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Il decreto della “linea dura” sulle navi delle Ong e i salvataggi di migranti in mare, varato dal governo italiano a inizio gennaio, è da ritirare o rivedere, perché potrebbe "impedire un'efficace attività di ricerca e soccorso da parte delle stesse navi". È quanto si legge in una lettera inviata al ministro dell'Interno italiano, Matteo Piantedosi, da Dunja Mijatović, commissaria per i Diritti Umani del Consiglio d'Europa (da non confondere con il Consiglio europeo, che è un organo della Ue).
Mijatović invita apertamente il governo a prendere in considerazione il ritiro o la revisione del decreto legge 1/2023, quello riguardante appunto il Codice di condotta delle Ong, le cui disposizioni potrebbero essere in contrasto con gli obblighi dell'Italia ai sensi dei diritti umani e del diritto internazionale.
"Il decreto e la pratica di assegnare porti lontani per lo sbarco delle persone soccorse in mare rischiano di privare le persone in difficoltà dell'assistenza salvavita delle Ong sulla rotta migratoria più mortale del Mediterraneo", scrive la commissaria.
"Come già accaduto - spiega la commissaria - la misura costringe le Ong a ignorare altri allarmi lanciati da persone in pericolo nell'area, anche se le navi sono ancora in grado di compiere altri soccorsi. Rispettando le misure del governo, i comandanti delle navi violerebbero i doveri di soccorso imposti dalle norme internazionali". Inoltre, Mijatović ribadisce il suo invito alle autorità italiane a sospendere la cooperazione con il governo libico sulle intercettazioni in mare.
I "requisiti tecnici" indicati dal decreto Piantedosi per le navi delle Ong sono "vaghi" e potrebbero aprire la strada a "lunghe e ripetute ispezioni" nelle stesse navi, argomenta la commissaria: "In qualità di Stato membro del Consiglio d'Europa, l'Italia è chiamata a realizzare condizioni sicure e agevoli per coloro che difendono i diritti umani, incluse le Ong che salvano vite in mare. Se emerge un problema di natura tecnica o amministrativa, questo va risolto in uno spirito di cooperazione, consentendo a queste navi di riprendere le operazioni il più presto possibile".
Questa lettera, inviata al governo italiano lo scorso 26 gennaio, potrebbe avere "conseguenze sulle future decisioni della Corte europea dei diritti dell'uomo e della Corte di Cassazione italiana". Lo dichiara - secondo quanto riporta l’agenzia Agi - il giurista Fulvio Vassallo Paleologo, esperto di diritti umani e già docente di diritto di asilo all'Università di Palermo.
La Cassazione "già nel 2020 nella sentenza n.6626 sul caso di Carola Rackete, fatta arrestare a Lampedusa nel 2019 dopo il decreto sicurezza bis di Salvini, affermava la liceità del comportamento della comandante della nave - spiega il giurista -, la doverosità dei soccorsi umanitari, il primato del diritto internazionale sulla decretazione d'urgenza, richiamando, oltre al sistema gerarchico delle fonti imposto dall'art.117 della Costituzione, anche una precedente Risoluzione del Consiglio d'Europa in materia di soccorso in mare".