In Italia c’è un settore industriale che tutto il mondo ci invidia. Per la qualità e il design dei prodotti, per l’innovatività dei processi, e adesso anche perché è all’avanguardia nel campo dell’economia circolare. È il comparto della ceramica, 130 realtà per 18 mila addetti diretti che realizzano pavimenti, rivestimenti, arredi e piani di lavoro di straordinaria fattura ed eleganza, 450 milioni di metri quadri per un fatturato di oltre 6 miliardi di euro. Un ambito produttivo dove il sindacato è motore attivo della trasformazione, anche grazie a buone relazioni industriali e diffusi accordi di secondo livello.
Leader mondiale per l'esportazione, circa l’85 per cento, il settore però è storicamente problematico sotto il profilo ambientale: è altamente energivoro per le elevate temperature che i forni di cottura devono raggiungere, 1200-1300° C, senza mai essere spenti, emette gas in atmosfera, ha un considerevole consumo idrico e scarichi di acque reflue. Insomma, un’eccellenza del made in Italy ma anche un comparto cosiddetto hard-to-abate, dove cioè è più difficile abbattere le emissioni di gas serra. Ma proprio qui ci sono aziende illuminate che hanno intrapreso un percorso verso la sostenibilità, spinte da scelte etiche e valoriali che guardano al futuro, che neppure la crisi in atto può fermare.
È il caso della Florim di Fiorano Modenese, in provincia di Modena. Nel 2009, anno terribile per il settore, che ha fatto registrare un calo complessivo medio del 27 per cento del fatturato, ha pubblicato il suo primo bilancio si sostenibilità, con pregi e difetti, impegni e obiettivi. “Oggi siamo alla 14esima edizione, e siamo convinti che questo strumento abbia aiutato l’azienda e i collaboratori a migliorare le prestazioni in tutti gli ambiti – racconta il presidente Claudio Lucchese -. Abbiamo iniziato a installare impianti fotovoltaici e di cogenerazione per poter autoprodurci l’energia. Poi ci siamo avvicinati all’ospedale di Sassuolo per inserire all’interno dei nostri spazi un centro di simulazione che oggi è considerato uno dei più avanzati d’Italia da un punto di vista tecnologico”.
Tracciamento delle materie prime che sono al 90 per cento naturali, riutilizzo di tutta l’acqua del processo produttivo, recupero di quella piovana, uso di materiali riciclati e di imballaggi riciclabili e anche azioni di sostenibilità sociale a favore dei dipendenti e del territorio hanno portato l’azienda a ottenere la prestigiosa certificazione B Corp rilasciata da un ente indipendente, dopo un percorso di analisi e verifica sulla base di rigidi standard.
“Già dagli anni Ottanta si è partiti con le innovazioni tecnologiche, la sostituzione dei forni a tunnel con forni a rullo, e negli ultimi 15-20 anni c’è stata la ristrutturazione dovuta alla digitalizzazione – spiega Fabio Di Giuseppe, segretario di Filctem Cgil Modena, la categoria sindacale di riferimento del comparto -. Le trasformazioni hanno riguardato anche i lavoratori, che grazie a percorsi di formazione mirati sono passati dall’osservazione alla gestione del prodotto e del processo”.
Lavoratori che sono per il 98 per cento dipendenti a tempo indeterminato: grazie alla contrattazione di secondo livello ci sono stati processi di stabilizzazione degli addetti in somministrazione, un percorso che prosegue tuttora. “Le buone relazioni industriali qui fanno la differenza, portano a buona occupazione e lavoro di qualità – aggiunge Di Giuseppe -. Il sindacato e tutti gli addetti che rappresentiamo hanno collaborato tantissimo a costruire la ricchezza di questo distretto, non senza scontri duri, ma sempre con l’obiettivo comune della crescita e del progresso e del benessere lavorativo. Questa è una grande forza, che bisogna consolidare anche per affrontare le sfide che ci aspettano. Prima tra tutte, l’energia: nonostante le innovazioni impiantistiche che consentono di abbattere i costi e le emissioni di CO2 nell’aria, ci vogliono misure urgenti della politica”.
La Iris Ceramica Group è un altro esempio di come transizione ed economia circolare vadano a braccetto con lo sviluppo teconologico. “Nel 2018 siamo arrivati a realizzare impianti industriali a emissioni zero, con l’uso di un rigeneratore termico che azzera le molecole organiche volativi – spiega Federica Minozzi, Ceo dell’azienda di Castellarano, in provincia di Reggio Emilia -. Le nostre unità produttive applicano da anni soluzioni mirate al risparmio energetico e alla massima riduzione dell’impatto ambientale. E oggi arriviamo a parlare della prima fabbrica ceramica al mondo alimentata parzialmente a idrogeno”.
Come? È allo studio e in fase di realizzazione un impianto di produzione di idrogeno green che andrà ad alimentare forni ceramici e atomizzatori, le due macchine che consumano maggiormente gas naturale. “Questo progetto prevede l’installazione sui capannoni di 20 mila metri quadrati di pannelli fotovoltaici per una potenza di 2 Megawatt – dice Minozzi -. L’idea è avviare il progetto alla fine di quest’anno con l’utilizzo di un blend variabile di idrogeno e metano, per arrivare all’estate 2023 all’autoproduzione e al 2024 a una miscela al 50 per cento di idrogeno e gas. In linea con l’equazione coniata da mio padre, il fondatore di Iris, ‘economia=ecologia’”.