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La Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne è una ricorrenza istituita dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, tramite la risoluzione numero 54/134 del 17 dicembre 1999. Nella risoluzione viene precisato che si intende per violenza contro le donne “qualsiasi atto di violenza di genere che si traduca o possa provocare danni o sofferenze fisiche, sessuali o psicologiche alle donne, comprese le minacce di tali atti, la coercizione o privazione arbitraria della libertà, sia che avvengano nella vita pubblica che in quella privata”.
La data di questa giornata internazionale segna anche l’inizio dei “16 giorni di attivismo contro la violenza di genere” che precedono la Giornata mondiale dei diritti umani il 10 dicembre, per sottolineare come la violenza contro le donne sia una violazione dei diritti umani. L’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha designato il 25 novembre come data della ricorrenza e ha invitato i governi, le organizzazioni internazionali e le ong a organizzare in quel giorno attività volte a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema della violenza contro le donne. Ma perché proprio il 25 novembre?
Il 25 novembre del 1960 nella Repubblica Dominicana venivano uccise le sorelle Mirabal, Patria, Minerva e Maria Teresa, per ordine del dittatore Rafael Leónidas Trujillo. La militanza politica delle tre Mariposas era iniziata il 13 ottobre 1949, quando Minerva, la più intellettuale delle tre, durante la festa di San Cristobal organizzata dal dittatore per la società più ricca di Moca e Salcedo aveva osato sfidarlo apertamente rifiutando le sue avances e sostenendo le proprie idee politiche.
“Durante un’epoca di predominio dei valori tradizionalmente maschili di violenza, repressione e forza bruta, dove la dittatura non era altro se non l’iperbole del maschilismo, in questo mondo maschilista si erse Minerva per dimostrare fino a che punto ed in quale misura il femminile è una forma di dissidenza”, racconterà anni dopo Dedé, unica sorella sopravvissuta. Quella data segna l’inizio delle rappresaglie contro Minerva e tutta la famiglia Mirabal, con periodi di detenzione in carcere e la confisca dei beni.
Una continua persecuzione che convincerà anche le sorelle Patria e Maria Teresa e i rispettivi mariti a diventare attivisti contro il dittatore della Repubblica Dominicana, riunendosi nel gruppo politico clandestino denominato “Movimento 14 giugno” (la loro opera rivoluzionaria sarà tanto efficace che il dittatore in una visita a Salcedo esclamerà: “Ho solo due problemi: la Chiesa cattolica e le sorelle Mirabal”). Una decisione, questa, che costerà alle Mariposas la vita.
Il 25 novembre 1960 la jeep su cui viaggiavano con l’inganno di poter rivedere i propri mariti ancora reclusi sarà oggetto di un’imboscata da parte dei servizi segreti del regime di Trujillo. Patria, Minerva e Maria Teresa saranno picchiate, violentate, strangolate e gettate in un fosso nel tentativo di far sembrare la loro morte un incidente.
Nessuno crederà a questa versione dei fatti e il femminicidio delle tre sorelle Mirabal catalizzerà l’attenzione internazionale e locale contro il sanguinoso regime dittatoriale di Rafael Leonidas Trujillo, assassinato dai capi militari della Repubblica Dominicana il 30 maggio dell’anno successivo. Purtroppo da quel lontano novembre del 1960 tantissime saranno le donne uccise.
Ogni 72 ore in Italia una donna viene uccisa da una persona di sua conoscenza, solitamente il suo partner, e continuano le violenze omolesbotransfobiche. Più dell’80% delle violenze avviene all’interno della sfera domestica, violenze di tipo psicologico, fisico, economico. 88 vittime ogni giorno, una donna ogni 15 minuti. Dati che è importante conoscere, divulgare, fare propri da parte di ciascuna e ciascuno di noi. Perché non basta dire "non agisco", ma è necessario dire "io contrasto". Perché la violenza è di tanti tipi e non tutti i lividi sono così evidenti.
Violenza è un sorriso complice, una risata ad una battuta che battuta non è, non può e non deve essere. Violenza sono le nostre scarse e in fondo poco convinte prese di posizione in tante occasioni, le nostre reazioni di fronte a canzoni o titoli di giornale che in un qualsiasi paese civile griderebbero vendetta e che invece da noi vengono accolti con un benevolo sorriso, una solidale pacca sulla spalla. Quasi 1 persona su 4 ritiene - nella nostra civilissima Italia - che un modo di vestire succinto possa provocare una violenza sessuale. Quasi il 40% pensa che, se una donna lo vuole davvero, è in grado di sottrarsi a un rapporto non consensuale. Quasi 15% crede che se una donna subisce uno stupro quando è ubriaca o drogata sia in parte responsabile. Non ci stancheremo mai di ripeterlo: quella che serve è una rivoluzione culturale che riconosca il ruolo della donna nella vita e nel lavoro, che rifiuti il concetto di ogni discriminazione e violenza, non solo quella fisica, non solo quella urlata, non solo il 25 novembre.
Minerva, Maria Teresa e Patria Mirabal venivano uccise in quel lontano 25 novembre di tanti anni fa per le loro idee politiche e perché reputavano un dovere l’esporsi per sostenerle. Venivano uccise perché la loro sfrontata femminilità, il loro modo di essere donne irritava il regime. Frequentavano l’università, guidavano la macchina, partecipavano a riunioni politiche, erano belle, libere, colte, indipendenti. Avevano delle idee non stereotipate e non avevano paura di esprimerle, per questo il regime scelse di farle tacere. È accaduto, sta accadendo, impegniamoci - tutte e tutti - perché non accada più. Tutte e tutte, tutti i giorni, anche - ma non solo - il 25 novembre.