Discutere del presente e del futuro della mobilità sostenibile ed elettrica, mettendo a confronto il mondo del lavoro e dell’ambientalismo sul tema della giusta transizione. È stato questo il convegno nazionale “Mobilità sostenibile al lavoro” che si è svolto il 13 e 14 marzo a Torino e in streaming su Collettiva, organizzato dell’Alleanza Clima Lavoro, promossa tra gli altri da Sbilanciamoci, Cgil Piemonte, Fiom, Flai, Filt e associazioni ambientaliste, con 6 sessioni, 4 gruppi di lavoro e 35 relatori.
Il futuro è l’elettrico
“La just transition serve per salvaguardare la nostra base industriale, i posti di lavoro e raggiungere gli obiettivi di contrasto al cambiamento climatico e di decarbonizzazione dell’economia – spiega Duccio Zola di Sbilanciamoci -. Crediamo che il futuro della mobilità sia l’elettrico e che solo investendo in questa direzione si possa assicurare un futuro ai lavoratori e rilanciare la produzione auto. Per questo siamo preoccupati per quanto sta avvenendo nell’Unione europea e dal nuovo indirizzo intrapreso da Ursula von der Leyen e dal recente Automotive action plan, perché non contiene le indicazioni necessarie per tutelare sostenibilità e piena occupazione”.
Dal verde alle armi
Centrali nella discussione le politiche europee sul Green Deal, i conseguenti piani industriali e l’attualissimo problema dello spostamento delle risorse dal sistema generale della transizione verso l’economia bellica, che metterà a rischio la riuscita stessa di queste trasformazioni e le tempistiche con le quali si arriverà a realizzarle. Senza trascurare il tema delle deregulation, e cioè le decisioni e le azioni attraverso le quali la Commissione europea inizia ad allargare le maglie, allungare i tempi, reinserire il nucleare e tenere il gas tra i combustibili di transizione, non prendendo così più sul serio l’obiettivo dell’elettrificazione dalle rinnovabili.
Il caso italiano
Spazio quindi agli approfondimenti con esperti e operai su batterie, materiali critici, dazi e multe, automotive e lavoro e poi un punto sul caso italiano e sulle politiche e gli interventi per l’automotive. Sono emerse due tensioni: quella dell’industria a tirare ancora avanti e rimandare i cambiamenti tecnologici che andrebbero fatti e che sono disponibili, con l’obiettivo di fare pressioni sulle istituzione, far saltare gli obiettivi di transizione e tenere la macchina a motore endotermico per quanto possibile. E la questione della neutralità tecnologica che la Commissione e il governo Ue considerano importante per far sì che il mix di combustibili ci aiuti nella transizione.
La più grande innovazione
“Noi rischiamo di essere tagliati fuori da quella che la più grande innovazione dell’industria dell’automobile da più di mezzo secolo, che è il passaggio alla mobilità elettrica – afferma Giorgio Airaudo, Cgil Piemonte -. L’Italia non ha più un produttore nazionale, siamo in un grande gruppo che è Stellantis che ha prodotto 300 mila auto l’anno scorso, mentre quest’anno arriverà a stento a 250 mila. Si rischia una vera e propria estinzione dell’automobile, che oggi è scongiurata dall’uso della cassa integrazione. Avremmo bisogno di ottenere più prodotti da Stellantis, più certezze su questi prodotti, utilitarie elettriche e non solo auto di lusso, e avremmo bisogno che la mobilità elettrica venisse aiutata e sostenuta. Inoltre servono nuovi produttori e politiche che consentano di attrarre investimenti. Questa transizione non sarà breve: ci vogliono risorse europee per sostenere gli ammortizzatori sociali”.
La politica energetica nel nostro Paese, anche alla luce dell’elevato costo della bolletta per cittadini e imprese, lo sviluppo delle rinnovabili, la dimensione politica europea e le azioni da intraprendere a Bruxelles e a Strasburgo per promuovere la giusta transizione, tra gli altri temi della due giorni dell’Alleanza.
Tecnologie mature
“Siamo a un crocevia – spiega Andrea Boraschi, direttore di Transport&Environment Italia -. Negli ultimi anni molti settori della nostra economia hanno dimostrato una curva discendente delle emissioni. Il settore che non stiamo riuscendo a decarbonizzare è quello dei trasporti: in questo ambito la maggior parte delle emissioni viene dai trasporti su strada. Se l’Europa e le nostre economie vogliono essere serie rispetto alla sfida del clima devono intervenire radicalmente. Le soluzioni tecnologiche su scala industriale esistono e sono mature. Su di essere si addensano tensioni, problemi e conflitti che stanno causando una crisi grave del settore dell’automotive. È una crisi relativamente ingiustificata da un punto di vista industriale, ma queste tensioni rischiano di scaricarsi sul lavoro e sugli obiettivi della transizione”.