Nel Centro di permanenza per il rimpatrio dei migranti di Ponte Galeria ci sono “un tentativo di suicidio ogni due giorni e un evento critico ogni 24 ore. Autolesionismo, consumo di psicofarmaci a scopo contenitivo, vulnerabilità sanitaria e mentale”. A riportarlo è l’agenzia Ansa che ha ottenuto dalla prefettura di Roma l’autorizzazione all'ingresso con telecamere nel Cpr in questione. 

Nel Centro di Macomer "caldo infernale, i migranti bevono acqua calda. Senza ventilatori e frigorifero. Vite umane innocenti imprigionate per 18 mesi, situazione non degna di un Paese civile". La denuncia è della garante sul Cpr locale. 

Per il Cpr di Trapani un rapporto della Clinica legale migrazioni e diritti dell’università degli studi di Palermo e di Asgi mostra “la mancanza di trasparenza che caratterizza l’assegnazione della gara pubblica per la gestione, che premia proposte inverosimili e irrealizzabili” con l’esposizione “al grave rischio di violazione dei diritti fondamentali delle persone trattenute”.

A Milano l’infettivologo e membro della rete Mai più Lager – No ai Cpr, Nicola Cocco, è entrato nella struttura di via Corelli a metà luglio e ha riferito di 46 persone trattenute che vivono in condizioni insalubri con circa 45 gradi percepiti nelle stanze, nessun sistema di ventilazione e l’impossibilità di fare docce fredde per un guasto tecnico. E la gara indetta dalla prefettura di Milano per la nuova gestione è in stallo con il gip che ha prorogato fino a settembre l’amministrazione giudiziaria del centro posto sotto sequestro.

Quelle sopra riportate sono solamente alcune delle notizie che si possono trovare in rete e che descrivono le condizioni dei migranti trattenuti nei Centri di permanenza per il rimpatrio, spesso ignorate o dimenticate. L’avvocata Marina De Stradis, consulente legale dell’associazione A buon diritto, ci parla di come le condizioni disumane in cui i migranti vivono in alcuni Cpr sono il sintomo, la malattia sono le norme vigenti. 

L’associazione ha uno sportello di ascolto nel Cpr di Ponte Galeria, l’unico centro “che ha cinque posti per le donne su tutta Italia – sottolinea subito De Stradis – e non si capisce quale sia l’utilità di trattenere cinque donne”. “Noi continuiamo a segnalare le violazioni – ci spiega poi – Chiaramente le condizioni del trattenimento amministrativo sono invivibili e sono moltissime: già è un trattenimento sulla base di una provvigione amministrativa e quindi ci troviamo comunque in una zona grigia, in più non sono neanche garantite le condizioni minime di vivibilità e questo lo riportano le notizie”.

Le nuove norme

L’avvocata dice di “avere riscontrato un elemento che ha sicuramente infuocato gli animi, anche con una serie di proteste, ed è la modifica dei termini di trattenimento introdotto dall'attuale governo. Prima il termine per le persone non richiedenti asilo era di 90 giorni, con l'udienza di proroga ogni 30. Adesso parliamo di 18 mesi con proroga ogni 90 giorni. Questo ha chiaramente un forte impatto sull'equilibrio e sulla tenuta psicologica delle persone, che prima sapevano che sarebbero potute permanere un massimo di tre mesi durante i quali potevi giocarti la possibilità di uscire, ora si è ridotta e l'agitazione aumenta”.

“Noi, come A buon diritto – prosegue – ci concentriamo molto sulle condizioni all'interno dei Cpr, però continuiamo a sostenere che la questione non è tanto garantire e migliorare le condizioni, ma rivedere proprio l’intero sistema, che noi non condividiamo. Anche se tutti i migliori servizi fossero garantiti, noi comunque continueremmo a considerare la detenzione amministrativa una misura non idonea, che non risponde neanche alla funzionalità, per cui è chiamata”.

Fuori dal Cpr

Per quanto riguarda il lavoro dell’associazione, gli operatori entrano come consulenti all'interno dello sportello d'ascolto e poi forniscono sostegno alle persone che escono dal Cpr e per le quali si rendono reperibili: “Ci offriamo, una volta usciti, ad accompagnare i migranti nel percorso di regolarizzazione – racconta De Stradis – Perché si può anche uscire dal Cpr, ma non vuol dire che se ne esca con la propria posizione sul territorio nazionale sanata. Quindi poi va affrontato un processo di regolarizzazione e noi in questo siamo sempre a disposizione delle persone con il nostro sportello legale e anche a dare una serie di prime indicazioni. Molte volte le persone che escono non sanno dove andare, ci chiamano e cerchiamo in qualche modo di agevolare il loro accesso alle aree di servizio o magari ai centri dove possono dormire almeno per la prima notte".

A buon diritto svolge anche un'attività di monitoraggio, con attività di ricerca non tanto su di uno specifico Cpr ma a livello nazionale, partendo da una serie di considerazioni di natura più ampia come le strategie nazionali, o la gestione dei flussi migratori, o le scelte per la gestione di Cpr.

“Siamo sempre molto indignati per quello che accade – conclude l’avvocata – però continuiamo a sostenere che il punto è proprio il fatto che ci si possa trovare trattenuti per il solo fatto di non avere un documento, che comunque la detenzione amministrativa è uno strumento europeo che non ha la funzione che dovrebbe. È il sistema del trattenimento amministrativo che noi vorremmo vedere smantellato”.