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“Siete molto importanti, non solo e non tanto per il numero che rappresentate, ma per il valore che è dovuto alla vostra esperienza e trasversalità, insieme alla Cgil per salvaguardare tutti quei diritti che abbiamo conquistato e che oggi sono messi in discussione quotidianamente. In 5 anni questa provincia ha perso più di 12mila tempi pieni; quindi sì che ci vuole la contrattazione sociale. Che deve essere una vera e propria vertenza di tutte le categorie, perché difende lo stato sociale in generale”: si è aperto così, con i saluti di Alessandro Mugnai segretario generale della Camera del lavoro aretina il primo giorno dell’11° Congresso dello Spi Cgil Toscana.
Sono oltre 253mila gli iscritti allo Spi Cgil Toscana, 120 le Leghe distribuite su tutto il territorio regionale. Un grande patrimonio, quello dello Spi Cgil Toscana, al servizio di una visione e di un progetto di società. “Un progetto – sottolinea nel suo intervento Daniela Cappelli, segretaria generale dello Spi Cgil Toscana - che è maturato nelle 654 assemblee del percorso precongressuale. Abbiamo condiviso i temi generali che sono sia dello Spi che, più complessivamente, dell’intera Cgil: il lavoro, i diritti, la contrattazione, le politiche sociali. La nostra ‘matrice’, il nostro radicamento nei territori e tra i pensionati, ci porterà nel corso del Congresso ad evidenziare le condizioni di vita della popolazione anziana che stanno progressivamente peggiorando: diminuzione del potere d’acquisto, difficoltà ad accedere sia ai servizi sanitari che a quelli sociali, una vita che forse si allunga in termini di anni ma che è di qualità sempre minore a causa delle scelte della politica e dei governi. Siamo arrivati al punto che molti anziani rinunciano a curarsi, nel modo giusto o del tutto, perché le loro pensioni non riescono a pagare il ticket o le prestazioni. In questo contesto, insieme a Cisl e Uil, abbiamo posto l’assoluta necessità di una legge nazionale che dia sostegni reali e immediati alle persone e alle famiglie che devono affrontare situazioni di non autosufficienza”.
Se questa è la visione generale dello Spi Toscana, lo strumento organizzativo è la presenza sui territori. “Seguiamo l’esempio di Di Vittorio – prosegue Cappelli –: se vogliamo difendere i diritti dei contadini, dobbiamo andare nei campi. E oggi noi, se vogliamo difendere i diritti e la vita dei pensionati, dobbiamo essere sempre più presenti dove gli anziani vivono. Per questo stiamo attivando gli Sportelli sociali che, con la presenza di personale qualificato, sono in grado di essere il primo punto di riferimento per gli anziani che non solo hanno seri problemi e scarsità di risorse ma devono muoversi anche in un contesto burocratico molto difficile”.
“Oggi più che mai abbiamo bisogno di ripensare a noi stessi, provando a immaginare in una stagione come questa, quali siano il nostro compito e le nostre modalità. Abbiamo bisogno di confrontarci con tutto un mondo che si sta proponendo a noi in un modo inedito e a cui dobbiamo provare a dare rappresentanza. Una rappresentanza che non può essere però solo denuncia, perché non basta. Sapendo anche che è in ballo la nostra azione sindacale di contrattazione”. Ed è proprio sul significato e sull’importanza della contrattazione che la segretaria generale si è soffermata a lungo “a partire da quella sociale ad ogni livello territoriale rimotivando i cittadini nella partecipazione alle scelte che riguardano la loro condizione reale, facendo crescere, per questa via, una nuova fiducia verso la rappresentanza sociale, ma anche verso la politica e nelle istituzioni”. Con la consapevolezza che “fuori di noi niente è più come prima, e che ancora una volta ci troviamo, come organizzazioni sindacali, a dover fare i conti con un quadro politico che dimostra un sentimento di forte ostilità nei nostri confronti; e questa ostilità rischia di trovare sintonia anche con l’opinione pubblica”.
