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Beppe Fenoglio, partigiano, scrittore e traduttore, nasce ad Alba il 1º marzo 1922. Dopo l’8 settembre 1943, poco più che ventenne, si unisce alle prime formazioni partigiane, partecipando insieme al fratello Walter alla straordinaria ma breve esperienza della Repubblica partigiana di Alba. Dopo la Liberazione ritorna alla vita civile, ma l’esperienza partigiana è fondamentale nella sua vita e ispira molti dei suoi romanzi e racconti.
Esordisce nel ’52 con I ventitré giorni della città di Alba, poi La malora e Primavera di bellezza. Il resto è postumo, da Una questione privata (1963) a Il partigiano Johhny (1968). Nella Prefazione all’edizione de Il sentiero dei nidi di ragno del giugno 1964, Italo Calvino indicherà Una questione privata come il romanzo che tutti gli scrittori che avevano vissuto l’esperienza della Resistenza avevano sognato di scrivere senza riuscirci.
“Una questione privata - scriverà - è costruito con la geometrica tensione d’un romanzo di follia amorosa e cavallereschi inseguimenti come l’Orlando furioso, e nello stesso tempo c’è la Resistenza proprio com’era, di dentro e di fuori, vera come mai era stata scritta, serbata per tanti anni limpidamente dalla memoria fedele, e con tutti i valori morali, tanto più forti quanto più impliciti, e la commozione, e la furia. Ed è un libro di paesaggi, ed è un libro di figure rapide e tutte vive, ed è un libro di parole precise e vere. Ed è un libro assurdo, misterioso, in cui ciò che si insegue, si insegue per inseguire altro, e quest’altro per inseguire altro ancora e non si arriva al vero perché. È al libro di Fenoglio che volevo fare la prefazione: non al mio”.
“Milton era brutto - scriveva Fenoglio nel romanzo delineando attraverso la descrizione del protagonista un interessante autoritratto di sé - alto, scarno, curvo di spalle. Aveva la pelle spessa e pallidissima, ma capace di infoscarsi al minimo cambiamento di luce o di umore. A ventidue anni, già aveva ai lati della bocca due forti pieghe amare, e la fronte profondamente incisa per l’abitudine di stare quasi di continuo aggrottato. I capelli erano castani… All’attivo aveva solamente gli occhi, tristi e ironici, duri e ansiosi, che la ragazza meno favorevole avrebbe giudicato più che notevoli. Aveva gambe lunghe e magre, cavalline, che gli consentivano un passo esteso, rapido e composto”.
Nel marzo del 1960 Beppe sposa civilmente Luciana Bombardi, nel 1961 nasce la figlia Margherita. Comincia a ottenere i primi riconoscimenti dalla critica: nel 1960 vince il premio Prato con Primavera di bellezza e nel giugno del 1962 riceve il premio “Alpi Apuane”, in Versilia, per il racconto Ma il mio amore è Paco, pubblicato su Paragone.
In Versilia percepisce le prime avvisaglie di un male che non gli lascerà scampo. Ricoverato all’ospedale Molinette di Torino si spegnerà nella notte tra il 17 ed il 18 febbraio 1963 (“Sulle lapidi, a me basterà il mio nome, le due date che sole contano, e la qualifica di scrittore e partigiano”). Due mesi più tardi, Garzanti pubblicherà Un giorno di fuoco e il romanzo Una questione privata. Cinque anni più tardi la casa editrice Einaudi (la vicenda editoriale del libro è una delle più complesse e controverse del Novecento italiano) darà alle stampe Il partigiano Johnny.
“Beppe Fenoglio - diceva di lui Calvino - è stato per noi forse l’ultima incarnazione d’una figura storica di scrittore che marcò di sé le storie letterarie del secondo quarto di secolo ed è ora scomparso senza lasciare eredi; scrittore che esprime insieme la solitaria coscienza d’una tensione interiore e il mito estroverso di una vita pratica e attiva”.
“Sono nato in Alba il 1° marzo 1922 - diceva l’autore di sé - e in Alba vivo da sempre, a parte le lunghe assenze impostemi dal servizio militare e dalla lotta partigiana. La mia attività base è quella di dirigente d’industria: più precisamente, curo l’esportazione di una nota casa vinicola piemontese. (...) Per quanto cerchi, non trovo alcun aneddoto di qualche sapore relativamente alla genesi ed alla pubblicazione dei miei libri. Potrà forse interessare questa piccola rivelazione: Primavera di bellezza venne concepito e steso in lingua inglese. Il testo quale lo conoscono i lettori italiani è quindi una mera traduzione. (...) Scrivo per un’infinità di ragioni. Per vocazione, anche per continuare un rapporto con un avvenimento e le convenzioni della vita hanno reso altrimenti impossibile, anche per giustificare i miei sedici anni di studi non coronati da laurea, anche per spirito agonistico, anche per restituirmi sensazioni passate; per un’infinità di ragioni, insomma. Non certo per divertimento. Ci faccio una fatica nera. La più facile delle mie pagine esce spensierata da una decina di penosi rifacimenti. Scrivo with a deep distrust and deeper faith”. Con una profonda sfiducia e una fede più profonda.
Partí verso le somme colline, la terra ancestrale che l’avrebbe aiutato nel suo immoto possibile, nel vortice del vento nero, sentendo com’è grande un uomo quando è nella sua normale dimensione umana. E nel momento in cui partí si sentí investito - nor death itself would have been divestiture - in nome dell’autentico popolo d’Italia, ad opporsi in ogni modo al fascismo, a giudicare ed eseguire, a decidere militarmente e civilmente. Era inebriante tanta somma di potere, ma infinitamente piú inebriante la coscienza dell’uso legittimo che ne avrebbe fatto.
Ed anche fisicamente non era mai stato cosí uomo, piegava erculeo il vento e la terra.