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Le Nazioni Unite avvertono l’Italia: per la tutela del lavoro, della salute e sicurezza, delle condizioni dei migranti il nostro Paese deve fare di più, molto di più. Il monito arriva al termine di una visita ufficiale durata dieci giorni, dal 27 settembre al 6 ottobre, compiuta dal Gruppo di lavoro su imprese e diritti umani. Il team di esperti ha presentato i primi risultati della propria “ispezione” e, senza troppi eufemismi, ha chiesto al governo e alle imprese italiane di “intraprendere azioni decisive per porre fine allo sfruttamento dei lavoratori migranti stranieri e affrontare il loro status giuridico precario”.
Gli osservatori Onu denunciano “gravi e persistenti abusi dei diritti umani in relazione alle attività delle imprese in Italia”. Abusi che determinano “condizioni di lavoro e di vita disumane per migliaia di lavoratori migranti, gravi problemi di salute e sicurezza sul lavoro e inquinamento ambientale che mette in pericolo la salute pubblica”.
Il presidente del Gruppo di lavoro, Surya Deva, ha sottolineato come i migranti impiegati “in settori come l’agricoltura, l’abbigliamento e la logistica”, siano “intrappolati in un circolo vizioso di sfruttamento, schiavitù per debiti e abusi dei diritti umani che deve essere spezzato”. “In quanto economia altamente sviluppata dell’Unione europea, l’Italia dovrebbe creare al più presto un’istituzione nazionale per i diritti umani forte e indipendente, investita di un mandato esplicito che le permetta di intervenire su questioni relative ad abusi dei diritti umani legati alle attività delle imprese. Dovrebbe inoltre promulgare una legge in materia di adeguata verifica obbligatoria rispetto ai diritti umani e all’ambiente”, ha aggiunto Deva.
La visita ha toccato diverse aree del Paese: Roma, Lazio, Campania, Puglia, Basilicata, Lombardia e Toscana, e insediamenti industriali come quelli di Avellino, Taranto e della Val d’Agri, valutando le condizioni ambientali e la transizione energetica. Ma la motivazione principale – ricorda l’Onu – era “esaminare gli sforzi fatti dal governo e dalle imprese per ottemperare ai loro obblighi e responsabilità in materia di diritti umani, in linea con i Principi guida delle Nazioni Unite”.
Il Gruppo presenterà un rapporto definitivo a giugno 2022. Nei risultati parziali si leggono comunque parole severe, là dove il Gruppo segnala la necessità di “misure urgenti” e indica “sfide” che “contribuiscono a infangare la reputazione dell'Italia nel settore delle imprese e dei diritti umani e dovrebbero essere immediatamente affrontate per tutelare i diritti delle persone che si trovano in posizioni estremamente vulnerabili. Affinché alcune leggi siano realmente adatte a tal fine – si legge -, è necessario rivederle, mentre per alcuni aspetti fondamentali, anche se la legislazione è adeguata, l'attuazione rimane carente ed è spesso assente un accesso effettivo ai mezzi di ricorso per gli abusi”.
Al centro delle preoccupazioni del Gruppo Onu c’è il sistema della piccole e medie imprese italiane, e la sua capacità di “garantire il rispetto dei diritti umani e dell’ambiente” e di adottare un “comportamento responsabile”.
Ma gli esperti si dichiarano allarmati soprattutto dalle “questioni attinenti alla salute e alla sicurezza sul lavoro”. “Il Gruppo di lavoro – si legge nel rapporto parziale - ha manifestato profonda preoccupazione nell'apprendere che solo tra gennaio e agosto 2021 772 lavoratori hanno perso la vita, 10 deceduti proprio nei primi giorni della sua visita in Italia, mentre nel 2020 si sono verificati 571 mila infortuni. Il governo dovrebbe adottare tutte le misure possibili per evitare la perdita di vite umane ed eventuali infortuni per tutti i lavoratori”.
Anche gli esperti dell’Onu – esattamente come i sindacati italiani – denunciano la mancanza di personale e le “risorse insufficienti” dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza sul lavoro: “Sebbene per il 2021 sia stata annunciata l'assunzione di altri 2.000 ispettori, i numeri sono ancora troppo bassi se confrontati con la portata del problema dello sfruttamento del lavoro nei vari settori. L'incapacità degli ispettorati di effettuare un numero adeguato di ispezioni in maniera proattiva o di rispondere rapidamente alle denunce ricevute non consente di contrastare le pratiche scorrette”.
Quanto alla piaga del caporalato, il Gruppo di lavoro “ha accolto con favore gli sforzi del governo” per smantellarla, ma rileva che “molti lavoratori che vivono in condizioni disumane non intravedono alcun cambiamento positivo nella loro vita”.
L’Italia è diventato un caso internazionale?