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Per il settimo anno consecutivo sono le donne il gruppo sociale maggiormente colpito dall’odio sui social. Lo dice Vox-Osservatorio italiano sui diritti, pubblicando la Mappa dell’intolleranza, costruita grazie a una massiccia analisi di dati e alla collaborazione tra quattro atenei italiani (Dipartimento di Diritto pubblico, italiano e sovranazionale dell’Università di Milano; Dipartimento di Psicologia dinamica e clinica dell’Università La Sapienza di Roma; Dipartimento d'Informatica dell’Università Aldo Moro di Bari; Centro Itstime dell’Università Cattolica di Milano) che raccolgono, scremano e mappano i tweet prodotti in un dato lasso di tempo.
Aggressioni verbali, misoginia, odio, disprezzo, insulti, con numeri davvero impressionanti che dovrebbero farci riflettere sul ruolo giocato dalla rete e dai media nell’alimentare fenomeni sociali pericolosi e destabilizzanti. Questo almeno è l’obiettivo di Vox, che si è dato la mission di evidenziare i gruppi sociali a maggiore rischio, le zone dove l’odio è maggiormente attivo e diffuso, invitando le istituzioni territoriali a intervenire e soprattutto a prevenire.
Ciò che si sta delineando negli anni è la sempre maggiore aggressività e violenza dei messaggi che solitamente nascono come reazione a notizie diffuse dai media mainstream, il che dovrebbe portare a una considerazione più ampia su come i media diffondono le notizie, su come le selezionano e quale rilievo gli danno.
Dei 629.151 tweet raccolti tra gennaio e ottobre 2022, ben 583.067 sono stati catalogati come negativi, il 93%, contro appena il 7% neutri o positivi. Dei 583.067 negativi, ben 280.332 riguardano donne, il 43,2% del totale, con un distacco di dieci punti dal secondo cluster, le persone con disabilità (33,9%), e addirittura un gap di oltre 30 punti dai tweet d’odio nei confronti delle persone omosessuali (8,78%).
Troia, puttana, sfigata, zoccola, mignotta e scrofa: questi i termini offensivi più ricorrenti nei tweet d’odio verso le donne, parole che oltre all’offesa in sé raccontano di una cultura ancora profondamente misogina e intrisa di patriarcato che soppesa il comportamento relazionale/sessuale femminile.
Le destinatarie di questi messaggi sono soprattutto donne che esercitano il potere, politico o economico. Il denominatore comune che scatena l’odio misogino online è infatti proprio il potere: la stessa azione che scatena l’aggressione online nei confronti di una donna, non provoca la stessa reazione se agita da un uomo.
Il tema non è ciò che quella donna ha detto o fatto, magari anche deprecabile, ma la reazione collegata che evidenzia il persistere di una lettura sociale gravemente sessista. Un odio che si scatena anche a commento di femminicidi e aggressioni a donne. Bologna, Roma, Terni e Caserta le zone dove maggiormente si concentrano gli attacchi misogini, mentre l’omofobia, ad esempio, è maggiormente radicata nel veronese.
Vox punta il dito contro due aspetti della comunicazione social. Da un lato, la progressiva polarizzazione del linguaggio. Soprattutto su Twitter, dove il messaggio si gioca in poche parole, il lessico è estremizzato: o con o contro, o bianco o nero, come in un tifo tra squadre.
L’altro tema è la disumanizzazione del confronto: in presenza, a voce, si dialoga, si cerca una mediazione verbale per non ferire/rompere con l’interlocutore; sui social invece non ci sono filtri, si scatenano rabbia e frustrazioni normalmente represse. Ma come insegna la cronaca (l’aggressione neofascista a colpi di arma da fuoco a un gruppo di migranti a Macerata nel 2018, ad esempio, ma si potrebbero citare mille altri casi), i social, come ogni media, non restano un mondo virtuale e finiscono per influenzare il reale.
Ecco allora che Vox s’interroga su come i tweet d’odio possono alimentare la violenza reale sulle donne, sui disabili, sugli omosessuali, come sugli immigrati non graditi. Perché se è vero che i social sono uno sfogatoio fatto di “bolle” di persone e profili – veri e falsi – che esprimono convinzioni simili, l’estremizzazione è pressoché inevitabile e finisce per alimentare pregiudizi e convinzioni, esasperarli e di conseguenza in qualche modo legittimarli. Pericoloso.
Esmeralda Rizzi, Ufficio Politiche di genere Cgil nazionale