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Tagliare la sanità per ridurre le tasse, questa la ricetta di Gutgeld, nominato da Renzi commissario per la revisione della spesa pubblica, annunciata con un'intervista a Repubblica. Forse non saranno 10 miliardi i tagli, ma è una ricetta che annuncia temporali certi sul Sistema sanitario nazionale con la prossima legge di stabilità, e che sembra avere il sostegno del ministro della Salute Lorenzin, ormai dimentica del Patto per la Salute.
Una ricetta vecchia e fallimentare e che rischia di produrre danni incalcolabili. Impoverire ulteriormente il servizio sanitario pubblico - e la filiera produttiva che lo accompagna - vuol dire rinunciare al diritto universale alla salute per tutti i cittadini e frenare sviluppo economico e occupazione, che dal sistema sanitario ricevono linfa e spinta.
E bisogna vedere se, e a chi, conviene lo scambio 'taglio la sanità per avere meno tasse', come ricorda giustamente Cesare Fassari (su Quotidiano Sanità): “se per pagare meno Imu, dovessimo però arrivare a pagare farmaci e visite mediche di tasca nostra, siamo proprio certi del guadagno?”.
L’Italia spende per la salute pubblica molto meno della media dei grandi Paesi europei e ha migliori condizioni di salute (Oecd, Eu 2015), questo è noto. Il problema non è spendere meno ma spendere meglio, combattendo inappropriatezza, corruzione e sprechi: su questo sfidiamo al confronto Governo e Regioni, finendola con annunci e slogan. Con Salviamo la Salute – la campagna di mobilitazione che sta attraversando l’Italia e che evidentemente deve continuare - avanziamo idee e proposte per innovare e migliorare il nostro sistema socio sanitario.
La spending review è cosa seria e buona se i risparmi restano nel sistema socio sanitario per cominciare a ridurre i ticket e per dare le prestazioni che oggi mancano a milioni di persone. Pensiamo alla prevenzione e ai nuovi servizi socio sanitari nel territorio (case della salute, cure primarie) indispensabili per fronteggiare “l’epidemia delle malattie croniche” (come la definisce l’Oms), pensiamo alle liste d’attesa, ai nuovi Lea, allo stato i cui versano i servizi per la salute mentale o quelli sulle dipendenze, alla sparizione dei consultori materno infantili. E la lista delle cose che mancano, e che si dovrebbero fare, può continuare. Bisogna decidere se la tutela della salute è ancora un diritto oppure non lo è più. Perché se è un diritto occorre spendere meglio, non tagliare.
* Responsabile politiche per la salute Cgil nazionale