Nella relazione anche i valori e gli ideali (“Il nostro è un sindacato antifascista”); il pericolo di una regressione sociale e culturale, e la necessità di reagire (“Quando si dividono i bambini nelle mense, quando si vuole smontare la 194, quando si usa un linguaggio in un arretramento senza precedenti, se noi restiamo nell’indifferenza, quella cultura rischia di penetrare anche tra la nostra gente e non ce lo possiamo permettere”); l’immigrazione da governare (“Un evento epocale e dal quale non possiamo sfuggire. E noi diamo troppo spesso per scontato che le persone che rappresentiamo accettino con senso di realtà e di solidarietà coloro che a vario titolo migrano nel nostro Paese. Ma purtroppo sappiamo che non è così”) tenendo sempre presente che “non possiamo pensare di risolvere il problema scaricandolo da un’altra parte o nascondendo la polvere sotto il tappeto. Perché la nostra coscienza non può accettare campi di concentramento, ovunque essi siano”, e con una proposta concreta che “chiama in campo la nostra capacità di contrattazione. Analizzare le problematiche più significative che emergono nel territorio, ma anche le esperienze di integrazione e multiculturalità che possono diventare elemento di condivisione. Sperimentare collaborazioni con le comunità degli immigrati del territorio, per individuare bisogni, costruire insieme iniziative utili alla reciproca conoscenza culturale e per rispondere alle esigenze espresse. C’è lavoro per tutti, per le istituzioni locali, nazionali e anche per noi. Sappiamo che non sarà indolore, sarà conflittuale, ma questo tema attraversa tutti. Nella discussione con la nostra gente bisogna dire come stanno le cose, anche discutendo. Ma se facciamo così, conquisteremo tutti a una idea nuova e inclusiva. Sconfiggeremo la paura”.
Per quanto riguarda la politica e la legge di bilancio “noi siamo i primi a dire che si deve fare più welfare, che la Fornero va cambiata, che si devono dare risposte alla povertà, ma contemporaneamente bisogna essere chiari nel dire dove si vanno a prendere le risorse”. Infine la questione del nuovo e diverso modello sindacale mettere in campo: “La presenza delle categorie, la scelta di assegnare al territorio una delle priorità non solo organizzative, ma politiche, l’importanza delle tutele individuali per rendere esigibile un diritto, la nostra negoziazione sociale, l’obiettivo di estendere e di qualificare gli accordi, gli sportelli sociali, su cui abbiamo investito e cominciamo a vedere i primi risultati. Per rispondere alla frammentazione sociale del mondo del lavoro, abbiamo la consapevolezza di doverci ripensare anche organizzativamente”. “A questo proposito – ha concluso – avanzo un’idea che ritengo debba diventare proposta verso il sistema confederale regionale di riunire quanto prima, compatibilmente con i tempi del Congresso, l’assemblea regionale della Cgil, o una versione ampliata, sui temi dell’organizzazione, del reinsediamento e della sindacalizzazione”. Il Congresso prosegue domani: in mattinata il dibattito; nel pomeriggio, a partire dalle 14.30, le conclusioni del segretario generale nazionale dello Spi Cgil, Ivan Pedretti, e le votazioni finali.
