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Dalla proposta all’approvazione in meno di due mesi, appena in tempo per portare a casa il risultato prima delle elezioni di giugno. Ha bruciato tutti i record di velocità la modifica della politica agricola comune che ha ricevuto il via libera finale dal Consiglio dell’Ue a metà maggio, su proposta della Commissione europea e con il benestare dell’europarlamento, questa volta senza proteste dei trattori e senza intoppi. Anche perché le misure che riformano la Pac sono una risposta pensata proprio per mettere a tacere quelle proteste.
Peccato che rappresentino un chiaro passo indietro sulla strada del Green Deal, il patto verde varato nel 2019 dall’Unione per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, che ha messo l’agricoltura al centro della transizione ecologica.
Paga l’ambiente
A farne le spese, infatti, sono gli obiettivi ambientali: sono state modificate alcune delle buone condizioni agronomiche e ambientali, le “condizionalità” così definite per il nesso tra il rispetto dei requisiti da parte degli agricoltori e il sostegno economico fornito.
In pratica, gli agricoltori potranno effettuare una diversificazione delle colture al posto della rotazione, non avranno l’obbligo di lasciare una parte di terreni a riposo per favorire il suolo e la biodiversità, gli Stati membri avranno maggiore flessibilità sulle pratiche per la protezione del suolo, le piccole aziende di meno di 10 ettari saranno esentate dai controlli e dalle sanzioni relative al rispetto dei requisiti di condizionalità.
Un favore ai trattori
“Queste revisioni sono una risposta immediata alle richieste degli agricoltori europei che avevano portato alla protesta dei trattori – afferma Davide Fiatti, segretario nazionale Flai Cgil -. Non sono scelte frutto di un ragionamento strutturale, di lungo periodo. In pratica è una risposta elettorale, peraltro miope e anche contradditoria. Infatti, attenuando le norme che intervengono sull’impatto ambientale dell’agricoltura, si depotenziano gli elementi della Pac che hanno l’obiettivo di incidere sulla cause degli eventi meteorologici sempre più catastrofici. Se riduci gli interventi mirati a perseguire e raggiungere la transizione ecologica, fai dei passi indietro che danneggiano e non agevolano il settore”.
Un terzo delle emissioni globali
L’agricoltura, infatti, è responsabile di un terzo delle emissioni globali, in gran parte causate dagli allevamenti intensivi e dalle sostanze chimiche utilizzate, e allo stesso tempo è minacciata dagli eventi climatici estremi: dalle alluvioni alla siccità, dalle bombe d’acqua alle grandinate, dalle ondate di calore alle tempeste di vento. Quando le condizioni climatiche peggiorano, a pagare il prezzo più alto sono proprio gli agricoltori.
Dov’è la sostenibilità?
“L’unica risposta trovata alle proteste, peraltro legate a questioni economiche come l’aumento del costo dei carburanti, è stata allentare le tutele ambientali – afferma Simona Fabiani, responsabile Cgil politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione -. Deroghe ai vincoli e ai requisiti ambientali, le cosiddette buone pratiche, fissati per poter accedere ai sostegni della Pac. Prima era stato anche ritirato il progetto di legge presentato da Bruxelles che mirava a dimezzare l’uso dei prodotti fitosanitari chimici entro il 2030, elemento chiave del patto verde europeo. Sono dei palesi passi indietro. Stando al Green Deal dovremmo puntare sulla sicurezza alimentare e su un sistema sostenibile, anche con la riduzione del consumo di alimenti di origine animale. Ma una parte consistente dei finanziamenti della Pac vanno proprio agli allevamenti intensivi. Inoltre, si dovrebbero garantire alimenti nutrienti, di qualità e a prezzi accessibili a tutti. Ma se si eliminano le normative sulla riduzione dei pesticidi e dei fertilizzanti, che hanno come obiettivo la tutela della salute e dell’ambiente, si contravviene alle linee di indirizzo verdi”.
Settore cruciale
Una retromarcia bella e buona, quindi, rispetto ai principi ispiratori della Pac in vigore per gli anni 2023-2027, approvata nel 2021 con l’intento di rafforzare il contributo dell’agricoltura agli obiettivi ambientali e climatici dell’Unione, un settore cruciale cui è destinato un terzo del bilancio Ue perché è tra i meno remunerativi, tra i più soggetti alle condizioni climatiche e tra i primi chiamati alla tutela dell’ambiente.
Glifosato e Ogm
Come se non bastasse, in tema di pesticidi nel dicembre scorso la Commissione ha deciso di prolungare di dieci anni l’autorizzazione al commercio dei prodotti a base di glifosato, erbicida classificato come probabile cancerogeno dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro. A febbraio il Parlamento europeo ha dato il via libera alla proposta della Commissione sulla deregolamentazione dei nuovi Ogm, nonostante la ricca letteratura scientifica sugli effetti potenzialmente negativi di queste nuove tecniche, l’impatto sull’agricoltura biologica e tradizionale non Ogm e la contrarietà della maggioranza dei cittadini italiani ed europei.
Transizione vo cercando
“Il punto è: dove e quali sono gli investimenti pubblici per la transizione ecologica? – chiede Monica Di Sisto, vice presidente di Fairwatch -. Non c’è un impegno vero dei Paesi dell’Unione per la protezione dei suoli, contro il loro impoverimento, interventi strategici per gli eventi meteorologici avversi e imprevisti: tutte cose necessarie se si vuole fare transizione vera e non semplice narrativa. Ma poi si sdoganano i nuovi Ogm, che al netto dei possibili effetti sulla natura, hanno dimostrato di avere un grosso impatto sulla biodiversità. Il vero tema infatti è quello dei brevetti e della privatizzazione delle risorse genetiche: vengono propagandati come rimedio ai cambiamenti climatici ma questa è una sciocchezza pari a quella che promuoveva i vecchi Ogm per la lotta alla fame. E nonostante tutti i rischi, si inizia a sperimentarli anche in campo aperto”.