“Non ci prenderanno in giro di nuovo”, Won’t get fooled again, cantavano i giovani Who in una delle loro canzoni più belle, diventata subito un classico a tal punto da essere scelta, trent'anni dopo, anche come sigla di una famosissima serie tv, Csi. Non ci inganneranno di nuovo, dicono ora i migranti di Borgo Mezzanone, lavoratori agricoli costretti a sopravvivere in una baraccopoli indegna di un paese civile. Dopo tante promesse a vuoto, possono vedere con i loro occhi le case mobili che sono finalmente arrivate nell’ex pista aeroportuale a pochi chilometri di Foggia. Ma non ci possono entrare, restano chiuse, per responsabilità (o per ignavia) di una politica che, al solito, si trincera dietro mai precisati ‘problemi burocratici’. “Siamo in Europa, in Italia, sembra incredibile che esistano posti del genere.
Nel ghetto, dove ci si chiama per nome
Non è giusto”, dice Muhammed a Giovanni. Ci chiamiamo tutti per nome, una confidenza dettata da un’unità di intenti che rende forti, quando siamo insieme. Giovanni Mininni, il segretario generale della Flai Cgil, è di nuovo al ghetto, con Jean René Bilongo e Giusy Angheloni perché ogni promessa è un debito. E dopo i due incendi a distanza di pochi giorni che hanno distrutto tante baracche all’interno dell’ex pista di Borgo Mezzanone, cancellando documenti e oggetti personali di tanti lavoratori – nonostante le rassicurazioni – non si ha alcuna certezza del trasferimento nei moduli abitativi predisposti dalla Regione per chi, suo malgrado, vive in condizioni precarie e insicure, molti senza più neppure la brandina, il vecchio materasso, il posto dove dormire.
«Siamo pronti per manifestare»
La diffidenza lascia il posto alla consapevolezza che da solo non si salva nessuno. Serigne, Lamine, sono in tanti di fronte alla Casa del popolo della Flai ‘rigorosamente abusiva’, come del resto tutto qui, sorta nel ghetto. “Siamo pronti per andare davanti alla Prefettura di Foggia”. Ai problemi dell’oggi si aggiungono le richieste di un domani diverso, un futuro migliore possibile. Solo il caso ha voluto che non si piangessero altre vittime come accaduto in passato, sempre a causa dei continui incendi che si propagano nel ghetto. Siamo a dieci chilometri da Foggia, in una borgata rurale nel comune di Manfredonia, sembra di essere in un altro mondo. “Abbiamo anche il problema degli animali, che fanno cuccioli, sono malati, nessuno ci aiuta”. Gruppi di cani e gatti, polverosi come tutto qua, si aggirano per il ghetto. Si avvicinano, muovono la coda, chiedono cibo, o forse una carezza.
Lamiere infuocate
Le altissime temperature rendono ancora più difficile la vita in questo villaggio di fortuna, le lamiere, materiale più diffuso in questo cosiddetto insediamento informale, con il sole diventano incandescenti. Impossibile resistere anche per loro, i migranti operai agricoli, che vengono in genere dall’Africa sub Sahariana. Le case mobili per loro dovevano essere pronte in pochi giorni avevano assicurato le autorità. Invece resteranno chiuse per tutto il mese di agosto, e procede con esasperante lentezza anche l’iter dei progetti che dovrebbe portare al superamento del ghetto, grazie agli oltre 50 milioni di euro assegnati a questo scopo dal programma del Pnrr.
Ecco perché la Cgil e la Flai della Capitanata sono insieme ai lavoratori in sit in di fronte alla Prefettura di Foggia. Uno dopo l’altro Muhammed, Lamine, Serigne, spiegano a Giovanni, Emanuela e Michele tutte le difficoltà di una vita quotidiana quasi impossibile da sostenere. Con permessi di soggiorno che spesso e volentieri restano un miraggio, troppo difficili da ottenere, mentre i caporali come la gramigna infestano il territorio, sempre pronti ad arricchirsi sulle spalle di chi raccoglie frutta, verdura, ortaggi dieci ore al giorno e più.
L'impegno della Flai, il video su TikTok
La Flai di Foggia, con il segretario Giovanni Tarantella, qui è di casa. Non passa giorno che non venga ad ascoltare i problemi e le denunce di chi, con il suo lavoro, permette alle famiglie italiane di avere sempre cose buone in tavola. Muhammed ha fatto pure un video su TikToK, diventato virale, per invitare i compagni di lavoro a venire davanti alla Prefettura. Vuole ringraziare Emanuela Mitola: “Lei non ci abbandona, non è solo parole ma anche tanti fatti”. Michele Chiuccariello conosce il ghetto talmente bene che potrebbe fare la guida turistica, viste le ore passate ad aiutare i migranti, parlando con le varie aziende dove lavorano e insistendo con le autorità per i permessi di soggiorno. Una bella luna illumina e quasi addolcisce questo posto dimenticato dall’uomo bianco. Nell’aria si sente musica, qualche rudimentale bar offre da bere, ci sono negozietti di vestiti usati e di utensileria varia, hanno organizzato perfino una piccola discoteca per sentirsi più vicini a casa. “Quello è il negozio di Armani”, scherzano indicando una baracca ricolma di magliette, pantaloni, scarpe. “I soldi ci sono questa situazione vergognosa deve essere superata”, assicura Mininni. Purtroppo tutto fa pensare che il segretario generale della Flai Cgil tornerà presto da queste parti, a protestare di fronte alla Prefettura, sempre insieme a tutti loro.