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In Italia non c’è solo un’area vastissima a cavallo tra tre province del Veneto a essere contaminata dai tristemente famosi Pfas. In Piemonte, ad Alessandria per la precisione, nel sobborgo di Spinetta Marengo, da decenni la ex Solvay, oggi Syensqo, usa e produce sostanze chimiche perfluoroalchiliche. Che, le analisi lo hanno e lo stanno dimostrando, finiscono nelle acque, nei terreni, nell’aria.
Adv e cC6O4
“In questo stabilimento si usano i Pfas in maniera significativa da 25 anni, prima li compravano dalla Miteni di Trissino (quella che oggi è sotto processo, ndr) – racconta Franco Armosino, segretario generale della Cgil di Alessandria -. Poi hanno iniziato a brevettarli loro e così hanno inventato l’Adv, che è una delle sostanze più pericolose, e il cC6O4, che è a catena corta ed è tuttora in produzione. Quest’ultimo proprio perché è un brevetto Syensqo, porta il marchio di fabbrica. Oggi lo si rintraccia in giro per il territorio, le analisi effettuate da diversi enti, Asl, Arpa, Cnr, l’hanno trovato nei corsi d’acqua, nei pesci, negli ortaggi, anche a chilometri di distanza dal sito”.
Cgil parte civile
La Cgil si è costituita parte civile nel primo processo Solvay iniziato nel 2016 e finito nel 2019 in Cassazione per disastro ambientale doloso, poi derubricato in colposo: in quel caso l’inquinamento era da cromo esavalente. La Cgil si è costituita parte civile con un gruppo di Comuni anche nel secondo processo avviato a settembre 2024, sempre per disastro ambientale. L’accusa mossa alla multinazionale: non aver fatto sufficienti interventi dopo la prima condanna, dal bonificare i terreni contaminati all’impedire ulteriori fuoriuscite di inquinanti nelle falde.
Grave inquinamento
“Qui c’è un inquinamento ad ampio spettro – prosegue il sindacalista -. Non c’è solo il cancerogeno cromo esavalente. Nell’atmosfera, nell’aria che respirano gli abitanti del quartiere, è stata rilevata la presenza di cloroformio stabile, che non esiste in natura”.
Di recente la Solvay è stata protagonista di gravi episodi di contaminazione da Pfas, come il rilascio di schiume nel fiume Bormida, comprovato dalle indagini di Arpa Piemonte che hanno rivelato alti livelli di contaminazione nelle acque e nei terreni circostanti lo stabilimento. Mentre le ultime ricerche di Greenpeace hanno evidenziato tracce di cC6O4 nelle acque potabili di Torino, della Val di Susa e in alcuni comuni della provincia di Sondrio.
Mille lavoratori
Ma che cosa accade all’interno dello stabilimento, che dà lavoro a 600 dipendenti diretti e altri 400 tra indotto e appalti? “Quello che rileviamo noi è che c’è qualcosa che esula dal passato – spiega Armosino -. Mentre alcune patologie colpivano principalmente persone che avevano lavorato e vissuto lì a lungo, oggi dentro e fuori la fabbrica riscontriamo che ci sono ragazzi giovani che si ammalano. Dopo due anni di lavoro sviluppano una patologia: questo vuol dire che ciò che li fa ammalare non è una sostanza usata in passato, ma potrebbero essere i Pfas di ultima generazione, che hanno sostituito i vecchi”.
Ma si tratta di un ragionamento deduttivo, considerato che le indagini epidemiologiche sono tutte datate e che la più recente, che ha evidenziato casi più frequenti di Alzheimer e Parkinson e di malattie del sistema nervoso centrale dei bambini, risale al 2019.
Biomonitoraggio
Dopo anni di attesa, a novembre scorso ha preso il via il bio monitoraggio degli inquinanti Pfas nel sangue dei cittadini di Spinetta Marengo attivato dalla Regione Piemonte. Una chiamata su base volontaria rivolta a chi abita nelle immediate vicinanze del polo chimico ex Solvay.
“Ha coinvolto 150 persone, i primi risultati dovrebbero essere noti a giorni – dice ancora Armosino -. Per avere un quadro completo, però, le analisi dovrebbero poi man mano allargarsi fino a un raggio di 5 chilometri dal sito industriale e coinvolgere una popolazione potenziale di 15 mila abitanti. Ma a noi non basta. Sono urgenti e necessari un’indagine epidemiologica completa e aggiornata e un protocollo che inserisca le persone nei percorsi di prevenzione già da adesso per tutte le patologie che sono state individuate”.
Bonifiche qui e adesso
Poi c’è la questione delle bonifiche, fondamentale. “Bisogna imporre all’azienda la bonifica dei terreni ora, mentre ancora c’è ed è in attività - conclude il segretario della Camera del lavoro di Alessandria -. Se la fabbrica chiude e la multinazionale se ne va, lascerà tutto così com’è, un’eredità pesantissima di veleni e inquinamento che lo Stato non prenderà in mano in uno stabilimento che è grande come una città. Questa società guadagna cifre astronomiche, qui fabbricano polimeri speciali, prodotti usati dalla Nasa e per i satelliti, gomme che costano 24-25 mila euro al chilo, tecnologie avanzate che servono per le batterie a idrogeno, lubrificanti. È un’azienda che ha tassi di crescita economica pari a quelli della Cina, del 20 per cento all’anno. Quindi i soldi per fare la manutenzione e bonificare i terreni ce li hanno”.