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Finalmente una buona notizia. Arriva dall’Europa, oggi (11 aprile) il Parlamento europeo ha approvato una risoluzione significativa. Con 336 voti favorevoli, 163 contrari e 39 astensioni si chiede che venga inserito il diritto all’aborto in condizioni di sicurezza tra i diritti fondamentali.
Libertà e autodeterminazione
"Ognuno ha il diritto all'autonomia decisionale sul proprio corpo, all'accesso libero, informato, completo e universale alla salute sessuale e riproduttiva e a tutti i servizi sanitari correlati senza discriminazioni, compreso l'accesso all'aborto sicuro e legale". Questa la modifica che gli europarlamentari hanno chiesto sia apportata all’articolo 3 della Carta dei diritti fondamentali. Uno straordinario passo avanti. O forse paletti fondamentali per evitare passi indietro che potrebbero essere proposti dalle destre che si affermano in diversi Paesi europei. E potrebbe essere un richiamo anche in Italia che – soprattutto in alcune regioni – chiude consultori e rende sempre più difficile la piena applicazione della Legge 194 e la libertà di accesso all’interruzione volontaria di gravidanza.
La Cgil dalla parte delle donne e della libertà
“Un voto storico, quello del Parlamento europeo che, chiedendo di inserire l’aborto libero e sicuro tra i diritti fondamentali dell’Unione europea, segue la scelta della Francia che lo ha inserito in Costituzione, e dà un segnale fortissimo sulla tutela dei diritti e l’autodeterminazione delle donne. Come se, prima del rinnovo di giugno, si fosse voluto dire alle destre ultraconservatrici che avanzano, indietro non si torna”. Questo il commento di Lara Ghiglione, segretaria confederale Cgil.
La risoluzione dice di più
Con il testo approvato, infatti, l’Eurocamera ha anche richiamato Stati come Malta e la Polonia dove l’aborto è un reato e quelli, come l’Italia, dove le norme tutelano più chiaramente l’obiezione di coscienza dell’accesso libero alle interruzioni volontarie della gravidanza. E dove non si rispettano le circolari del ministero della Salute che impongono l’utilizzo nelle strutture pubbliche delle pratiche abortive non invasive a cominciare dalla RU 486, mentre si finanziano le associazioni pro vita con l’intento di coartare la volontà delle donne.
Il voto italiano
L’amara verità però è che la destra al governo del Paese non rispetta la volontà delle donne e anche degli uomini italiani. Si è infatti distinta a Bruxelles per il voto contrario alla risoluzione. “Ancora una volta – osserva Ghiglione - i deputati che rappresentano le forze di governo, di Fdi, Lega e FI, hanno votato contro il diritto all’autodeterminazione delle donne non nascondendo quindi quale sia la loro visione del ruolo della donna nella società del 21mo secolo”. D’altra parte Meloni e compagnia non fanno nulla per nascondere che – a parte poche eccezioni – vorrebbero le donne a casa rinchiuse esclusivamente nel ruolo di madri, pensando così di affrontare il tema annoso e complicato della denatalità.
Indietro non si torna
È bene che chi ci governa sia consapevole che le donne italiane, così come quelle europee, non accetteranno arretramenti, nemmeno millimetrici, su diritti libertà autodeterminazione. “Come Cgil non ci stancheremo mai di chiedere garanzie sulla salute e sulla libera scelte delle donne sia rispetto alla maternità oggi limitata da retribuzioni basse, precarietà lavorativa e un sistema di servizi alle famiglie inadeguato, sia rispetto alla decisione di interrompere in totale sicurezza una gravidanza non desiderata. Adesso si lavori per dare rispetto e sostanza a questo storico voto che ci ricorda come l’Europa non sia solo economia e finanza ma anche volano di conquista di diritti per tutti gli Stati e gli abitanti dell’Unione”, conclude Ghiglione.