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Un anno fa, l'alba della pandemia, ha visto magicamente scomparire dai media, nuovi o vecchi che fossero, la vulgata dell'”invasione dai migranti”. Quello spauracchio fu rimpiazzato all'istante dalla paura, ben più concreta, del Covid. Poi l'idea del coronavirus come una sorta di "livella" che colpiva indiscriminatamente tutti senza distinzioni s'è scontrata rovinosamente coi fatti, e con l'aumentare delle disuguaglianze e delle povertà nel nostro Paese. Nel frattempo il nuovo decreto immigrazione voluto dal ministro dell'Interno Lamorgese ha disinnescato i famigerati decreti Salvini e ristabilito alcune fondamenta costituzionali delle politiche migratorie, venute meno nella normativa e nelle prassi amministrative. Di questo, e di molto altro, si è parlato in “Un’altra accoglienza. Tra effetti della crisi, vecchi vincoli e nuove opportunità”, l’incontro in diretta Facebook sulla pagina di Sabir, su quella della Cgil e su Collettiva.it.
L'incontro, moderato da Martina Toti, è stato aperto da Beppe De Sario della Fondazione Di Vittorio, che insieme a Emanuele Galossi dell'Inca ha curato il recente Rapporto “Migrazioni e sindacato” per Ediesse-Futura. “Pur lontani da una visione organica capace di rispondere alle sfide di oggi - ha detto De Sario- i recenti interventi legislativi sull’immigrazione richiamano tutti i soggetti coinvolti a uno sforzo di visione e di progetto, per tornare a parlare e praticare un'accoglienza diffusa. Sui media continua a circolare da anni la cifra di 5 milioni di stranieri presenti in Italia, una costante che da una parte liquida la retorica dell'invasione ma che dall'altra non rappresenta la complessità di un fenomeno in continuo cambiamento, e di cui oil sistema di accoglienza rappresenta una parte importante”.
Se il decreto Lamorgese ha invertito la rotta, infatti, molto resta ancora da fare. Perché, come ha detto Walter Massa dell' Arci nazionale, “il futuro non è certo roseo. Dato chei decisori politici nel nostro Paese continuano a considerare l'immigrazione come una questione mediatica e di sicurezza. Quindi, fin quando il tema non sarà considerato un'opportunità di sviluppo e crescita, saremo ostaggi delle paure del momento e non potremo ragionare sul futuro”.
L'approccio emergenziale con cui viene affrontata l'immigrazione, infatti, secondo Oliviero Forti della Caritas, ha radici sociali e legislative lontane, che oggi mettono in crisi i capisaldi della cultura occidentale: “La precarizzazione del sistema di accoglienza, che ha alimentato il clima di diffidenza verso i migranti - ha detto - va combattuto con visione e coraggio, come la Caritas che sta sperimentando esperienze di accoglienza comunitaria sui territori. Serve un cambiamento culturale, insomma".
Un'esperienza molte interessante su questo fronte è rappresentata dal progetto “Shubh”, raccontato da Emanuele Galossi dell'Inca: “Si rivolge ai richiedenti asilo usciti o in uscita dal circuito di accoglienza per promuovere l’autonomia socio-economica nel contesto territoriale”. L'obiettivo, ha spiegato, è “creare un sistema territoriale che consenta di sostenere la gestione di programmi complessi di accompagnamento all’autonomia. Un modello virtuoso che parte dalla conoscenza della storia dell'individuo e dalle sue possibilità di emergere all'interno della nostra società”.
In tempi di pandemia, però, tutto diventa più difficile, anche fare accoglienza. Lo hanno spiegato Michele Vannini ed Elena Da Pasquale Fp Cgil. “Il settore ha tenuto, nonostante le difficoltà – hanno detto – ma gli operatori sono stati sottoposti a una grande pressione, perché nei centri di grandi dimensioni, il rischio di focolai era concreto”. Gli operatori sono stati spesso lasciati soli, “così come pare lo saranno anche ora, visto che nei progetti del Recovery plan e nel piano vaccinale del precedente governo non c'era alcun riferimento al sistema dell'accoglienza. Un altro esempio di come questo tema venga considerato dai decisori politici come poco cruciale nel progetto dell'Italia che verrà.”
Le conclusioni dell'incontro sono state affidate a Giuseppe Massafra, segretario confederale della Cgil. “Con l'ultimo decreto immigrazione abbiamo assistito a una sorta di giro di boa – ha detto - ma serve il coraggio per una riforma generale in materia di immigrazione. L'accoglienza rappresenta uno dei due pilastri per affrontare il tema da un punto di vista politico. L'altro è l'integrazione. Ma ci vuole una visione di futuro per una riforma, e per spingere ognuno di noi a impegnarsi negli spazi e nei modi che gli competono. Bisogna poi fare rete, e lavorare insieme. L'obiettivo è quello di fondare un'idea di società inclusiva e solidaristica. Perché l'immigrazione è un fenomeno strutturale e come tale va affrontato". Ci aspetta - ha concuso - una battaglia per i diritti, che porti alla rivoluzione necessaria sia sul piano normativo che su quello culturale”.