PHOTO
Sono state molto più di 194 le voci che oggi, 17 aprile, dalla Sicilia al Veneto si sono levate contro il governo della regione Piemonte e contro tutte le forze politiche che stanno puntando a disapplicare la legge 194 che tutela l’autodeterminazione delle donne e l’accesso libero e sicuro all’interruzione volontaria di gravidanza.
Un trend, quello della lotta politica delle destre ultraconservatrici giocata sui corpi delle donne, che in Russia, Polonia, Ungheria, Turchia ha già portato a provvedimenti gravi che hanno compresso i diritti e le libertà femminili, e che in Italia si sta muovendo a scacchiera attraverso le regioni guidate dalle destre con la presentazione e il varo di provvedimenti che sostanzialmente stabiliscono la prevalenza della tutela della famiglia tradizionale sui diritti delle donne.
Sparisce il libero accesso all’aborto, alla contraccezione, si svuotano i consultori pubblici e si finanziano quelli cattolico-privati, si privilegiano le politiche premiali per chi fa figli rispetto a quelle a sostegno della condivisione dei ruoli, come asili nido e strutture e facilitazioni per la cura, fondamentali per l’occupazione femminile; si prevedono penalizzazioni gravi per le donne che, anche in presenza di denunce per violenze domestiche, vogliano divorziare.
Questi provvedimenti che sembrano così anacronistici invece hanno già fatto la loro comparsa o vengono comunque periodicamente invocati dagli esponenti di alcuni governi regionali oltre che in Piemonte anche in Veneto, nelle Marche, in Umbria, in Abruzzo, in Liguria, in Calabria delineando un pericolosa regressione sulle conquiste di diritti e libertà.
Le donne della Cgil che a Torino e in Piemonte sono state tra le promotrici delle iniziative di piazza, hanno partecipato alla giornata di protesta da tutta Italia con flash mob e con una straordinaria mobilitazione via social non solo in chiave solidale con le donne piemontesi ma per ribadire compatte che non si torna indietro, che non staranno a guardare mentre la politica delle destre conservatrici cerca di ricacciarle in casa, un passo indietro rispetto ai padri e ai mariti, non più libere di decidere dei loro corpi e delle loro vite.
Tema che, in qualche modo, l’emergenza pandemica ha fatto riesplodere per il combinato disposto smartworking, scuole chiuse, esigenza di cura familiari che troppo spesso ha riportato gli uomini al lavoro e lasciato le donne a casa ad occuparsi dei figli. Questo sabato, nato come giornata di lotta regionale per il Piemonte, è così diventato per le donne della Cgil giornata di mobilitazione nazionale perché, per dirla con le parole di Susanna Camusso, responsabile nazionale delle politiche di genere: “La nostra libertà è misura di democrazia, la nostra libertà è autodeterminazione”.