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Unicredit ridurrà il personale di circa 8.000 unità nell'arco del periodo 2020-2023, mentre l'ottimizzazione della rete di filiali porterà alla chiusura di circa 500 sportelli. È quanto prevede il piano presentato dalla banca oggi, 3 dicembre.
Gli 8.000 tagli si concentreranno soprattutto in Italia, Germania e Austria, dove il personale verrà ridotto complessivamente del 12% e verrà chiuso il 17% delle filiali. Il nostro Paese appare quindi destinato a sostenere la parte più consistente degli esuberi: degli 1,4 miliardi di euro di costi di integrazione stimati per la loro gestione, infatti, 1,1 miliardi riguarderanno l'Italia (pari al 78% del totale) e solo 0,3 miliardi l'Austria e la Germania. Lo si legge nelle slide sul piano strategico. Prime valutazioni informali del mondo sindacale fissano in oltre 6 mila gli esuberi che ci saranno nel Paese, ma le trattative fra la banca e i sindacati devono ancora iniziare.
Il nuovo piano industriale preoccupa ovviamente la Fisac Cgil. "Il numero di esuberi è sproporzionato rispetto agli obiettivi", secondo il segretario di coordinamento Fisac Cgil del Gruppo Luca Dapporto e la segretaria nazionale con delega al Gruppo Susy Esposito. "Non è credibile che un così netto taglio degli organici venga giustificato da un piano industriale di crescita organica. Non vorremmo che questa cura dimagrante sia il preludio a scenari di aggregazioni europee che allontanino Unicredit dell'Italia. Per noi, la testa del gruppo deve restare italiana ed Unicredit deve continuare a garantire il sostegno all'economia del nostro Paese", viene sottolineato dalla Fisac.
"Crediamo che in realtà gli unici veri esuberi della banca siano il Ceo Jean Pierre Mustier e il management che ha ideato un progetto senza visione industriale e di prosperità e sradica la banca dal tessuto sociale e territoriale in cui opera, con la promessa di enormi dividendi per gli azionisti da conseguire grazie a forti penalizzazioni per le lavoratrici e i lavoratori, chiusure di 500 filiali e pesanti ricadute occupazionali", sottolinea invece il segretario generale della Uilca, Massimo Masi "Siamo pronti a qualsiasi iniziativa di opposizione - ribadisce Masi - e non permetteremo che inquini il confronto con Abi per il rinnovo del contratto nazionale dei bancari”.
Sul tema è intervenuta anche la ministra del Lavoro Nunzia Catalfo: “Vedremo di capire cosa sta avvenendo e di intervenire nel caso ci dovessero essere degli esuberi - ha detto -. Il nostro obiettivo non è intervenire in emergenza, ma prevenire in qualche modo le crisi. Ad esempio, attraverso un osservatorio sul mercato del lavoro che inizia a studiare quali sono i settori in Italia nei quali si investe e quali sono i settori in sofferenza, anticipando così le crisi”.
Landini, annuncio irresponsabile, non possiamo accettarlo
“Diciamo no e diciamo basta. Il lavoro non può più essere considerato una merce che si prende quando serve e si butta quando fa comodo. Unicredit annuncia 8mila esuberi e intanto distribuisce dividendi e chiude i primi nove mesi dell’anno con un utile di 4,3 miliardi. Questo non è fare impresa, è essere irresponsabili. Non lo possiamo accettare. Il governo non può accettarlo. Prima di aprire un gravissimo conflitto Unicredit riveda tutto. Ritiri quanto ha improvvidamente annunciato e, se mai ci dovessero essere problemi, prima di compiere azioni gravi e irreparabili discuta con il sindacato”. Così il segretario generale della Cgil, Maurizio Landini. “Come Unicredit - aggiunge il leader della Cgil - ci sono decine di imprese sane che licenziano senza giustificazione. Come ci sono centinaia di imprese che hanno necessità di una politica industriale che le aiuti a uscire dalle secche di una crisi che non passa, anzi che si aggrava. Ilva, Alitalia, i lavoratori LSU, Auchan, Mercatone Uno, Bekart, Whirlpool, e potrei continuare a citare una a una le oltre 160 situazioni di crisi all’attenzione del governo e parlare anche delle centinaia di aziende piccole e medie in grave difficoltà, nelle quali il sindacato sta dando l’anima per salvare posti di lavoro, capacità produttiva, intelligenze e saper fare. Va data una svolta e va data in fretta”. “Chi lavora, chi rischia di perderlo, chi è sfruttato, chi lo cerca e riceve solo risposte inaccettabili o illecite - conclude Landini - non ha più pazienza. Il governo agisca e faccia in fretta. Cambi le leggi sbagliate, a cominciare dal jobs act e dalle norme sugli appalti. Faccia politica industriale, sblocchi gli investimenti, istituisca un organismo per lo sviluppo del Mezzogiorno. Le forze politiche la smettano con la propaganda e si occupino del Paese e di chi lavora, delle loro difficoltà e dei loro problemi”.