Ha diritto all’Ape sociale chi diventa disoccupato perdendo il posto di lavoro, anche senza aver percepito l’indennità di disoccupazione, dato che la Legge di Bilancio del 2017 non prevede l’obbligo di aver goduto della Naspi, ma solo la sua cessazione. Lo ha affermato la Corte di Cassazione, intervenendo con la sentenza n. 24950/2024, confermando quanto stabilito dalla Corte d’Appello di Firenze (a sua volta confermativa della decisione del Tribunale di Pistoia)”. A dare la notizia è l’Inca Cgil nazionale dopo che i legali del patronato della Cgil in Toscana hanno promosso il procedimento. 

“Il diritto all’Ape sociale, in applicazione dell’art. 1 comma 179 legge n. 232 del 2016, richiede – tra gli altri requisiti – uno stato di disoccupazione in capo al beneficiario, ma non postula che lo stesso abbia beneficiato dell’indennità di disoccupazione, prevedendo soltanto che ove l’interessato abbia beneficiato della detta indennità, la stessa sia cessata”.

Secondo i giudici di legittimità, la norma non collega l’Ape all’indennità Naspi anche perché – spiega l’avvocato Barbara Storace, consulente legale di Inca, ai microfoni di Collettiva –, se avesse voluto fare ciò, avrebbe posto in continuità le due prestazioni laddove, al contrario, impone una cesura tra le stesse. E proprio il richiamo alla cessazione della fruizione dell’indennità Naspi evidenzia (alla base dell’intervento previdenziale di sostegno) uno stato di bisogno della persona che il legislatore ritiene meritevole della tutela e che si ha, a maggior ragione, proprio nel caso in cui il soggetto interessato non abbia fruito neppure della Naspi”.

“In altre parole – continua l’avvocato –, l’interpretazione della norma sostenuta dall’Inps penalizzerebbe proprio coloro che, non avendo maturato i requisiti contributivi sufficienti ad accedere al trattamento di disoccupazione, avrebbero più necessità dell’accompagnamento alla pensione in quanto, a ragione della perdita del lavoro, sono rimasti privi di qualsiasi fonte di reddito”.