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Il 2020 è stato un annus horribilis per tutti, ma per il mondo dello spettacolo si può parlare di una vera e propria tragedia. Ad oggi teatri e cinema restano ancora chiusi, senza alcuna prospettiva per il prossimo futuro. Migliaia di lavoratori sono rimasti senza un reddito e senza alcuna forma di sostegno. Il meccanismo delle indennità si è inceppato, mostrando tutta la fragilità della "macchina" Inps. Sabina Di Marco è la nuova segretaria nazionale della Slc Cgil per il comparto della produzione culturale. Segretaria, qual è il bilancio delle vittime di questa "catastrofe"?
Io sono arrivata da poco, ma la cosa che mi è già evidente è che questa catastrofe generale ha dimostrato che ci sono settori del mercato del lavoro tenuti ai margini e sui quali non c'è mai stata una visione di programma. Il settore dello spettacolo è dimenticato, c'è stato un succedersi di interventi che andavano a fare dei correttivi, anche dietro sollecitazione della Slc Cgil, perché non si aveva chiara quale fosse la platea e che caratteristiche avesse. C'è un'ignoranza, nel senso che si ignora proprio, rispetto a questo mondo, e che si è evidenziata con il sistema delle indennità e dei bonus. In questi mesi noi siamo riusciti a ottenere dei risultati da un punto di vista legislativo, fino all'ultima delibera fatta dall’Inps, che ha inserito tutta una serie di correttivi. Però è evidente che la macchina, nel suo complesso, non funziona come dovrebbe. L'Inps ha difficoltà a erogare, tutto il sistema è sotto pressione. Senza contare il fatto che questi lavoratori, fermi ormai da un anno, hanno redditi che si attestano intorno ai cinquemila euro. Parliamo di entità miserabili, che portano larga parte delle persone impiegate nello spettacolo a trovarsi in difficoltà vere. Qualche giorno fa nel quartiere del Quadraro, a Roma, è stata promossa una colletta per un attore. Ci sono situazioni di vera indigenza. Di recente un giovane jazzista di quarantun'anni, Adriano Urso, che aveva cominciato a fare il rider, è morto di infarto. Il sistema nel suo complesso ha delle grosse difficoltà.
Su queste situazioni, e in generale sulle condizioni di vita e di lavoro di artisti e maestranze, c’è bisogno di una vera e propria “operazione verità”.
Pensiamo al fiorire di associazioni di settore nell’ultimo anno. Anche noi, come Slc, abbiamo avuto una grandissima adesione. Tutto ciò dimostra (e il Covid ce lo ha insegnato) che c'è un bisogno profondo di condivisione e di solidarietà, che era stato un po' rimosso da parte di un mondo che punta molto sulla competizione e sulla parcellizzazione dei rapporti. Riuscire a governare un sistema in trasparenza, mostrare vie di accesso alla soluzione dei problemi e sostegno al mondo artistico: tutte queste cose devono diventare un obiettivo comune.
Teatri, cinema, spazi culturali, sale da ballo continuano a restare chiusi. Si poteva fare diversamente, aprire in sicurezza?
Si può sempre fare diversamente, ma diciamo che questo è un argomento molto spinoso ed estremamente delicato. Penso che questo settore abbia un valore enorme, soprattutto in questo momento. Oltre alla cura del corpo, che è prioritaria, noi dobbiamo sostenere anche la cura dello spirito. Questa chiusura così lunga avrà degli effetti in futuro, anche se forse il valore del settore non è ancora ben chiaro alla società nel suo complesso. Tuttavia, le persone cominciano ad accorgersi di quanto sia doloroso non poter andare al cinema, a teatro, e di quanto questo ci impoverisca complessivamente, come paese. Dal canto nostro, come sindacato, abbiamo provato a sostenere tutti, con dei protocolli di sicurezza, laddove le attività si stanno svolgendo. Penso al doppiaggio, dove stiamo lavorando con le imprese a un protocollo comunque per la sicurezza dei lavoratori; all'audiovisivo, dove già è stato siglato. É chiaro che lo spettacolo dal vivo sta attraversando la condizione di gran lunga peggiore, e ha bisogno di un maggiore sostegno. Quello che noi vedremo nei prossimi mesi, se la situazione non migliora, è che molti teatri chiuderanno, così come quelle sale cinematografiche che non appartengono alle holding dei multisala. Ci sarà, a catena, un impoverimento complessivo del sistema produttivo italiano.
