Quasi un milione, precisamente 894.624 mila. Numeri sì, ma soprattutto persone e, nello specifico, il dato numerico indica quanti sono gli studenti con cittadinanza non italiana nelle classi delle scuole del nostro Paese. Nostro e loro, perché - come canta Ghali - “tvb cara Italia” lo pensano anche loro. Ad oggi etichettati come stranieri, ogni mattina si alzano prendendo il loro zaino sulle spalle, escono e raggiungono i portoni delle scuole insieme ai nostri figli e alle nostre figlie, loro sì italiani per legge.
I dati
I dati sono disponibili sul sito del ministero dell’Istruzione e del Merito e fanno riferimento all’anno scolastico 2022/2023. Sono 894.624 mila dicevamo su tutto il territorio e, nello specifico, il 38,3 per cento vive nel Nord Ovest, il 25,9 per cento nel Nord Est, il 22,2 al Centro mentre al Sud sono il 9,7 per cento e nelle Isole il 3,9.
Lo studio di Tuttoscuola
Partendo da questi dati, e andando a incastrarli con quanto prevederebbe una nuova legge sulla Cittadinanza secondo il principio dello Ius scholae, Tuttoscuola ha analizzato i dati e ha fatto una proiezione di quanti potrebbero essere gli alunni coinvolti nell’arco di un quinquennio.
La stima varia nell’ipotesi che sia considerato sufficiente un ciclo di 5 anni (coincidente di fatto con la scuola primaria) o se lo Ius scholae venga riconosciuto a chi ha frequentato l’intero primo ciclo del sistema di istruzione italiano, fino alla terza media. Tuttoscuola ha considerato questa seconda ipotesi. Vediamolo nel dettaglio.
L’ipotesi per il primo anno
Gli studenti – specificano dalla testata dedicata al mondo della scuola - che potrebbero avvalersi dello Ius scholae per il primo anno sarebbero quelli iscritti in terza media (ultimo anno del primo ciclo) delle statali e delle paritarie, più quelli iscritti alle superiori (che avrebbero alle spalle già il primo ciclo e beneficerebbero "a ritroso" della ipotizzata nuova norma), e infine gli iscritti ai percorsi di istruzione e formazione professionale (IeFP) gestiti dalle Regioni.
In base ai dati dell’anno scolastico 2022-23, su circa 550mila alunni iscritti all’ultimo anno della scuola secondaria di I grado, cioè al termine del primo ciclo di istruzione (che comprende la scuola primaria e la media), gli alunni stranieri erano quasi 55mila – scrive ancora Tuttoscuola - Si può stimare, quindi, che per questo primo gruppo sia questo il numero di stranieri che raggiungerebbero i requisiti per beneficiare dello Ius scholae per il conseguimento della cittadinanza italiana.
Ma nel primo anno di entrata in vigore della ipotizzata norma sullo Ius scholae anche gli studenti stranieri della secondaria di II grado potrebbero vantare il possesso del requisito di frequenza dei due cicli scolastici (scuola primaria e media) conseguito negli anni precedenti. Sono 217.614 studenti di istituti statali e 4.533 di istituti paritari in quella condizione, per un totale complessivo di 222.147 studenti stranieri che vanno ad aggiungersi ai 54.919 del terzo anno di scuola secondaria di I grado, specificano.
Il riepilogo complessivo (iscritti alla terza media e alle superiori) fatto da Tuttoscuola per aree territoriali dei dati relativi a tutti gli studenti stranieri, che al 2022-23 avevano alle spalle due cicli scolastici, fornisce questo quadro sintetico: 5 nuovi concittadini italiani su 6 vivrebbero al centro e al nord (e meno del 15% nel meridione).
Vanno infine considerati anche i corsi IeFP (Istruzione e Formazione Professionale) gestiti dalle Regioni, che accolgono gli alunni dopo la scuola media, e registrano molti iscritti di nazionalità straniera. Si può stimare – sempre secondo l’analisi di Tuttoscuola - che complessivamente accolgano circa 35mila giovani stranieri, che si aggiungerebbero quindi a quelli iscritti a scuola.
Pertanto nel primo anno di applicazione sarebbero circa 310 mila i ragazzi a beneficiare del provvedimento.