La popolazione anziana in Toscana
Al 31/12/2017 la Toscana conta 3.700.00 abitanti. L’età media è di 46,5 anni. Il 52% sono donne. Negli ultimi tre anni si registra una tendenza al calo demografico. Un residente su quattro è anziano: gli over 64 sono 942.000 e di questi il 53% sono grandi anziani (over 84). Si tratta della terza incidenza più elevata d’Italia dopo Liguria e Friuli Venezia Giulia, e il trend è in costante crescita. A livello territoriale Grosseto è la provincia più “anziana” (età media 47,5), mentre Prato è quella più “giovane” (età media 44,2). Oltre il 17% degli anziani registra una condizione di non autosufficienza. La Toscana è una delle regioni europee più longeve. L’aspettativa di vita è di 85,4 anni per le donne e di 81,3 per gli uomini, superiore di circa 6 mesi rispetto al dato nazionale. È una forbice che si sta gradualmente riducendo. Il tasso di vecchiaia della popolazione è elevato: la Toscana sta superando la soglia di due anziani (over 64) per ogni giovane (under 15), ben oltre il dato medio italiano che è di 1,68. Sono in costante aumento le famiglie unipersonali: in Toscana sono ormai un terzo delle famiglie totali, e il 47% è costituito da anziani soli.
L’importo delle pensioni
Gli effetti della legge Fornero, con l’innalzamento dell’età pensionabile a 67 anni, si sono fatti sentire. Le pensioni erogate dall’Inps (escluse le gestioni dipendenti pubblici e la gestione ex Enpals) sono passate, in Italia, dai 18.044.221 del 2014 ai 17.886.623 del 2017 (meno 157.598, pari a meno 0,9%); in Toscana la diminuzione è ancora più accentuata: 1.165.236 le pensioni erogate nel 2017 (meno 23.869 rispetto al 2014, con una diminuzione del 2%). Di queste ultime, il 79,20% (pari a 923.296) sono pensioni previdenziali (il dato italiano è più basso: 72,90%). Analizzando il dato delle varie province, emerge che Siena ha l’importo medio più alto (1.004,2 euro), mentre quella di Grosseto ha quello più basso (825,6 euro). Un gap importante, che riflette le differenze esistenti nella nostra regione a partire proprio dal lavoro. Il dato comunque importante è che l’importo medio delle pensioni in Toscana è di 907,6 euro mensili, una cifra in linea con i dati nazionali. Per quanto riguarda le classi di età, in Italia il 59,5% delle pensioni è erogato a ultra settantenni, percentuale che in Toscana sale al 71,1%, a testimonianza del fatto che i pensionati della nostra regione sono, in media, più anziani rispetto a quelli del resto d’Italia. E quanto al numero dei pensionati, il dato relativo al 2016 parla di 946.975 pensioni (la differenza fra numero di pensionati e pensioni erogate sta a significare che, evidentemente, alcuni percepiscono una doppia pensione).
Lo Spi Cgil qualifica la sua funzione anche nella difesa dei diritti previdenziali e sociali dei pensionati. Sono tanti gli esperti del sindacato pensionati della Toscana, appositamente formati, impegnati per far emergere i cosiddetti “diritti inespressi”, cioè i diritti spettanti e non riconosciuti di cui si può usufruire solo facendone richiesta all’ente previdenziale, e che molti pensionati non conoscono: dagli assegni al nucleo familiare alla 14° mensilità, dall’integrazione al trattamento al minimo, alle somme e importi aggiuntivi, alle detrazioni fiscali. Il progetto “diritti inespressi”, insieme al controllo dell’Obis/M (ossia la busta paga del pensionato) è uno dei servizi che lo Spi Cgil offre in collaborazione con l’Inca. In Toscana nel 2017 sono state controllate 9.698 pensioni, e recuperate somme pari a 1.504.363,44 euro.
La tassazione delle pensioni in Italia e in Europa
La tassazione delle pensioni ci vede decisamente penalizzati rispetto al resto d’Europa: ad esempio tra un pensionato italiano e uno francese, entrambi con un reddito di 20 mila euro lordi annuali, c’è una differenza di 2.636 euro: l’italiano paga 4.097 euro di tasse, il francese 1.461. In Italia la tassazione delle pensioni è più alta della media europea: sempre prendendo ad esempio un reddito fino a 20 mila euro, in Italia viene tassato al 20,5%, in Spagna al 19%, nel Regno Unito all’8,7%, in Olanda all’8,4%, in Germania all’8,3% e in Francia al 7,3%.