Il contratto degli esercizi cinematografici è scaduto da circa quattro anni e questa non è una novità. Far scadere i contratti nazionali e poi procrastinare all’infinito il rinnovo è una pratica piuttosto invalsa in Italia, e trasversale ai settori. Quello che ha destato sorpresa, invece, è stata la decisione improvvisa di sospendere il tavolo contrattuale da parte datoriale.

I FATTI

È successo tutto qualche giorno fa. Era prevista per il 16 ottobre la plenaria, in cui si sarebbero dovuti affrontare alcuni temi spinosi, sui quali esercenti e sindacati hanno posizioni piuttosto lontane. Ma l’incontro è stato unilateralmente disdetto da parte della rappresentanza delle imprese.

LE RAGIONI DELLA ROTTURA

La chiusura è arrivata dopo aver saputo informalmente, come dichiarano Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil, che la delegazione sindacale in un coordinamento unitario aveva rigettato alcune proposte, ritenendole offensive. Nello specifico, le richieste datoriali relative alla classificazione del personale e al mansionario giudicate inaccettabili dalle organizzazioni sindacali.

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PROPOSTE INDECENTI

Tra queste, l’idea di “far passare il principio che i lavoratori delle sale cinematografiche ‘sono tenuti’ a rendere decorosi i servizi igienici – si legge nella nota sindacale – e che non tenevano minimamente conto delle proposte tese a rendere più dignitoso il lavoro nelle sale”. Rimane inoltre da chiarire la questione della distribuzione dell'aumento salariale, che si tradurrebbe in parte sotto forma di welfare.

LA PROTESTA

Dopo la chiusura improvvisa e unilaterale del tavolo, le organizzazioni sindacali hanno immediatamente indetto lo stato di agitazione delle lavoratrici e dei lavoratori degli esercizi cinematografici, annunciando assemblee unitarie sui territori, per informare sullo stato della trattativa e per programmare ulteriori iniziative conflittuali.

UN RINNOVO CONTROVERSO

Ma facciamo un passo indietro. Slc Cgil, Fistel Cisl e Uilcom Uil hanno lavorato a lungo alle proposte da portare al tavolo della trattativa, per quanto riguarda sia gli aspetti normativi sia quelli economici. Tra questi, la richiesta di un aumento salariale, quantificato in 240 euro, a fronte di un’inflazione di circa il 20% che ha eroso pesantemente il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori. E qui, però, viene fuori il primo grande nodo: la necessità di rendere più attraente il lavoro nelle sale cinematografiche. Una tipologia di impiego che negli ultimi anni sconta anche le conseguenze di una pesante crisi di settore, tuttora irrisolta.

UNA CRISI STRUTTURALE

Assistiamo da anni a un’emorragia inarrestabile di cinema che chiudono, in provincia come in città. Il saldo del comparto cinema/schermi continua a mantenere il trend negativo intrapreso nel 2020, quando il settore ha subìto le conseguenze pesantissime della pandemia. In alcuni casi il Covid ha dato il colpo di grazia a sale che, dopo lo stop e i rallentamenti, non hanno più riaperto. Ma la crisi delle sale cinematografiche può considerarsi strutturale, se si pensa al vero antagonista del grande (e pure del piccolo) schermo: le piattaforme di streaming.

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SALE IN CALO

Secondo gli ultimi dati annuali disponibili, nel 2023 i cinema attivi sono stati 1.231 contro i 1.250 del 2022 (-19) e gli schermi sono passati da 3.541 nel 2022 a 3.484 (-57). La flessione maggiore si riscontra nelle arene, con un saldo negativo di 28 rispetto al 2022. L’unico trend positivo è stato quello delle monosale (+21 per un totale di 569) che, seppure con piccoli numeri, possono ancora svolgere un ruolo culturale e aggregativo importante per il pubblico, con una programmazione articolata e tarata sul contesto.

MEGLIO IL PUBBLICO

Bisognerà aspettare i dati complessivi dei primi mesi del nuovo anno per sapere se nel 2024 è andata meglio, anche se al momento l’affluenza di pubblico sembra avere avuto dei picchi di risalita. Il primo semestre si è chiuso con +6% rispetto allo stesso periodo del 2023 e Inside Out 2, uscito a giugno, è stato l'incasso più alto di tutti i tempi per un film di animazione in Italia. Senza dimenticare l’effetto C’è ancora domani. Dati che, tuttavia, sono il sintomo di un andamento piuttosto schizofrenico se si guarda all’industria cinematografica in generale.

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UNA MACCHINA COMPLESSA

Un’industria che si estende dalla scrittura del film fino alla sua visione da parte del pubblico. E per la quale il 2024 si è configurato come l’annus horribilis della produzione. Mentre, infatti, il film della Cortellesi incassava 36 milioni e mezzo di euro e Garrone volava oltreoceano con Io Capitano, migliaia di lavoratori del cinema (260 mila gli addetti del settore secondo dati Inps) sono “rimasti a terra”. Il blocco del tax credit, ma più in generale quello che potremmo definire il “Pasticcio Sangiuliano”, ha spaventato le produzioni e generato un effetto domino terribile, con conseguenze abnormi su tutti i segmenti del settore.

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L’AGITAZIONE CONTINUA

Le lavoratrici e i lavoratori degli esercizi cinematografici sono un anello – forse uno dei più deboli – di una filiera produttiva e distributiva articolata e complessa, che necessita di urgenti misure strutturali. La chiusura del tavolo di trattative per il rinnovo contrattuale è – concludono i sindacati di categoria – “un atteggiamento inaccettabile”, cui non si può rispondere che con uno stato di agitazione generale.