La proiezione per il prossimo quinquennio
Considerando invece ulteriori quattro annualità, specificano nello studio citato, dei 262 mila iscritti tra quarta primaria e seconda media si può stimare che una piccola parte non raggiunga per vari motivi la terza media (hanno ipotizzato il 5%). Si arriva così a 249 mila alunni che raggiungerebbero in questo arco di tempo il traguardo della licenza media e quindi della cittadinanza italiana grazie nello scenario ipotizzato.
Nel quadriennio successivo acquisirebbero quindi i requisiti per ottenere la cittadinanza in base allo Ius scholae – concludono da Tuttoscuola - altri 250 mila alunni stranieri circa, che si aggiungerebbero ai 310 mila circa del primo anno di applicazione.
In totale nel quinquennio i "nuovi italiani" grazie all’ipotizzata misura sarebbero circa 560 mila. Dal momento che gli alunni stranieri in totale sono oggi 935 mila, sei su dieci raggiungerebbero la cittadinanza italiana grazie allo Ius scholae nei primi cinque anni di applicazione.
Cos’è lo Ius scholae
L’attuale legge sulla Cittadinanza, la 91 del 1992, si fonda sul principio dello Ius sanguinis, ovvero il diritto di sangue: ha diritto alla cittadinanza italiana chi nasce da almeno un genitore italiano. Va da sé che quindi chi nasce in Italia da genitori stranieri non acquisisce automaticamente la cittadinanza. Attualmente i minori stranieri nati in Italia possono diventare cittadini dello Stivale solo se risiedono legalmente - e senza interruzioni - nel nostro Paese fino al raggiungimento della maggiore età, presentando richiesta entro un anno dal compimento del diciottesimo compleanno. Per chi invece è arrivato in Italia da piccolo, una volta maggiorenne, può chiedere la cittadinanza se ha raggiunto i dieci anni di residenza regolare ininterrotta e può dimostrare un certo livello di reddito, oltre ad altri requisiti alloggiativi, linguistici e di carattere sociale.
Lo ius scholae, tornato in questi giorni nel dibattito politico, prevede il riconoscimento della cittadinanza italiana per i minorenni stranieri nati in Italia o arrivati prima del compimento dei 12 anni che abbiano risieduto legalmente e senza interruzioni in Italia, e che abbiano frequentato regolarmente almeno 5 anni di studio nel nostro Paese, in uno o più cicli scolastici.
Cos’è lo Ius soli
Il principio dello Ius soli (dal latino suolo) prevede invece che la cittadinanza sia acquisita se nati in territorio italiano. Nel nostro paese questo diritto spetta solo ed esclusivamente per i figli di genitori ignoti, apolidi e per i figli di genitori stranieri che, secondo le leggi dello Stato di appartenenza, non possono trasmettere loro la cittadinanza.
Cos’è lo Ius culturae
Secondo il principio dello Ius culturae gli stranieri minori potrebbero acquisire la cittadinanza del Paese in cui sono nati e in cui vivono, a patto che ne abbiano frequentato le scuole o vi abbiano compiuto percorsi formativi equivalenti per un determinato numero di anni.
Come funziona in Europa
Save the children, in un articolo di approfondimento sul tema, ha fornito uno schema sintetico di cosa accade fuori dai confini nazionali ma all’interno dell’Unione Europea. Ecco le differenze tra i Paesi presi in esame:
La Polonia, ad esempio, richiede 3 anni di residenza, mentre solo Italia, Slovenia, Austria, Lituania e Spagna prevedono un requisito di 10 anni. Sono molti Stati europei adottano il principio dello Ius soli condizionato, con diverse sfumature.
Lo Ius soli temperato dalla residenza regolare dei genitori è previsto in Belgio (i genitori devono essere residenti da almeno 10 anni), Germania (8 anni ), Irlanda e Portogallo (3 anni).
Il doppio Ius soli, ossia la possibilità di divenire cittadino quando anche almeno un proprio genitore sia nato sul territorio, è previsto in Francia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Spagna. In Grecia oltre ad essere nato sul territorio, il genitore deve avere un permesso di soggiorno per residenza permanente, siamo di fronte ad un caso di doppio Ius soli temperato.