L’idea che il governo ha dell’istruzione e della ricerca è evidente da tanti punti di vista, a partire da come viene trattato il personale. Per Christian Ferrari, segretario confederale della Cgil, infatti, “è emblematica la decisione di stanziare in legge di bilancio per il rinnovo del contratto fondi sufficienti a coprire appena un terzo dell’inflazione cumulata negli ultimi anni”.

Le cifre sono eloquenti: a partire dal 2025 si prevede un aumento del trattamento economico accessorio che è pari ad appena lo 0,22% del monte salari che però riguarda solo i docenti e non il personale Ata. Quanto al contratto, gli incrementi previsti per il 2022-24 arrivano al 6%, a fronte di un’inflazione del 18%.

Una riduzione dei salari programmata

Per Ferrari il senso è chiaro: “Si è deciso di programmare il drastico impoverimento di lavoratrici e lavoratori che svolgono un ruolo decisivo per la crescita culturale e civile delle nuove generazioni e che sono già tra i meno pagati d’Europa”. Anche i piccoli miglioramenti sono di segno ambivalente: se infatti la card docenti viene estesa al personale supplente annuale con nomina al 31 agosto, vengono esclusi gli oltre 140 mila docenti precari con nomina al 30 giugno. Non solo: per far fronte a questo parziale allargamento della card ai docenti supplenti si prevede che il beneficio, oggi pari a 500 euro annui, possa essere ridotto.

Insomma, attacca il sindacalista, “avevamo fin troppo chiaro quale fosse l’idea di fondo in materia di istruzione pubblica e ricerca del governo in carica, e non c'era certo bisogno di conferme. Le conferme sono comunque arrivate, per l’ennesima volta, con la legge di bilancio. Appena ne ha la possibilità, la Destra le risorse per il settore della conoscenza le taglia brutalmente”. Ma è tutto il capitolo dedicato a istruzione e ricerca che conferma questa idea.

Per la scuola niente

Per la scuola viene disposta l’istituzione di un fondo di 386 milioni destinato genericamente alla valorizzazione del sistema scolastico, una cifra irrisoria rispetto agli obiettivi che ci si prefigge. Irrisoria allo stesso modo la stabilizzazione di 2.000 insegnanti di sostegno in due anni a fronte di 120 mila posti in deroga assegnati ogni anno.

Quanto al personale, a partire dall’anno scolastico 2025-2026 si prevede una riduzione drastica della dotazione organica: 5.660 di docenti dell’organico dell’autonomia, mentre per gli Ata il taglio di 2.174 unità è rinviato all’anno successivo, un piccolo passo indietro quest’ultimo frutto delle battaglie sindacali.

I soldi ci sono? Dipende…

A fronte di tagli e mancati investimenti, a dimostrazione dell’impostazione ideologica del governo, sottolinea Ferrari, c’è invece “la decisione di investire sui campus della filiera tecnologico-professionale, con il chiaro obiettivo di mettere la scuola al servizio di questo o quel contesto produttivo”. Si interviene infatti sul fondo per la promozione dei campus della filiera formativa tecnologico-professionale, incrementandone la dotazione di 15 milioni per il 2026. Insomma: quando si vuole un po’ di soldi si trovano, come è confermato dall’incremento del finanziamento per le scuole paritarie di 50 milioni di euro per l’anno 2025 e di 10 milioni di euro l'anno dal 2026.

Le risorse, però, si possono anche spostare. Clamoroso il caso dello stanziamento aggiuntivo di 500 mila euro - briciole comunque - previsto per l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole che il governo sta cercando di dirottare verso la formazione sui temi della natalità e della fertilità rivolta ai docenti.

Università e ricerca: tagli e niente investimenti

Anche per questi settori nessun cambio di marcia. La legge di bilancio 2025 conferma il trend di riduzione di investimenti al settore università e ricerca. A parte lo stanziamento di 9 milioni di euro finalizzato alla stabilizzazione dei ricercatori del Cnr, ottenuto grazie alla mobilitazione del personale (ma non ancora finalizzato: i ricercatori continuano a essere in assemblea permanente) e lo slittamento di un anno del blocco del turn over per i ricercatori di università e enti pubblici di ricerca, mancano le risorse necessarie per il funzionamento ordinario e quelle necessarie per un piano di reclutamento, ormai indispensabile in questi settori, falcidiati dalla precarizzazione dei contratti di lavoro e da tagli alle risorse che ci allontanano sempre più dagli standard europei.

Ferrari, Cgil: non c’è nulla di casuale

"Tutto questo non ha nulla di casuale o contingente, è semplicemente frutto di un’impostazione di fondo: il non credere che la cultura, la conoscenza, l’istruzione siano un formidabile strumento di emancipazione e di progresso dell’intera società”, attacca Ferrari.

"Anche contro questa politica, miope e controproducente, abbiamo organizzato lo sciopero generale del 29 novembre, che era stato preceduto dallo sciopero della categoria”, conclude il sindacalista.