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"Le Visionarie hanno sguardi intensi, appassionati, audaci. L’arte è la loro forma di resistenza". Giuliana Aliberti descrive così le donne del cinema, protagoniste del festival da lei ideato. La prima edizione si è tenuta nel 2019 a Palazzo Merulana, a Roma, per parlare del lavoro di registe, attrici, sceneggiatrici, direttrici della fotografia. La situazione attuale tiene in bilico l'edizione 2020, che dovrebbe tenersi il primo ottobre. Ma le Visionarie non hanno smesso di confrontarsi su come questa pandemia cambierà il modo di fare cinema, di lavorare, di raccontare la realtà.
Giuliana Aliberti, come vi state preparando? State immaginando delle soluzioni alternative per l'edizione 2020?
L’anno scorso, proprio in questo periodo, con "Visionarie" abbiamo incrociato i pensieri, fatto rete con le donne che scrivono, fanno cinema, televisione. Con oltre mille presenze, in due giorni di discussioni appassionate, abbiamo avuto un grande successo, anche per la sorellanza che si crea tra donne che lavorano nello stesso ambiente. Mai avremmo immaginato, nemmeno nel peggior universo distopico di Margaret Atwood o di "Ragazze elettriche", quello che oggi stiamo attraversando. È un momento complicato, non credo che riusciremo a fare l’edizione di ottobre, soprattutto per via delle carenze economiche, perché nessuno sponsor in questo momento rischierebbe di investire le proprie energie in un progetto senza essere sicuro che si realizzerà. Nonostante questo, io ho cercato di tenere insieme tutte le protagoniste di "Visionarie 2019", di continuare a parlarci, attraverso una serie di video testimonianze. Ho anche ideato una call, pubblicata sul sito di "Visionarie" e rivolta alle giovani sceneggiatrici. L'obiettivo finale sarà un pitch day online, in cui ogni giovane partecipante potrà presentare la sua opera ai produttori. È un modo per creare dei supporti a favore del lavoro delle giovani donne che fanno cinema.
Qual è stata, secondo lei, la prerogativa della risposta femminile a questa emergenza non solo sanitaria, anche sociale ed economica?
La prerogativa della risposta femminile è stata molto importante, soprattutto perché abbiamo visto che non ha funzionato la risposta machista alla pandemia. Non ha funzionato negarne la portata, da parte di alcuni leader "che non devono chiedere mai". Non ha funzionato l’esercizio muscolare. Invece sono state efficaci le scelte politiche di chi, come abbiamo visto nei paesi governati da donne, ha agito in prima persona, ha costruito relazioni, ha cercato di tenere insieme vita e politica, in un'ottica plurale. Anche durante la pandemia, le donne hanno dimostrato che è importante accogliere le fragilità, fare comunità, ricordarsi che non siamo proprietari assoluti del mondo, come pensiamo. C’è una specificità femminile anche nella risposta alle emergenze.
Molte giovani registe stanno raccontando, attraverso documentari e film condivisi, la pandemia. Lo sguardo femminile dietro la macchina da presa può uscire rafforzato da questa esperienza?
Credo che questo sguardo possa dare un contributo unico alla narrazione. Da che cosa ripartiremo quando usciremo di nuovo dalle nostre case? Dovremo fare appello alla nostra forza, ci serviranno tutto il sapere, la gioia, l’intelligenza possibili, per dare un senso e cercare strade alternative. Le donne, anche dietro la macchina da presa, stanno cercando percorsi nuovi da intraprendete, dentro e oltre la crisi mondiale in atto. Avremo ancora più bisogno di spazi di riflessione, di discussione, di confronto. Noi donne, anche professioniste del cinema, stiamo cercando di farlo, soprattutto grazie alla nostra capacità di costruire reti. Questo emerge anche dai numerosi progetti cinematografici al femminile che stanno nascendo per documentare questo momento.
La battuta di arresto imposta al mondo dell'audiovisivo ha rivelato tutti i vulnus atavici di questo settore produttivo, che riguardano principalmente il lavoro. Come fare tesoro di questa lezione e quali le questioni prioritarie da affrontare?
Secondo me bisogna segnare un nuovo passaggio, anche con un rituale narrativo del momento storico che stiamo attraversando. Si tratta anche di ricostruire una memoria collettiva e tutto questo merita un titolo, un capitolo, una sua speciale narrativa. Abbiamo provato di possedere la forza di continuare a lavorare insieme. Possiamo cambiare le cose. Il tema scelto per "Visionarie 2020" era proprio la forza delle donne, in tutte le sue declinazioni, da eroine a streghe. Questo tema resta aperto, da affrontare, nella strada che abbiamo di fronte fino alla fine di questo lungo anno.