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Nel giugno del 1944, poche ore prima della Liberazione della capitale da parte degli Alleati, il lavoro di dialogo unitario avviato già negli anni Trenta tra i principali esponenti del sindacalismo italiano culmina nella firma del Patto di Roma (l’accordo ufficiale porta la data del 9 giugno, ma sarà antidatato per onorare la memoria di Bruno Buozzi).
La Cgil unitaria nasce dal compromesso tra le tre principali forze politiche italiane ed il Patto di Roma è siglato da Giuseppe Di Vittorio per i comunisti, Achille Grandi per i democristiani, Emilio Canevari per i socialisti. Manca una firma, quella di Bruno Buozzi, barbaramente ucciso dai nazisti. Buozzi, Di Vittorio, Grandi.
Sono proprio questi uomini i protagonisti della ricostruzione del sindacato libero e democratico già a partire dai primi giorni dopo la caduta di Mussolini del 25 luglio 1943 quando, con la regia di Leopoldo Piccardi, nuovo ministro dell’Industria, del Commercio e del Lavoro del governo Badoglio, i vecchi sindacati fascisti vengono commissariati; Buozzi andrà a guidare la Confederazione dei lavoratori dell’industria (col comunista Roveda e il democristiano Quarello come Vice), Grandi la Confederazione dei lavoratori dell’agricoltura (con Vice Lizzadri), mentre Di Vittorio guiderà i braccianti (“Buozzi - recitano gli appunti di Oreste Lizzadri - ci mette al corrente delle intenzioni di Piccardi, ostacolato dagli altri ministri, di nominarlo commissario della Confederazione dei lavoratori dell’industria, con Achille Grandi a quella dei lavoratori dell’agricoltura. Gli ha chiesto anche i nomi dei vecchi sindacalisti per le altre Confederazioni. Buozzi ha posto come condizione pregiudiziale la presenza dei comunisti e in particolare quella di Roveda e Di Vittorio. Piccardi è perplesso: personalmente non sarebbe contrario, ma Badoglio, gli altri ministri e, in definitiva, Vittorio Emanuele, difficilmente ingoieranno un rospo di tale portata”).
Con il Patto di Roma del 1944 rinasce la Cgil unitaria che, seppure destinata a una vita breve a causa delle tensioni politiche nazionali e internazionali legate al nuovo scenario della guerra fredda, inciderà notevolmente sugli assetti costituzionali dell’Italia e sulla ricostruzione materiale, economica, sociale, civile e umana del Paese, uscito sconfitto dal conflitto mondiale.
L’unità sindacale non sopravviverà alle tensioni della guerra fredda e dello scontro politico italiano (dopo le elezioni politiche del 18 aprile 1948, che vedono la netta affermazione della Democrazia cristiana e la sconfitta del Fronte popolare - Pci e Psi - e dopo l’attentato a Togliatti del 14 luglio, cui la Cgil reagisce con lo sciopero generale politico, la corrente democristiana decide la scissione. Il periodo delle scissioni sindacali si protrae per circa due anni, dall’estate del 1948 alla primavera del 1950) ma avrà l’indubbio merito storico di conferire al sindacalismo italiano un’importanza mai venuta meno nella struttura e nel funzionamento della nostra democrazia.
La firma del Patto di Roma è - di per sé - un evento straordinario, non solo per gli effetti che produce, ma anche per il lavoro di tessitura unitaria che lo precede e per il modo in cui viene siglato. È bene ricordare, infatti, come l’intesa venga raggiunta in piena clandestinità durante l’occupazione nazista.
“Non dimentichiamo mai - scriveva il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro - questa grande ed eroica prova vissuta dal nostro popolo: vite spezzate, sofferenze e sacrifici indescrivibili, una lotta senza sosta che pareva, a volte, senza speranza. Qui è la radice prima della nostra libertà riconquistata e della nostra democrazia. In questo contesto di guerra guerreggiata da tre anni, di occupazione tedesca tante volte spietata e sanguinosa, si è preparato, studiato e portato a temine il patto di unità sindacale noto come il Patto di Roma. Un fatto non solo di valore sindacale del tutto eccezionale, ma soprattutto di grande valenza politica (…) Fu, dunque, questo patto una nuova e più pesante sfida alla dittatura ormai in crisi irreversibile. Diventa evidente che l’apporto del mondo del lavoro alla risurrezione della nostra libertà è stato vasto, ben determinato, essenziale. Fondamentali gli scioperi del 1943 e 1944. Non era solo una ribellione alla dittatura che aveva scritto nel Codice penale lo sciopero come reato, ma per la prima volta si manifestava una contestazione corale del mondo del lavoro di fronte al prepotere del regime”.
Il Patto trae sostegno dalla spinta dei lavoratori che dal marzo 1943, e poi ancora nel novembre-dicembre 1943 e nel marzo 1944, tornano a scioperare contro il fascismo, responsabile della guerra e delle terribili condizioni di vita e di lavoro che questa comporta.
“Gli scioperi del marzo del 1943 - scriveva Lizzadri - ratificarono, dopo un mese di lotta, non soltanto la vittoria dei lavoratori sul terreno salariale. Essi segnarono qualche cosa di più: la prima, grande vera sconfitta del fascismo nei suoi elementi ritenuti i più vitali, quali la potenza della forza repressiva poliziesca e di partito, il mito della sua organizzazione, la decantata adesione totalitaria dei lavoratori e del popolo italiano al regime”.
È la resurrezione come massa della classe operaia dopo più di venti anni di oppressione, una rinascita che pone le basi di quella nuova unità delle grandi correnti sindacali storiche poi sancita dal Patto di Roma dell’anno successivo.
Gli scioperi del ’44 sono la più grande iniziativa pacifica che sia stata mai realizzata in un paese occupato dai nazisti in Europa. Ma il mondo del lavoro pagherà il prezzo di 12 mila deportati nei campi di concentramento.
In un contesto di nazione occupata militarmente e frammentata in molteplici centri di potere con diverse legittimazioni (Alleati, Repubblica di Salò, Governo Badoglio, Comitato di Liberazione), la nascita della Cgil rappresenta un’assoluta novità.
Si tratta di un’organizzazione di grandi dimensioni, unitaria e autonoma che assume il ruolo di rappresentanza dell’intero mondo del lavoro. Nelle zone liberate dagli Alleati che avanzano lungo la penisola il sindacato ricostituito funge da elemento di ordine interno favorendo la stabilizzazione. Nelle regioni centrosettentrionali rappresenta un punto di riferimento fondamentale per la Resistenza.
Dopo il 25 aprile 1945, la Confederazione darà un contributo fondamentale per la ricostruzione economica, sociale, politica e istituzionale dell’Italia, rappresentando uno degli interlocutori privilegiati dagli Alleati.
Giuseppe Di Vittorio sarà alla Costituente il relatore della Terza sottocommissione incaricata di redigere le norme costituzionali sui diritti sociali ed economici e sarà grazie all’impegno della Cgil che principi e istituti fondamentali quali la libertà sindacale, la contrattazione collettiva e il diritto di sciopero entreranno nel testo finale.
Una storia che ci rende orgogliosi del nostro essere e del nostro essere stati, con la consapevolezza, forte e inamovibile, di servire una causa grande, una causa giusta. Una causa che val bene un impegno, val bene un rischio, val bene una vita.
Perché, diceva Bruno Trentin, “lavorare per la Cgil e nella Cgil non è un mestiere come un altro, ma può essere, può diventare una ragione di vita”. Perché “ci sono delle radici che non si possono sradicare”.