Le notizie si rincorrono in questi giorni. “In 300 sbarcano a Lampedusa” il 4 febbraio, altri tre sbarchi avvengono nella notte tra il 4 e il 5. Il sindaco dell’isola, Totò Martello, torna a parlare di emergenza umanitaria senza fine. La scorsa estate Lampedusa scoppiava di nuovo, il centro di accoglienza ancora una volta al collasso: l’isola, si diceva, è tornata indietro di dieci anni. Ora nel centro ci sono circa trecento persone, altri sono sulla nave quarantena, ma gli sbarchi non si sono mai interrotti negli ultimi mesi, in autunno ci sono state punte massicce di arrivi.
Anche questa foto è stata scattata in autunno, quello del 2013, esattamente un mese dopo il naufragio del 3 ottobre - 368 le vittime accertate, che il 3 novembre furono ricordate con una celebrazione alla Porta d’Europa.
Nell’isola la vita sembrava tranquilla, i cittadini di Lampedusa raccoglievano abiti per i migranti, gli ospiti del centro di accoglienza, dove le condizioni erano precarie, uscivano dal retro, da una falla nella recinzione, mentre dall’altra parte della struttura i militari presidiavano il cancello. Si sapeva e andava bene così, non c’erano tensioni, passavano le loro giornate in giro per l’isola, cercavano di telefonare a casa o di tenersi in contatto con qualche parente che quel viaggio lo aveva fatto prima di loro e li aspettava in Francia, in Germania o in qualche paese scandinavo.
La sera un gruppetto si raccoglieva sempre davanti alla vetrina dell’Archivio storico di Lampedusa per guardare la televisione. Non c’erano programmi a caso, qualcuno faceva in modo che potessero vedere un film.
Tra le vecchie foto esposte c’erano il porto, i pescatori e le loro barche, quel mare che li aveva portati lì e che tanti altri si era tenuto.
Era un momento di pace, in cui il senso di attesa che si respirava ovunque nell’aria si stemperava un po’ e i destini sospesi dei migranti sembravano meno complicati. Gli uomini nelle foto in bianco e nero e quelli con le tute colorate seduti sulla panchina erano solo persone. Così simili, così vicine.