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Qualche giorno dopo la morte di Aldo Capitini, Pietro Nenni scriveva sul suo diario personale: “È morto il prof. Aldo Capitini. Era una eccezionale figura di studioso. Fautore della nonviolenza, era disponibile per ogni causa di libertà e di giustizia. (...) Mi dice Pietro Longo che a Perugia era isolato e considerato stravagante. C’è sempre una punta di stravaganza ad andare contro corrente, e Aldo Capitini era andato contro corrente all’epoca del fascismo e nuovamente nell’epoca post-fascista. Forse troppo per una sola vita umana, ma bello”.
Aldo Capitini dedicherà la sua vita al tema della non violenza e dell’obiezione di coscienza collaborando con intellettuali impegnati sullo stesso fronte quali Danilo Dolci e Don Milani e fondando il Movimento Nonviolento e il Centro di coordinamento per la nonviolenza. Nel settembre 1961 darà vita alla prima marcia per la pace e la fratellanza dei popoli di ventiquattro chilometri fra Perugia ed Assisi.
“A una marcia della pace pensavo da anni e una volta ne detti anche l’annuncio, d’accordo con Emma Thomas, tanto che l’Essor ginevrino pubblicò la notizia - scriveva nelle proprie note autobiografiche -. Ma l’idea non si concretò per varie difficoltà. Quando, nella primavera del ‘60, feci a Perugia insieme con amici un bilancio delle iniziative prese e di quelle possibili, vidi che l’idea della marcia, soprattutto popolare e regionale, piacque. Ma solo nell’estate essa prese un corpo preciso in riunioni apposite, che portarono alla fondazione di un comitato d’iniziativa.”
“Ebbi pronte adesioni - prosegue il filosofo - come quella del maestro Gianandrea Gavazzeni; passarono mesi di spedizione di circolari e di lettere personali; dall’on. Pietro Nenni ebbi nel novembre 1960 una lettera molto favorevole. Ma debbo dire che oltre quel primo carattere, di iniziativa non dei partiti, che avrebbe dovuto assicurarmi una più facile adesione da tutte le persone e associazioni operanti in Italia per la pace, io tenevo sommamente a un secondo carattere, che anzi era stato il movente originario del progetto: la marcia doveva essere popolare”.
La prima Marcia per la Pace Perugia-Assisi si svolge il 24 settembre 1961 (sfileranno circa 20.000 persone tra cui Norberto Bobbio, Renato Guttuso, Italo Calvino): “Questa marcia - dirà lo stesso Capitini a commento dell’iniziativa - era necessaria ed altre marce saranno necessarie nel nostro e negli altri paesi, per porre fine ai pericoli della guerra, per liberare i popoli dai mali dell’imperialismo, del colonialismo, del razzismo, dello sfruttamento economico. (...) Aver mostrato che il pacifismo, che la non violenza, non sono inerte e passiva accettazione dei mali esistenti, ma sono attivi e in lotta con un proprio metodo che non lascia un momento di sosta nelle solidarietà che suscita e nelle non collaborazioni, nelle proteste, nelle denunce aperte, è un grande risultato della marcia”.
“Le parole non potranno mai esaltare la bellezza, il vigore di questa marcia”, aggiungerà Renato Guttuso. C’è nel corteo gente d’ogni condizione sociale: nomi illustri e oscuri, deputati, contadini, scrittori, studenti, artisti, dirigenti sindacali, gente comune. Giungono delegazioni da Palermo, Trento, Cosenza, Pescara, Torino, Genova, Milano, Messina, Taranto. Si marcia, si ride, si canta. Le bandiere hanno il colore dell’arcobaleno.
Ricorderà qualche tempo dopo lo stesso Capitini: “I frati di Santa Maria degli Angeli erano impressionati la mattina (così dissero ad una signora) dell’arrivo di tanta gente ‘rossa’: quando videro quei popolani visitare i luoghi, interni al convento, dove visse San Francesco, e alcuni anche ascoltare la messa, si tranquillizzarono. Non vi fu un ubriaco. C’erano canti: un cantatore barbuto, il musicista Fausto Amodei, insieme con altri cantava canzoni della serie di ‘Cantacronache’, tra cui il canto di pace di Italo Calvino Dove vola l’avvoltoio, e strofette suggerite lì per lì da Franco Fortini”.
Il Movimento Nonviolento fondato all’indomani della prima Marcia della Pace rifiuterà di rendere annuale la sua periodicità per evitare, si disse, di trasformarla in uno stanco rituale (la seconda marcia (1978, "Mille idee contro la guerra") sarà organizzata in occasione del decimo anniversario della morte di Capitini, mentre la terza (1981, "Contro la guerra: a ognuno di fare qualcosa") avverrà per commemorare il ventesimo anniversario della prima). Seguiranno fino al 2020 altre 22 marce (25 in totale), di cui due straordinarie: una, il 16 maggio 1999, contro guerra in Kosovo ed una il 12 maggio 2002 per la pace in Medio Oriente.
“La pace è partecipazione - scrivevano unitariamente Cgil Cisl e Uil lo scorso anno - Partecipare attivamente alla costruzione di un futuro basato su un differente modello culturale, sociale, economico, volto al rispetto dell’altro, della dignità umana, della giustizia e dell’uguaglianza. Il mondo di oggi conta oltre 350 conflitti, più di 20 guerre con quasi tre milioni e mezzo di morti, decine di migliaia di sfollati, un fenomeno migratorio inarrestabile e una ripresa della corsa agli armamenti. La complessità delle crisi, alcune delle quali inasprite dalla pandemia richiede, oggi più che mai, un rinnovato impegno e una decisa responsabilizzazione nelle scelte che le istituzioni sovranazionali e nazionali sono chiamate a compiere”.
“Viviamo in un villaggio globale - ci diceva Gino Strada - sconvolto dalle guerre, un pianeta, quello degli uomini, dove tra l’altro qualcuno ha seminato cento milioni di mine antiuomo. Decine di conflitti, milioni di morti. Con tutto il corollario di vergogne, vero arsenale della guerra: fame e malattie, miseria e odio, esecuzioni sommarie, vendette, attentati, stupri, pulizie etniche, torture, violenze. Terrorismo. E a scuola si studiano le battaglie, non la guerra. Né la pace”. Una pace per la quale noi, tutte e tutti, non smetteremo mai di essere in marcia. Oggi come 60 anni fa.
Chi è nonviolento è portato ad avere simpatia particolare con le vittime della realtà attuale, i colpiti dalle ingiustizie, dalle malattie, dalla morte, gli umiliati, gli offesi, gli storpiati, i miti e i silenziosi, e perciò tende a compensare queste persone ed esseri (anche il gatto malato e sfuggito) con maggiore attenzione e affetto, contro la falsa armonia del mondo ottenuta buttando via le vittime.