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Per anni tonnellate e tonnellate di rifiuti speciali sono stati interrati e bruciati illegalmente nella Terra dei fuochi. Una verità diventata di pubblico dominio con il libro Gomorra di Roberto Saviano, ma già tristemente annunciata nel 2003 all’interno del Rapporto ecomafie di Legambiente. Per fronteggiare l’emergenza, che in realtà è diventata una questione endemica, le istituzioni sono scese in campo attraverso un’operazione di monitoraggio dei territori coinvolti. Al centro della prima fase dell’indagine un’area di 1.076 chilometri quadrati, compresa tra la provincia di Napoli e quella di Caserta, interessata da ripetuti roghi tossici e riconosciuta come questione ambientale e di salute.
In attuazione della direttiva interministeriale del 23 dicembre 2013 (firmata dai ministri di Ambiente, Agricoltura e Salute), lo scorso 11 marzo sono stati presentati ufficialmente i primi risultati delle indagini tecniche svolte nella Terra dei fuochi e subito è scattata la polemica per la possibilità di sottostima del problema: dei 57 comuni analizzati (33 nel napoletano e 24 nel casertano) solo il 2 per cento del suolo agricolo risulterebbe sospetto di contaminazione. A sostenere la tesi per cui questi dati sono fin troppo rassicuranti sono intervenuti Roberto Saviano, il presidente di Legambiente Campania Michele Buonomo e qualche perplessità l’ha avanzata, cautamente, anche Raffaele Cantone, magistrato anticamorra a capo dell’Autorità anticorruzione del governo Renzi.
A seguito del coinvolgimento dei tre ministeri, è stata eseguita un’attività di mappatura territoriale che ha condotto all’individuazione dei siti interessati da sversamenti e smaltimenti abusivi. Circa 920 ettari di territorio coltivato o potenzialmente coltivabile sui quali è stata verificata la pericolosità sulla base di un accertamento mediante foto aeree e la successiva classificazione secondo livelli di rischio presunto. A partecipare ai lavori di controllo sono stati più enti e organi istituzionali: Agea, Cra, Arpa Campania, Istituto Superiore di Sanità, Ispra, Izsme, Izsam, Regione Campania e Università di Napoli.
L’obiettivo di definire le zone “no food”, interdette quindi dalla produzione agroalimentare, si è concretizzato con l’incrocio dei dati derivanti da analisi effettuate sul territorio – attraverso l’interpretazione delle aereofotogrammetrie di diverse annualità di riferimento – con quelli catastali forniti dall’Agenzia del Territorio. Il Ministero dell’Agricoltura ha reso disponibile l’elenco delle particelle agricole per le quali è vietata la coltivazione. Tuttavia non si placano le proteste dei comitati di cittadini, che già a novembre si erano riuniti intorno al collettivo nominato #fiumeinpiena. Fra poco più di due settimane, il 16 maggio, cittadini e attivisti del Movimento Stop Biocidio torneranno in piazza per chiedere chiarezza, interventi concreti e risolutivi e, soprattutto, il riconoscimento del nesso causale tra rifiuti tossici e incidenza di malattie invalidanti nella regione Campania, finora negato dalla classe politica.
I danni derivanti dall’esposizione ambientale a sostanze tossiche, la cosiddetta “eredità tossica”, sono da tempo al centro della ricerca di Antonio Giordano, oncologo di fama internazionale che già nel 2011 aveva denunciato il costante aumento dei tumori in Campania e per questo era stato tacciato di allarmismo. Di recente Giordano è stato raggiunto da una lettera del presidente della Repubblica Napolitano che lo ha ringraziato per i suoi studi indipendenti. Secondo lo scienziato, la vicinanza ai siti dove si trovano rifiuti e sostanze tossiche ha prodotto, nel corso degli anni, un progressivo indebolimento genetico della popolazione. “A Napoli si ammalano di cancro il 47 per cento in più delle persone rispetto al resto del paese e solo attraverso operazioni di bonifica e prevenzione si potrà arrestare questo fenomeno”, afferma Giordano.
Del problema rifiuti e dei rischi di catastrofe ambientale si parlerà a Perugia il prossimo 2 maggio in occasione dell’ottava edizione del Festival Internazionale del Giornalismo. È prevista una tavola rotonda dal titolo “Terra dei Fuochi: 25 anni di mala politica, corruzione e connivenza tra politici e criminali” che vedrà l’intervento di diversi giornalisti che hanno seguito la vicenda, del Ministro della Giustizia Orlando e del magistrato Raffaello Magi. Giuseppe Manzo – direttore della testata online Nel Paese – è uno dei relatori che saranno a Perugia che commenta così la nuova direttiva interministeriale che stabilisce l’estensione delle indagini tecniche di mappatura ad altri 31 comuni (22 nella provincia di Napoli e 9 in quella di Caserta).
“L’introduzione di 31 nuovi siti – afferma il giornalista – è un’ammissione di colpa rispetto a quel 2 per cento mappato in maniera superficiale e grossolana. E ancora una volta, inspiegabilmente, la città di Napoli è esclusa nonostante territori ad alto rischio come Pianura, Chiaiano, Bagnoli e Napoli est. Fino ad oggi si insiste molto a porre l’attenzione sulla direttrice Caivano-Nola dove sorgono le catene commerciali più imponenti; alcuni agricoltori si sono posti la domanda se ci sono altri interessi rispetto a quelli di una reale bonifica. Siamo ancora al nulla di fatto, le 10 proposte dei comitati non sono state accolte a partire dalla cancellazione del Piano regionale dei rifiuti che, con il suo fallimento, è parte del problema. Addirittura vogliono aprire due nuove discariche in territori martoriati come Chiaiano e Giugliano. Infine, resta lettera morta la partita sulla prevenzione sanitaria: uno screening da 13 euro a persona è una presa in giro che i cittadini hanno già ampiamente contestato”.
A Perugia si discuterà anche del rischio di infiltrazioni della Camorra nelle attività di bonifica ambientale e della necessità di vigilare attentamente e controllare le ditte che partecipano alle gare d’appalto. Sono già emersi casi di aziende legate, o comunque riconducibili, a esponenti dei clan che hanno tentato di accreditarsi presso la regione Campania. Non bisogna mai abbassare la guardia, come sottolinea il magistrato Raffaello Magi: “I clan hanno sempre approfittato delle emergenze; lo hanno fatto con il terremoto, con i rifiuti e ora anche con le bonifiche”.