In classe di mia figlia, alla scuola materna, c’è una bambina che ha due mamme. Lei, cinque anni tra qualche giorno, non mi ha mai chiesto perché. Per lei è un dato di fatto, come l’esistenza di Babbo Natale, la bontà delle caramelle gommose per una dieta equilibrata, papà che lava i piatti e mamma che va in trasferta di lavoro. Da madre di due bambine piccole, mi sono spesso interrogata insieme a mio marito su come avremmo dovuto trasmettere loro il concetto di parità dei sessi, di identità di genere e orientamento sessuale. Poi ci siamo naturalmente accorti che non ce n’era bisogno: bastavano i fatti.

EDUCARE CON L’ESEMPIO

Per i bambini quello che conta più di tutti è l’azione, la pratica quotidiana attraverso cui imparano a stare al mondo. E in un mondo dove le mie figlie non hanno mai visto dinamiche machiste o discriminatorie, per loro quelle dinamiche semplicemente non esistono. O meglio, non ancora. Arriverà – e temo molto presto – il momento in cui dovranno confrontarsi con una gamma di situazioni e atteggiamenti ben diversi da quelli che vedono a casa e nel loro ambiente quotidiano.

CATTIVI MAESTRI BUONI MAESTRI

E arriveranno anche le domande, alcune per mettere in fila i conti laddove non tornano, altre semplicemente per capire perché ci sono famiglie formate da due mamme o da due papà, così come si chiede perché la terra gira intorno al sole. Ma saranno domande inserite in un contesto culturale ed educativo più ampio, in cui alle agenzie di socializzazione primarie possono affiancarsi – una volta tanto in maniera costruttiva – anche quelle secondarie, ovvero quei “cattivi maestri” dei mass-media.

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PRINCIPESSE IN CARRIERA

Le principesse che attendono il principe azzurro pulendo casa ormai sono un lontano ricordo nei cartoni animati. Oggi Raya combatte come Imane Khelif, Vaiana naviga meglio di Giovanni Soldini, Merida vuole sposare se stessa come Carrie Bradshaw in un memorabile episodio di Sex and the City. E l’idolo indiscusso di tutte le bambine al livello mondiale, Elsa di Frozen, non ci pensa proprio a trovarsi un fidanzato, impegnata com’è a salvare Arendelle con i suoi poteri. Queste ragazze sono protagoniste femminili forti, portatrici di un messaggio ben chiaro ed evidente a tutti.

LA FORZA DEI PERSONAGGI QUEER

C’è però anche un’altra cosa interessante che i cartoni animati fanno sempre più spesso: riprodurre la realtà della vita quotidiana nelle storie raccontate, attraverso l’introduzione di personaggi che dovremmo definire tecnicamente “queer. Usare un’etichetta, tuttavia, rischia di sminuire il senso profondo dell’operazione, ovvero raccontare ai bambini quella che è già la loro normalità, piuttosto che ostinarsi a riprodurre modelli desueti e ormai poco autentici.

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DISNEY E COMING OUT

In Strange World, film d’animazione Disney del 2022, il teen-ager Searcher è innamorato di un suo coetaneo, senza nessun dramma familiare per il coming out. In Elemental (Pixar 2023) Cinder pratica il matchmaking, con cui aiuta le persone a scoprire se sono compatibili, e in una scena si rivolge alla coppia usando per entrambe il pronome femminile.

ARCOBALENO PEPPA PIG

Nel 2022, la prima apparizione di Penny Orso Polare con le sue due mamme fece infuriare i comitati a sostegno della famiglia tradizionale, che chiesero addirittura la testa della povera Peppa Pig. Ma se andiamo ancora indietro nel tempo, nel terzo episodio della saga di Shrek, datato 2007, Dorisla sorellastra di Cenerentola, ha tutta l’aria di essere transessuale.

C’ERA UNA VOLTA LADY OSCAR

Potremmo continuare all’infinito, perché la lista è davvero lunga. Il nocciolo della questione è che i cartoni animati, negativi se servono a liberarci dall’impegno di giocare con i nostri figli, possono però diventare nostri alleati se lo scopo è più importante: aiutarci a spiegare loro la società in cui sono nati. Supportarci quando le cose, che in realtà sono semplici, sembrano così complicate per noi millennials, cresciuti senza capire che Lady Oscar molto probabilmente amava le donne.

LA DRAG QUEEN IN FONDO AL MAR

Anche se i più acuti di noi se ne erano accorti, si convinsero di aver frainteso, piuttosto che chiedere spiegazione ai propri genitori. Questo vale anche per altri casi dell’epoca, meno eclatanti della paladina francese: Le Tont, l’amico gay segretamente innamorato di Gaston ne La bella e la bestia; Ursula, la cattiva de La Sirenetta, ispirata alla drag queen Divine.

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STEREOTIPI E GENERAZIONE Y

Forse sono solo farneticazioni di noi bambini degli anni ottanta. O forse gli sceneggiatori stavano cercando di dirci qualcosa, di nascosto dai nostri genitori, ancora troppo impegnati a spiegarci che in una famiglia ci sono una mamma e un papà. Ma ora siamo noi della Generazione Y  a fare i genitori, perennemente in bilico tra vecchi e nuovi modelli educativi, storditi, tra Maria Montessori, l’educazione alla gentilezza e la vecchia pratica di “mazze e panelle fanno i figli belli”.

MAMMO VUOL DIRE PAPÀ

Ancora una volta tocca a noi l’arduo compito di essere la generazione dei grandi passaggi: Internet, la riforma degli esami di stato, lo stravolgimento dei modelli familiari ed educativi. Forse qualche cartone in più – se fatto bene – ogni tanto può aiutare a uscire dall’impasse di cui solo noi siamo prigionieri, non i nostri figli. Per loro, un papà che fa la lavatrice non è un mammo, è un papà che fa la lavatrice. Due mamme che accompagnano la figlia a scuola non sono un’aberrazione. Sono la vita.