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Due miliardi e mezzo di euro investiti negli ultimi 17 anni dai governi regionali per fare fronte alla siccità con dighe, pozzi, reti di collegamento. Una cabina di regia costituita ad aprile scorso dall’attuale presidente siciliano Renato Schifani. Un nuovo piano chiesto dal governo Meloni da 1 miliardo 400 milioni di euro per contrastare l’emergenza.
Tre nuovi dissalatori, a Gela, Porto Empedocle e Trapani, da mille litri al secondo, per 50 milioni di euro finanziati del Fondo sviluppo e coesione. E poi tanti altri progetti ancora senza stanziamenti, dal ripristino delle condotte alla pulizia dei letti delle dighe.
Occupy la diga
Nonostante questo, nonostante tutto, la Sicilia continua a soffrire la sete. Così, mille cittadini di cinque comuni della provincia di Enna, capitanati dai loro sindaci, hanno messo in atto una rivolta per l’acqua.
Hanno occupato il potabilizzatore della diga dell’Ancipa (Enna), e bloccato l’invaso e la condotta che da lì parte e va a Caltanissetta: più acqua per le loro case e le loro strutture, e meno per quelle dell’altra provincia che ormai la riceve una volta a settimana e si rifornisce da silos controllati dalle telecamere. Una vera e propria guerra tra assetati, dove a perdere sono sempre i cittadini.
Sindaci in prima linea
“Siamo solidali con i sindaci e con la loro legittima protesta - affermano i segretari di Cgil Sicilia e di Enna, Alfio Mannino e Antonio Malaguarnera -. Otto mesi di cabina di regia regionale sono stati otto mesi di chiacchiere, senza che l’acqua erogata sia aumentata di un solo litro. Ora Schifani risponde di volta in volta a chi, anche qui legittimamente, gli tira la giacca, senza che il sistema faccia un passo in avanti. Questo sì che è un comportamento irresponsabile”.
Meglio l’acqua o il ponte?
A soffrire non sono soltanto le province alimentate dall’invaso di Ancipa. Mentre nell’ultima riunione del Comitato per la programmazione economica e lo sviluppo sostenibile un colpo di mano del governo ha dato una spinta al progetto del ponte sullo Stretto, concedendo un ulteriore finanziamento di 3 miliardi di euro, la Sicilia sta vivendo la più grave crisi idrica di tutti i tempi.
Avamposto mondiale del cambiamento climatico, la Trinacria è isola monsonica e siccitosa insieme: qui il climate change è un fattore chiave dell’estrema scarsità di acqua, stando al recente studio del World Weather Attribution di Londra che ha coinvolto anche la Sardegna.
Siccità da cambiamenti climatici
“La siccità è ancora in corso – scrivono gli scienziati - e con l'avvicinarsi della fine dell'estate boreale le riserve idriche delle due isole sono quasi vuote. Nonostante il razionamento sia in atto da febbraio, l'acqua non è stata disponibile per l'irrigazione in molte aree significative, con gravi conseguenze per l'agricoltura e il bestiame”.
Gli accademici del Wwa mettono sull’avviso: a meno che non si smetta rapidamente di bruciare combustibili fossili, questi eventi diventeranno ancora più comuni in futuro. “In un mondo di 2°C più caldo rispetto al periodo preindustriale - scrivono gli esperti -, cosa che potrebbe accadere già nel 2050 senza grandi e rapide riduzioni delle emissioni di gas serra, siccità come quelle in Sicilia e Sardegna diventeranno più frequenti. Una gestione efficace del rischio di siccità in queste regioni richiede un'attenzione costante alla preparazione e all'adattamento a lungo termine. Investire in infrastrutture resilienti, strategie di conservazione dell'acqua e gestione sostenibile delle risorse è fondamentale per mitigare gli impatti della siccità”.
Tubature colabrodo
Le stesse raccomandazioni che fanno amministratori locali, sindacati, movimenti, organizzazioni, cittadini. Chiedono interventi che prevedono la manutenzione delle tubature, dove l’acqua dispersa è pari a 100 metri cubi al giorno per chilometro di rete, con perdite pari al 51,6 per cento rispetto al totale distribuito e il recupero di parte dei finanziamenti del Fondo di coesione.
Nel frattempo, sono molte le città che vivono il razionamento dell’acqua, non fa eccezione Palermo anche se in modo ridotto, graziata perché capoluogo di regione e perché meta di turismo. Per non parlare delle aree interne e le campagne, dove si sopravvive grazie ai carichi trasportati dalle autobotti.
Emergenza in Basilicata
L’emergenza idrica non si ferma alla Sicilia. In Basilicata, in 29 comuni che dipendono dal sistema idrico Basento-Camastra per il loro approvvigionamento, compresa Potenza, l'acqua esce dai rubinetti solo poche ore al giorno, e quando arriva non è sempre limpida. Nonostante la regione sia tradizionalmente ricca d’acqua, circa 140 mila lucani stanno affrontando una crisi senza precedenti, con interruzione del servizio che in alcuni casi superano le 30 ore consecutive.
Lo scippo
“Anziché minacciare i sindaci e scaricare su di loro responsabilità che non hanno - aggiungono Mannino e Malaguarnera - il presidente della Regione metta a sistema ciò di cui la Sicilia dispone e intervenga sul governo nazionale che con i suoi irresponsabili tagli al Fsc sottrae pure risorse destinate a interventi per la crisi idrica. Siamo con le comunità locali e con i loro più diretti rappresentanti, i sindaci, e ci chiediamo da che parte stia il governo regionale. Non ha affrontato per tempo il problema dell’acqua e ora annaspa: oltre a continuare a non fare nulla di decisivo, non ha pronunciato nessuna parola, non ha avuto alcuna reazione di fronte all’ennesimo scippo alla Sicilia”.