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Si è già messa in moto la macchina organizzativa per il 25 novembre, la Giornata internazionale contro la violenza sulle donne. Nelle ultime settimane molte delle questioni al centro del dibattito sono state anticipate da diverse iniziative, come la mobilitazione dello scorso 10 novembre contro il disegno di legge Pillon o le cordate di opposizione a garanzia della legge 194. Un segno tangibile che sul fronte dei diritti e delle tutele le donne sono unite e non intendono arretrare. Anche per quest’anno Cgil, Cisl e Uil scenderanno in piazza per denunciare la violenza in tutte le sue forme, compresa la discriminazione in ambito lavorativo. Purtroppo, seppur vero che assistiamo a un calo generale dei reati, per il femminicidio non c’è stata un’inversione di tendenza. “Per sconfiggere la violenza le leggi non bastano: bisogna cambiare la testa delle persone’’, sottolinea la vicepresidente della Camera dei deputati Mara Carfagna in occasione del lancio dello spot #nonènormalechesianormale promosso dalla Camera.
La condanna di tutte le discriminazioni e gli atti di violenza fondati sul genere, sia nella vita pubblica sia nella sfera privata, vede allineati i segretari generali di Cgil, Cisl e Uil (Susanna Camusso, Anna Maria Furlan e Carmelo Barbagallo). I numeri, che chiamano in causa le organizzazioni sindacali, ci descrivono un Paese in cui l’8,5 per cento delle lavoratrici dichiara di aver subito molestie o ricatti sul posto di lavoro. Pochissime, però, sono le donne che denunciano, per timore di perdere l’impiego o per vergogna. Lo stigma della vergogna, spesso accompagnato dalla mancanza di fiducia verso le istituzioni, riguarda anche la violenza in ambito domestico. Secondo i dati diffusi dalla rete dei centri anti-violenza Dire - Donne in rete contro la violenza, il maltrattante è quasi sempre il partner o l’ex partner, nel 65 per cento dei casi sono uomini di origine italiana e nel 23 per cento di origine straniera. Anche questa statistica sconfessa la narrazione strumentale di alcuni esponenti politici interessati alla difesa delle donne solo per fini propagandistici.
Rispetto alle conseguenze dell’introduzione tout court della cosiddetta “bigenitorialità perfetta” si sono schierate sia la rete delle associazioni femminili sia la Cgil, sottolineando che questo disegno di legge penalizza e isola le donne, compromettendo la possibilità di allontanarsi da situazioni familiari di violenza e soggezione psicologica. Loredana Taddei, responsabile delle Politiche di genere della Cgil nazionale, afferma: “Il ddl Pillon su separazione e affido rappresenta un regolamento di conti con l’universo femminile e le donne sono scese in piazza per fermarlo. Anche l'Onu, attraverso le relazioni di Dubravka Šimonović e Ivana Radačić, ha ammonito il governo italiano manifestando grave preoccupazione riguardo a questa proposta normativa”. Le donne sono i soggetti economicamente più vulnerabili nella coppia e mediamente hanno stipendi più bassi anche a parità di lavoro. “Riteniamo allarmante che le tematiche del lavoro occupino uno spazio così marginale nel Piano strategico nazionale sulla violenza maschile contro le donne per il triennio 2017-2020" prosegue Taddei: "Consideriamo improrogabili tutte quelle misure a sostegno dell’occupazione femminile. Chiediamo che con la legge di Bilancio 2019 sia ripristinato il Fondo per le pari opportunità, che siano riconosciuti incentivi alle aziende che intendono assumere donne vittime di violenza e che siano destinate risorse per le vittime e per gli orfani di femminicidio”.
Anche Elisa Ercoli, presidente dell’ong Differenza Donna, è molto critica sui casi di presunta alienazione parentale. “Stanno diventando prassi – afferma - le valutazioni che pongono l'inesistente teoria dell'alienazione parentale. Abbiamo deciso di avviare una puntuale indagine sui casi giudiziari degli ultimi anni, nei quali la consulenza tecnica si è rivelata determinante nel capovolgere la presa di parola dei bambini, sulle violenze e pressioni subite dal padre e ritenute, imperdonabilmente, un indicatore di non collaborazione della madre nei confronti del padre. È arrivato il momento di esaminare a fondo la questione, nel rispetto dei diritti dei minori in particolare".
“Oggi, sabato 24 novembre, parteciperemo al corteo indetto da Non una di meno per frenare le politiche antifemministe e le mozioni antiabortiste”, dichiara Sabrina Frasca, coordinatrice dei progetti internazionali di Differenza Donna. Nella capitale c’è molto fermento anche per la vicenda della Casa internazionale delle donne di via della Lungara. “Mentre nel resto del mondo si riconosce nelle donne una forza innovatrice che può portare cambiamenti in un momento così difficile di crisi economica e sociale, in Italia tutte le politiche messe in campo dalla maggioranza di governo cercano di riportarci a un modello di famiglia patriarcale", spiega Frasca: "Addirittura si mette a rischio il diritto a interrompere la gravidanza, come avvenuto a Verona, e a separarsi. Con rammarico constatiamo che la sindaca Raggi, invece di riconoscere il plus di valore sociale e politico di un luogo come la Casa delle donne, parla di privilegi da combattere. È una politica, questa, che cerca di contrastare e annientare qualsiasi risposta venga dal basso, da donne e uomini che si autodeterminano e hanno la visione di un mondo più equo”. L’appello contro la violenza sulle donne ha raggiunto una portata internazionale dopo l’ondata mediatica del movimento Me Too. Ma il tema delle molestie non è l’unico a ritrarre una battaglia trasversale delle donne e degli uomini, anche sulle politiche familiari e sul mancato rifinanziamento del congedo di paternità c’è bisogno di unione contro logiche di stampo maschilista.