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Nella notte tra il 9 e il 10 luglio 1943 le forze Alleate britanniche e americane sbarcano sulle spiagge della Sicilia, ancora controllata dalle forze dell’Asse, nell’ambito della cosiddetta “Operazione Husky”. È la seconda più imponente operazione offensiva organizzata dagli Alleati nella seconda guerra mondiale, la più vasta in assoluto nel settore del Mediterraneo. Si riversano in Sicilia 160.000 soldati: 2.590 navi da trasporto di tutti i tipi, 1.800 mezzi da sbarco, 280 navi da guerra.
È l’inizio del crollo del regime. Oltre a Mussolini, in molti erano convinti che lo sbarco degli Alleati in Sicilia sarebbe stato accolto da una forte resistenza. Ne era convinto il filosofo Giovanni Gentile quando pronunciò il suo discorso agli italiani in Campidoglio il 24 giugno 1943. Ne era convinto il capo di stato maggiore generale Vittorio Ambrosio. Ne era convinto Vittorio Emanuele quando disse a Dino Grandi: “Le nostre truppe resisteranno, combatteranno”.
La storia darà loro torto. La liberazione dell’isola verrà raccontata anche attraverso le immagini di Robert Capa. Il fotografo sarà, nel 1943, testimone in Sicilia dell’assedio di Troina, avvenuto tra il 31 luglio e il 6 agosto.
Durante quell’esperienza, nella Valle dei templi, davanti al Tempio della Concordia, la strada di Robert Capa incrocia quella di un giovanissimo Andrea Camilleri. “Nella luce abbagliante di quella mattina di luglio, il tempio m’apparve intatto - scriverà il papà di Montalbano in Una corsa verso la libertà, uno scritto contenuto nel libro di Gaetano Savatteri La volata di Calò (Sellerio) - Nello spiazzo antistante c’era un soldato americano che stava fotografando il tempio. O almeno tentava. Perché inquadrava, scuoteva la testa, si spostava di qualche passo a sinistra, Scuoteva nuovamente la testa, si spostava a destra. A un tratto si mise a correre, si fermò, cercò un’altra angolazione. Neppure questa volta si mostrò contento. Io lo guardavo meravigliato. Il tempio quello era, bastava fotografarlo e via. Che cercava? Doveva essere un siciliano, lo si capiva dai tratti, forse voleva portare un ricordo ai suoi familiari in America".
"In quel momento, fummo assordati da un rumore di aerei e di spari. In cielo, ma a bassissima quota, si stava svolgendo un duello tra un aereo tedesco e uno americano. Mi gettai a terra. Anche il soldato si gettò a terra, ma, al contrario di me, a pancia all’aria. Scattava fotografie una appresso all’altra senza la minima indecisione, la macchina tra le sue mani era un’arma, una mitragliatrice. Poi i due aerei scomparvero. Ci rialzammo, gli dissi qualcosa in dialetto. Non capì. Io non parlo inglese, ma qualche parola la capisco. Mi spiegò che era un fotografo di guerra. Mi scrisse su un pezzetto di carta il suo nome: Robert Capa. Per me, allora, un perfetto sconosciuto. Ci salutammo. Ripresi la bicicletta, tanto la strada ora era tutta in discesa”.
Tanto la strada ora era tutta in discesa.