Il 2024 è stato un anno che ha macinato numerosi record negativi e drammatici per quanto riguarda il sistema penitenziario italiano. E nel periodo natalizio, come sempre durante le settimane di vacanza, le situazioni carcerarie peggiorano ulteriormente. Così l’associazione Antigone ci informa che i suicidi sono 88, mentre le morti totali 243. In entrambi i casi i numeri più alti mai registrati.

Fine sovraffollamento mai

Inoltre il numero delle persone detenute ha superato le 62.400 unità. Era dal 2013, cioè dall'anno della condanna della Corte europea per trattamenti inumani e degradanti generalizzati nelle carceri, che non si registrava un numero così alto. A fronte di poco meno di 47 mila posti disponibili, in carcere oggi ci sono ben 16 mila persone senza un posto regolamentare.

A Susanna Marietti, coordinatrice dell’associazione Antigone, facciamo la domanda che lei definisce “da un milione di dollari”, vale a dire perché, nonostante le denunce, gli appelli, i numeri disastrosi pubblicati e i suicidi, siamo sempre in presenza dell’assoluta sordità delle istituzioni. “Quando noi diciamo al governo che ha distrutto, ad esempio, il sistema della giustizia minorile – dice Marietti -, che era un sistema che metteva al centro il superiore interesse del minore, ci viene risposto che era esattamente quello che volevano e che hanno fatto bene a dare ai magistrati più strumenti per arrestare ragazzi che sono delinquenti già a 14 anni e quindi bisogna trattarli col pugno di ferro”.  

Incuranti della dignità umana

Marietti mette l’accento sulla disumanizzazione che il governo fa dei detenuti: “I componenti del governo rivendicano tutto. Il modello di carcere che hanno in mente è quello dove i corpi dei detenuti stanno uno sull'altro, dove, come disse il sottosegretario alla Giustizia Delmastro presentando la famosa macchina della polizia penitenziaria, mostriamo ai cittadini che non li facciamo respirare. Quindi, poi se qualcuno si ammazza sono cavoli suoi, tanto se era lì qualcosa avrà fatto”. 

SUSANNA MARIETTI - COORDINATRICE NAZIONALE ASSOCIAZIONE ANTIGONE
SUSANNA MARIETTI - COORDINATRICE NAZIONALE ASSOCIAZIONE ANTIGONE
SUSANNA MARIETTI - COORDINATRICE NAZIONALE ASSOCIAZIONE ANTIGONE (IMAGOECONOMICA)

I dati preoccupanti sui quali non si sono fatti passi avanti sono, “genericamente, quelli del controllo penale, per i quali addirittura sono stati fatti tanti passi indietro da quando questo governo è in carica – afferma la coordinatrice di Antigone - perché ci ha abituato a continue introduzioni, tra l'altro tendenzialmente per decretazione d'urgenza, come se l’introduzione di nuovi reati e di aggravanti fosse il modo per risolvere i problemi del Paese. La filosofia sottesa è che i problemi della società si risolvono attraverso politiche penali e in particolare penitenziarie, è questa mentalità la matrice di tutti i mali, poi il resto viene dopo”.

Non per tutti è Natale 

E poi ci sono le festività, come quelle di questi giorni, durante le quali si acuisce una solitudine che è ordinaria. “Si è ancora più tristi in carcere in questi giorni, perché si sa che le persone stanno insieme in famiglia, perché il personale carcerario diminuisce e tutto diventa più lento e difficoltoso, anche di volontari ne entrano meno e si fermano le attività. Le persone stanno in cella senza fare niente e quindi riflettono sulla propria condizione. Questo ovviamente aumenta la disperazione”. 

Ci sono poi esempi virtuosi di carceri nelle quali le attività sono molteplici e costanti, molto spesso grazie all’intervento di volontari: “Alla fine è comunque l’associazionismo che cerca di porre qualche rimedio al dramma di queste persone”, conclude Marietti: “Il volontariato supplisce a tante cose che dovrebbe fare l'autorità pubblica, l'amministrazione penitenziaria. È vero che ci sono esempi virtuosi ma non riescono a diventare sistema, perché ovviamente la singola associazione agisce su quel singolo istituto e riesce a coinvolgere un numero limitato di persone detenute. Deve invece essere lo strumento sistemico a migliorare la vita in carcere e tendere alla reintegrazione sociale della persona condannata, ma questo non accade”.