Si è svolta oggi una manifestazione a Torino per chiedere la chiusura dei Centri per il Rimpatrio (Cpr). L'iniziativa si è tenuta nei pressi della struttura di Corso Brunelleschi, attualmente chiusa dal marzo 2023 dopo il tragico suicidio di Moussa Balde, giovane migrante arrivato in Italia in cerca di un futuro migliore. I manifestanti hanno chiesto con determinazione che il centro torinese non riapra mai più.
La nascita della Rete Torinese contro i Cpr
L'evento è stato promosso dalla Rete Torinese contro tutti i Cpr, un'alleanza tra istituzioni, sindacati e enti del Terzo Settore che si oppongono alla riapertura del centro torinese e alla presenza di tali strutture sul territorio nazionale. La rete, sostenuta dalla Circoscrizione 3 di Torino, da Cgil, Cisl e Uil, da Anpi e Acli, è aperta ad altre realtà che condividano gli stessi obiettivi.
Le dichiarazioni dei rappresentanti sindacali
Durante la manifestazione, diverse personalità hanno espresso la propria contrarietà ai Cpr. Elena Ferro, della segreteria Cgil Torino, ha definito il Cpr di Corso Brunelleschi "un luogo delle contraddizioni" e ha denunciato l’invisibilità della sua esistenza nella vita quotidiana della città.
"Qua dentro fino al marzo del 2023 sono state detenute delle persone che hanno attraversato il deserto, hanno subito violenze inenarrabili e hanno cercato delle vie per entrare nell’Unione Europea, dove i flussi di ingresso sono regolamentati in modo da favorire queste condizioni", ha dichiarato Ferro.
La sindacalista ha poi sottolineato le problematiche legate alla sicurezza: "Questo Cpr non doveva essere fatto perché in questo luogo nessuno è sicuro: non lo sono i lavoratori delle cooperative, non lo sono gli agenti di polizia, e non lo sono soprattutto le persone che dopo tanta sofferenza vengono rinchiuse qui".
Anche Nicola Rossiello, della segreteria regionale Silp Cgil Piemonte, ha espresso una dura critica nei confronti della struttura: "I Cpr sono un non luogo dell’umanità. Questo è un luogo che abbiamo sempre contestato, perché non ha i presupposti di un ambiente di lavoro dignitoso e sicuro".
Rossiello ha inoltre denunciato la difficoltà di controllo e verifica all'interno della struttura: "Noi qui dentro non siamo mai riusciti ad entrare per verificare il rispetto delle previsioni normative, e i lavoratori di polizia non sono semplici soldati. Quando operano in questi contesti, vivono situazioni drammatiche sotto il profilo umanitario, etico e psicologico".
Un movimento in crescita
La mobilitazione torinese si inserisce in un contesto più ampio di critica al sistema dei Cpr, con richieste sempre più pressanti di chiusura definitiva di queste strutture. La Rete torinese continuerà a promuovere iniziative di sensibilizzazione e a chiedere un’alternativa dignitosa per i migranti, in linea con i principi fondamentali dei diritti umani.