spariscono, sia la violenza sulle donne, sia l’assenza d'interventi di contrasto al disagio e alla povertà, sia le politiche fiscali o quelle del lavoro. I fatti non contano più, conta solo l’appartenenza al gruppo.
La strategia della comunicazione social secondo il modello “Bestia” non prevede ragionamenti o tesi, ma parla alla pancia di ambo le parti con provocazioni, offese, denigrazioni, alzando il livello dello scontro: prevalgono rabbia, risentimenti, odio appunto, che allontanano razionalità e contenuti. E i temi della rivendicazione della parità di genere, per il loro portato culturale ed emotivo, sono perfetti per questa comunicazione.
Ma tra i commenti c’è anche chi, senza un briciolo di vergogna considerando che nel 2022 solo in Italia 122 donne sono state uccise nell’ambito di una relazione affettiva, rivendica la giustezza di quel voto perché evidentemente pensa che quello della violenza contro le donne non sia un problema: “Abbiamo votato noi per avere queste azioni del nostro governo, fatevi una ragione!”, scrive @Pepinnen, 145 follower per 120 following, un profilo pieno di offese, denigrazioni sessiste e razziste.
Perché il modello patriarcale di società basato sul concetto di “famiglia tradizionale”, nel quale la donna ha un ruolo subordinato rispetto all’uomo, fa parte della narrazione delle destre. Non è un caso che Paesi governati dalle destre ultranazionaliste, politicamente affini all’attuale governo italiano come l’Ungheria di Orban o la Polonia di Morawiecki, abbiano ostacolato l’adesione della Ue alla Convenzione e, nel caso della Polonia che l’aveva adottata, vogliano uscirne come ha già fatto la Turchia di Erdogan, adducendo come motivazione la difesa del modello tradizionale di famiglia.
La politica della destra italiana, che ha avuto il merito di portare per la prima volta nella storia d’Italia una donna al ruolo di presidente del Consiglio, schiaccia l’occhio alla parte più retriva e arretrata del Paese che vorrebbe ancora le donne “angeli del focolare”, o fattrici al servizio della Nazione e dell’economia.
Ma c’è anche chi nei commenti chiede “Ma che c’entra la Cgil con la violenza sulle donne?”, ignorando o dimenticando cosa sia il sindacato: il più grande movimento italiano sorto tra gli oppressi per perseguire la giustizia sociale. E cos’altro sono la rivendicazione e la tutela dei diritti delle donne - metà della popolazione mondiale e anche del nostro -, se non una lotta contro una storica e immane ingiustizia sociale?