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Si chiamano siti di interesse nazionale. Sono individuati per legge in relazione alle loro caratteristiche, alla quantità e pericolosità degli inquinanti presenti, al rilievo dell’impatto in termini di rischio sanitario ed ecologico e di pregiudizio per i beni culturali e ambientali. In Italia sono 41, si trovano in tutte le regioni tranne il Molise: per essi lo Stato ha predisposto specifiche procedure per gestirli, metterli in sicurezza, bonificarli. A proprie spese. Aree industriali dove incidenti hanno provocato il rilascio di inquinanti, territori in cui vengono smaltiti rifiuti in modo incontrollato, che si estendono sia a terra che in mare e arrivano a ricoprire superfici anche molto ampie.
Come nel caso del sito di Casale Monferrato, in Piemonte, che con un’estensione di quasi 74.000 ettari è il più grande d’Italia: non solo una città, ma un’intera area che abbraccia 48 comuni del comprensorio con circa 100mila abitanti. Qui ha operato per 80 anni l’azienda Eternit, produttrice di amianto, un’attività che ha provocato gravi danni all’ambiente e alla salute non solo dei lavoratori ma di tutta la popolazione. “Qui si continua a morire di mesotelioma pleurico, anzi si calcola che gli anni compresi tra il 2020 e il 2024 siano proprio quelli del picco– dice Franco Armosino, segretario generale Camera del lavoro di Alessandria -. La presenza della Eternit ha causato una strage prima di chi ci lavorava e oggi di tutti coloro che sono vissuti qui, persino di chi ha fatto il militare. È una storia legata all’inquinamento ambientale pesantissimo di questo territorio”.
“Le bonifiche sono iniziate nel 1998 e da allora vanno avanti ininterrottamente da 22 anni, naturalmente a carico della collettività, e cioè dello Stato, della Regione, del Comune – racconta Nicola Pondrano, coordinatore vertenza amianto Cgil Piemonte -. L’azienda nel 1986, di fronte alla marea di denunce penali presentate da noi della Cgil, ha chiuso lo stabilimento e presentato istanza di fallimento. Sono letteralmente scappati, davanti allo scandalo, ai giornali che titolavano ‘Eternit, la fabbrica della morte’, alle accuse”.
La bonifica dello stabilimento di Casale, un’area di 94mila metri quadrati, di cui circa 50mila coperti da lastre di fibrocemento, è diventata il simbolo della lotta all'amianto. Nel 1995 l'amministrazione comunale decise di acquistare l'ex insediamento produttivo, ormai in stato di abbandono e possibile fonte di inquinamento atmosferico, per dare inizio agli interventi per il recupero dell'area. I lavori di smantellamento, dismissione e messa in sicurezza, sono terminati nel 2006. L’area è stata ricoperta con una spianata di cemento e, nei sotterranei, sono stati confinati i manufatti e il materiale di risulta delle demolizioni. Una specie di sarcofago che chiude tutta l’area. Sopra è stato messo uno strato di terra vegetale diventato il Parco Eternot, inaugurato nel 2016, un’area verde di salute e benessere che ha preso il posto della fabbrica della morte, 109 anni dopo l’apertura dei cancelli.