Giulio Perrone Editore compie vent’anni, un traguardo importante per chi lavora nel mercato editoriale da indipendente, etichetta sempre più difficile da mantenere. Tra le sue ultime pubblicazioni spicca Il cielo sopra Gaza non ha colori (pp. 162, euro 16), la storia di due sorelle gemelle rimaste orfane dopo la morte del papà nel luglio del 2014, schiacciato dai carri armati israeliani, e della mamma vittima della terrificante repressione succeduta alla tragedia del 7 ottobre perpetrata da Hamas. Il libro però non vuole fotografare il presente, ma restituire una condizione umana che dura da tempo. Troppo tempo. Abbiamo rivolto alcune domande all’autrice, Morena Pedriali Errani.

Come nasce il racconto delle vite di Nur e Layla?
Mi occupo di memoria rom e sinti, faccio parte di questa comunità nei confronti della quale il recupero della memoria a oggi non è ancora riconosciuto, perché considerati vittime di serie Z, tanto per riprendere la lettera con cui venivano marchiati durante lo sterminio nazista. Così, abituata a certe dinamiche, per la Palestina mi sono chiesta come rendere la memoria una cosa pratica.

“Memoria pratica”?
Sì, perché oggi si parla sempre di più di memoria, ma è una memoria divenuta vuota: basti pensare alla data del 27 gennaio, ormai ricorrenza di cui il 28 gennaio non si ricorda più nessuno. La situazione della Palestina non è nata il 7ottobre del 2023, e mi sono chiesta come portare avanti questo discorso in relazione alle difficoltà che trova nell’approfondire quanto realmente accade anche chi si occupa dell’argomento, e che rispetto a rom e sinti qualcosa si stava ripetendo. Naturalmente è un libro che non ha le competenze di un saggio storico ma è uno spaccato di vita dei civili, delle persone che si trovano in questo stato di occupazione.

La storia si sviluppa tra le macerie di Gaza. In che modo sei riuscita ricostruire l’ambientazione di questo territorio ormai distrutto?
Leggendo le notizie che arrivavano, sulle quali cercavo di informarmi nella maniera migliore. Ciò che ho scritto nel libro non è inventato, sono storie vere, arrivate dai giornali, anche se riportate in un certo modo. L’incipit del libro, ad esempio, prende spunto dal video di un bambino palestinese che raccoglieva a terra le dita sparse del padre. Poi ho chiesto aiuto alla Comunità per la Palestina di Ferrara, la città dove vivo.

Morena Pediatri Errani

Come giudichi le posizioni assunte da Donald Trump dopo la sua elezione?
Se pensiamo al video circolato in questi giorni, sembra irreale sia stato realizzato da un presidente che ha la responsabilità di quanto sta ancora accadendo, un genocidio, con la complicità di gran parte della comunità politica internazionale, alimentando direttamente l’azione di Israele. D’altra parte, il livello medio di dissociazione dalla realtà, di disumanizzazione che abbiamo raggiunto, è proprio il cavallo di battaglia di certa politica.

Trump potrà veramente realizzare quanto promesso?
Io dico che Trump, chiedendo ai Gazawi di andarsene dalla propria terra, finge di non sapere che sono loro il popolo indigeno di questa stessa terra: dunque né lui, né Netanyahu, hanno alcun diritto di occuparla, e di capitalizzare sui suoi morti.

Nella lettera che conclude il libro viene scritto: “Un giorno il mondo dovrà rispondere di quello che è stato fatto qui”. Credi possa accadere davvero?
Diciamo che la mia idea è che la Palestina verrà liberata dai palestinesi, ma noi dobbiamo amplificare la loro voce attraverso una lotta comune, soprattutto nella percezione che abbiamo della causa palestinese, perché tanti modi di informarci, ma come ho detto troppo spesso sono informazioni incomplete, o raccontate in un certo modo per legittimare l’atteggiamento del governo italiano per mano del suo esercito. Il mio pensiero è positivo, ma il risultato è lontano. Credo sia fortemente simbolico il fatto che la popolazione palestinese resista da tutto questo tempo, ben prima del 1948. Continuerà a resistere.

Il tuo libro è stato nominato tra gli ottantuno che parteciperanno al prossimo Premio Strega. Cosa ti attendi da questo riconoscimento?
In realtà nel pubblicare un libro con questo tema, così discusso, avevo già preventivato di non avere grande visibilità, per l’ostilità e la fatica di riconoscere effettivamente cosa stia succedendo. Dunque credo che la proposta di partecipazione al Premio Strega sia importante per avere la possibilità di raggiungere un pubblico più vasto.