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Già docente della cattedra di Sociologia delle relazioni etniche presso l’Università di Roma “Sapienza”, e vicepresidente dell’Associazione “Cittadinanza e Minoranze”, Marcella Delle Donne è autrice di numerosi volumi che riguardano il suo campo di studi; tra questi ricordiamo A Nord, a Sud del Mediterraneo. Alla ricerca del senso perduto, pubblicato nel 2015 nella collana “Arte & Lavoro” dell’editore Futura/Ediesse. In quello scritto, infatti, si percorrono i temi approfonditi anche in questo ultimo lavoro, ma dopo alcune pagine di introduzione in prosa vengono scelti i versi, l’incedere della poesia, per trattare argomenti e contenuti legati alle minoranze sparse in ogni dove nel mondo.
Ora, con questo nuovo studio, dal titolo Razza nazione identità. Le radici dell’odio (Liguori editore, pp. 191, euro 15,99), Delle Donne ci conduce in un viaggio che attraversa non soltanto i luoghi in cui la perdita dei diritti umani da parte di milioni di persone rappresentano la più concreta e ovvia quotidianità, ma ci costringe, nostro malgrado, a fare anche i conti con noi stessi, con le nostre tare mentali, con pregiudizi che non abbiamo, o forse pensiamo di non avere, ma che potrebbero sempre essere dietro l’angolo.
Suddiviso in tre parti, nella prima il volume ripercorre le motivazioni storiche e sociologiche per cui in molti luoghi, dalla Polonia all’Ungheria sino all’Australia, assistiamo ormai da qualche tempo a una meticolosa costruzione/distruzione dell’identità dell’altro, del diverso da noi, del soggetto distante geograficamente, almeno in partenza, e dunque troppo lontano per poter trovare dei punti in comune con lui. L’atteggiamento xenofobo che ritroviamo in alcuni cosiddetti leader politici del momento, da Bolsonaro a Orban, scimmiottati a suo modo nella pur recente conversione patriottarda di Matteo Salvini, se in alcune circostanze trova spunto e reazione da una memoria storica specifica e difficile da rimuovere (come appunto accade in Polonia e Ungheria, sino alla caduta del Muro soffocate dal dominio sovietico), d’altra parte rileva una tendenza per certi versi comune, popolare e populista, sulla quale siamo tutti invitati a riflettere seriamente assumendone le relative responsabilità.
La parte seconda, dal titolo “Suprematismi-sovranismo: la cultura dell’odio”, comincia analizzando l’esperienza, fortunatamente conclusasi agli albori di questo 2021, dell’“America First”, gli anni sciagurati della presidenza Trump, che ci hanno regalato in sequenza i confini murati per gli immigrati, le scene di bambini trattenuti al confine con il Messico e separati dalle loro famiglie, gli ingressi vietati negli States alle popolazioni di origine musulmana, le battaglie economiche portate avanti utilizzando armi di altra epoca, come i dazi e più in generale il sistema delle sanzioni. Senza dimenticare, ma è difficile dimenticarlo, tutto quello che è stato perpetrato ai danni della comunità afroamericana, con il rinascere di tendenze vicine, troppo vicine, agli orrori del Ku Klux Klan, e la conseguente nascita del movimento Black Lives Matter dopo l’assassinio di George Floyd.
Si aggiunga a tutto questo quanto accaduto nel vecchio continente, dalle posizioni che hanno determinato la Brexit nel Regno Unito alle rigidità, per usare un eufemismo, arrivate dall’UE nell’affrontare la delicata e problematiche questione dei popoli migranti provenienti in particolare dall’Africa, e il quadro può definirsi pressoché completo, oltre che alquanto preoccupante.
Ed è proprio da qui che prende spunto l’ultima parte di questo libro, dedicata al confronto tra l’universalismo di un’Europa alla ricerca di una sua rinascita, e l’ottuso sovranismo di un’Europa delle frontiere, pronta a chiudersi in se stessa invece di prepararsi a un futuro per molti versi inevitabile, e che dunque è meglio progettare. Dal Trattato di Lisbona a Frontex, il sistema integrato di vigilanza sul mare, più di qualcosa è senz’altro da rivedere, soprattutto se il risultato si traduce in torture stupri e violenze varie da parte dei paesi “amici”, per trattenere in qualche modo il flusso migrante di vite umane.
Marcella Delle Donne conclude inevitabilmente, dati i tempi, la sua riflessione con uno sguardo sugli ultimi accadimenti legati alla pandemia, ricordandoci un’altra violenza, quella perpetrata da tutti noi nei confronti di Madre Natura, i cui effetti sono sotto gli occhi di tutti. Ma nel cuore del suo scritto alcune bellissime pagine ci ricordano anche come tutti noi, ciascuno di noi, abbia come unica progenitrice Mama Africa, e dell’infondatezza genetica della “teoria delle razze”,
Sarebbe bene tenerlo a mente.