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Rita Levi Montalcini nasce a Torino il 22 aprile del 1909 in una famiglia ebrea. Ha 29 anni quando vengono approvate le leggi razziali a causa delle quali sarà costretta a spostare le proprie ricerche lontano dall’Italia in Belgio. Studiosa della mente e delle sue dinamiche diceva: “Tutte le grandi tragedie, la Shoah, le guerre, il nazismo, il razzismo sono dovute alla prevalenza della componente emotiva su quella cognitiva. E il cervello arcaico è così abile da indurci a pensare che tutto questo sia controllato dal nostro pensiero, quando non è così”. “Non esistono le razze - spiegava - esistono i razzisti”.
Poco prima dell’invasione tedesca del Belgio torna a Torino, dove, durante l’inverno del 1940, allestisce un laboratorio domestico situato nella sua camera da letto per proseguire le sue ricerche. Durante la guerra trova rifugio prima nelle campagne vicine alla sua Torino, poi si sposta a Firenze, dove prende contatto con le forze partigiane e, infine, opera come medico al servizio delle Forze Alleate, un’esperienza molto dura che ricorderà spesso insieme alle doti del proprio “sistema immunitario inossidabile”. “Era in corso un’epidemia di tifo - racconterà - i malati morivano a decine. Facevo di tutto, il medico, l’infermiera, la portantina. Giorno e notte. È stato molto duro e ho avuto fortuna a non ammalarmi”.
Negli anni Cinquanta la regina (così la chiamavano per la sua eleganza e l’attitudine) “minuta, ma passo svelto, schiena dritta, mento alto e gli occhi verdi che non avevano paura di nessuno”, si trasferisce quindi negli Stati Uniti (quella che doveva essere una breve permanenza si rivelerà poi una scelta trentennale) continuando la sua attività di ricercatrice. Nel 1986 riceve il premio Nobel per la medicina, unica donna italiana ad aver vinto un Premio Nobel scientifico.
Femminista, progressista, la prima metà degli anni Settanta la vedrà partecipe dell’attività del Movimento di Liberazione Femminile per la regolamentazione dell’aborto. “Non mi sono sposata - dirà - perché non avevo tempo. Gli uomini mi piacciono, ma se non posso lavorarci insieme, mi annoio”. Instancabile, scriverà libri di ricordi, decine di prefazioni, lettere alle autorità e persino una canzone per il Festival di Sanremo (la sua proposta sarà bocciata, ma in buona compagnia. Quell’anno la commissione del Festival boccerà in un solo colpo anche Alda Merini e Margherita Hack).
Nel 1992 creerà una fondazione per aiutare con borse di studio le studentesse africane e nel 2001 sarà nominata senatrice a vita dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. “Ho da poco ricevuto una telefonata del presidente che mi ha comunicato la decisione - commenterà la diretta interessata - Questa nomina è per me di maggior piacere del premio Nobel perché viene dal mio Paese. Il Presidente Ciampi mi ha detto che la nomina a senatore a vita è per i meriti scientifici e sociali che ho avuto”.
Per questo suo ruolo, sempre svolto con grande serietà e rigore, nel periodo del governo Prodi “la regina” sarà aspramente contestata da alcuni esponenti del centrodestra che, facendo leva sulla sua età avanzata, arrivarono a chiedere per lei “stampelle in regalo” per sorreggere lei e l’esecutivo del professore (Silvio Berlusconi, allora capo dell’opposizione, definirà “immorale” la condotta dei senatori a vita “che non li vedi mai ma te li trovi in aula quando si tratta di votare”).
Ormai centenaria si spegneva dieci anni fa, a Roma, il 30 dicembre del 2012. “Si è spenta, con Rita Levi Montalcini, una luminosa figura della storia della scienza - diceva l’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - La sua ascesa a ruoli elevatissimi - ha aggiunto - ne ha fatto un simbolo e punto di riferimento per la causa dell'avanzamento sociale e civile delle donne, che l'ha vista personalmente impegnata anche fuori d'Italia. La fermezza e dignità con cui di fronte alle persecuzioni razziali del fascismo scelse la difficile strada dell'esilio ha rappresentato un esempio straordinario nel movimento per la libertà e la rinascita della democrazia in Italia. La serietà e dedizione con cui infine ha assolto alla funzione di senatore a vita l'ha resa ancor più vicina, nel rispetto e nell'affetto, alle istituzioni e agli italiani. Mi associo con commozione e gratitudine al cordoglio dei famigliari e del Paese”.