La Slc e la Cgil hanno lavorato molto nel corso di quest'anno, ottenendo risultati di rilievo: il Tavolo permanente sullo spettacolo al Mibact, la proposta di legge Gribaudo-Carbonaro. E poi il lavoro sul territorio, di assistenza ai lavoratori che, in migliaia, non hanno ancora ricevuto le indennità spettanti. Da cosa si riparte nel 2021?
Per cominciare, noi vorremmo che si procedesse, all'interno di questi tavoli ministeriali, in maniera più pertinente. I tavoli aperti vedono una pletora di protagonisti e questo non aiuta se si vuole entrare nel merito delle questioni e finalizzare gli interventi. Molti degli aggiustamenti fatti fin qui sono stati frutto di nostri spunti e hanno, quindi, un'impostazione e una logica sindacale. Poi, è vero, abbiamo fortemente voluto la creazione di una sorta di “unità di crisi”. Ci prendiamo, uno a uno, i codici fiscali dei lavoratori, li accompagniamo nelle pratiche, interloquiamo sui singoli casi con l’Inps. Ora, la categoria comincia a guardare oltre. Serve subito un intervento legislativo, che vada a regolamentare un settore complesso e profondamente cambiato negli ultimi anni. Abbiamo bisogno di avere una visione di sistema, che inquadri dal punto di vista normativo il lavoro nel mondo dello spettacolo. Lo sforzo principale, e non più prorogabile, è quello di provare a ragionare innanzitutto in termini di continuità di reddito. Abbiamo visto chiaramente che la logica delle indennità è insufficiente. Dobbiamo intervenire più compiutamente sul sistema previdenziale. L’ex Enpals è stato un antesignano ed è una fonte di ispirazione per tutto il mondo del lavoro saltuario e intermittente, non solo con riferimento alla forma contrattuale, ma anche alle modalità di lavoro, su singole produzioni e attività a tempo. L'ex Enpals è stato un punto di riferimento, ma non è più sufficiente. Il sistema previdenziale, così com'è, non garantisce la pensione. Di fatto, l'incrocio degli indicatori relativi al reddito e alla contribuzione e le giornate lavorate crea una sorta di loop, di cui il lavoratore resta prigioniero. Per poi non avere, alla fine del proprio percorso, la possibilità di andare in pensione, tanto che ex Enpals e gestione separata sono le uniche casse in attivo. E poi c’è il grande tema degli ammortizzatori sociali. Cgil Cisl e Uil stanno lavorando a un riordino generale e noi vogliamo lavorare all’interno di questo quadro con le nostre specificità. Infine, è necessario valorizzare il riconoscimento delle professionalità e lavorare sulla contrattazione: inquadramenti e rinnovi. Lavoreremo per il rinnovo del contratto nazionale dell'audiovisivo e per affiancarvi quello degli attori del cine-audiovisivo, che non è mai esistito.
Per ultimi, ma non ultimi, i rapporti istituzionali. Il Ministero sembra non capire cosa serva davvero al settore per ripartire. Franceschini non ascolta il sindacato?
Il problema del ministro è che ascolta tutti e troppi, senza individuare delle peculiarità. Le interlocuzioni si aprono anche in funzione delle competenze. C'è una grande confusione nel settore, come l’idea che il sindacato sia la stessa cosa di un'associazione, e che tutto si possa mischiare, mentre in realtà non è così. Abbiamo due tavoli aperti, al momento, dove stiamo facendo delle proposte di merito. Il ministro ci deve ascoltare, e via via si renderà conto che ha sempre di più bisogno del supporto e del sostegno del sindacato. Come Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom, chiederemo un incontro formale per discutere in maniera pertinente delle questioni legate alla riprogettazione del settore, tanto sui finanziamenti quanto sui progetti. La Netflix della cultura? Dovremo prima ridiscutere del diritto d'autore e del protagonismo che lo spettacolo dal vivo deve mantenere.