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Il 16 luglio la Cgil insieme a Fp, Flc, Spi e Inca ha lanciato una petizione on line su un tema di grande importanza e urgenza rispetto ai tempi di liquidazione del Trattamento di Fine Servizio (TFS) e del Trattamento di Fine Rapporto (TFR) dei dipendenti pubblici.
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L’iniziativa, messa in campo con altre Confederazioni (UIL, CGS, CSE, COSMED, CIDA e CODIRP), nasce dalla “necessità – si legge in una nota congiunta dei promotori della petizione – di mobilitarsi contro il sequestro delle liquidazioni dei dipendenti pubblici, che ha causato e continua a causare ingiustizie e discriminazioni inaccettabili”.
“Per oltre un decennio, i dipendenti pubblici hanno subito un ingiusto sequestro delle loro liquidazioni, erogate con modalità differite e rateali, causando ritardi che possono arrivare fino a sette anni. Tali disposizioni non solo discriminano i dipendenti pubblici rispetto ai privati, ma rappresentano anche una grave ingiustizia sociale, specialmente per coloro che raggiungono la pensione di vecchiaia o il limite ordinamentale per la permanenza al lavoro, come evidenziato dalla sentenza n. 130 del 2023 della Corte Costituzionale”.
In un periodo di alta inflazione, come quello vissuto nell’ultimo biennio, “il differimento e la dilazione del pagamento del TFS/TFR stanno determinando sempre di più un’erosione del potere d'acquisto di queste liquidazioni. Nonostante i moniti della Corte Costituzionale, culminati in quella sentenza, che ha dichiarato la trattenuta del TFS/TFR in contrasto con il principio della giusta retribuzione sancito dall'art. 36 della Costituzione, si continuano a perpetuare trattamenti discriminatori nei confronti dei lavoratori dipendenti del settore pubblico”.
Diverse le proposte di legge avanzate da tutte le forze politiche, ma sino a oggi non si è ancora adottato alcun provvedimento concreto per risolvere questa ingiustizia a carico dei dipendenti pubblici. “Le forme di anticipo portate avanti in questi anni, prima con il decreto 4/2019 – con l’anticipo della liquidazione attraverso le banche, di fatto a oggi insostenibile per l’elevato tasso applicato (rendistato) – e poi dall’Inps attraverso il Fondo credito – che rispetto alle risorse stanziate (300 milioni) ha potuto dare una copertura assolutamente limitata e parziale (solo per 4.200 richieste), visto che ogni anno escono dal pubblico impiego più di 100 mila persone – non hanno assolutamente attenuato la gravità di questo provvedimento. È necessario – scrive la Cgil – un intervento risolutivo, questo chiediamo al Governo. Non è possibile continuare a fare cassa con le risorse dei dipendenti pubblici”.
“Dipendenti pubblici fortemente colpiti anche dall’ultima legge di bilancio, con la modifica per alcune gestioni (CPDEL, CPS, CPI e CPUG) delle aliquote di rendimento per la quota retributiva della pensione anticipata. Riteniamo che sia per noi un’opportunità condividere la mobilitazione di un tema così delicato con altre organizzazioni sindacali, anche per la fase politica attuale e le tante iniziative che abbiamo messo in campo a partire dai referendum”.
“La petizione potrà essere sottoscritta da tutte e tutti, non solo dai dipendenti pubblici. Siamo convinti che su questa vertenza abbiamo bisogno come Cgil, insieme a Fp, Flc, Spi e al contributo dell’Inca, di attivare anche un percorso autonomo di contenzioso mirato per affrontare questa problematica, che possa rafforzare sempre di più le nostre richieste”.
Attraverso la leva dei ricorsi legali, scrivono i soggetti promotori della petizione, “porteremo avanti azioni specifiche per difendere i diritti dei dipendenti pubblici, concentrandoci su diversi profili: riproporre una questione di costituzionalità per violazione dell’art. 36 Cost. per i casi di cessazione dal servizio per raggiunti limiti di età o di servizio, invocando l'abrogazione di alcuni articoli di legge che dispongono il differimento di 12 mesi nella erogazione del TFS, avendo riguardo ai TFS inferiori a € 50.000”.
“L’abrogazione della norma che, quando si è disposta la rateizzazione del trattamento in tre tranche, non prevede la rivalutazione automatica degli importi spettanti. Richiedere risarcimenti per danni subiti a causa del differimento dei 12 mesi e della mancata rivalutazione, da esigere all'esito favorevole del giudizio di costituzionalità. Avviare una possibile azione risarcitoria parallela davanti al giudice civile per la perdurante inottemperanza del legislatore al monito della Corte. Questa azione potrebbe essere calibrata sull'importo complessivo del TFS e relazionata al tasso di inflazione maturato dal primo gennaio 2024”.