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Il primo gennaio prossimo saranno cinque anni dall’entrata in vigore dell’obbligo per le aziende della valutazione dello stress lavoro-correlato. Ma è un obbligo che non tutte le aziende rispettano, ma soprattutto che svolgono senza favorire la partecipazione di Rls e lavoratori. A rivelare questa inadempienza è la ricerca “Stress lavoro-correlato: ‘potenzialità e limiti nei risultati del monitoraggio Uil sulle modalità applicative dell’obbligo di valutazione”, realizzata da Paola Mencarelli, Gabriella Galli e Roberto Calzolari (Ufficio salute e sicurezza sul lavoro della Uil nazionale).
L’indagine è stata realizzata nel 2014, approfondendo e allargando un analogo studio compiuto nel 2010, anno in cui la Uil ha istituito l’Osservatorio confederale sul monitoraggio della valutazione dello stress lavoro-correlato. La ricerca ha coinvolto circa mille Rls e Rlst (in prevalenza aderenti alla Uil): maggioritaria è la presenza del Nord (59 per cento), di aziende private (80 per cento) e di imprese con 250-500 addetti (50 per cento).
Cominciamo dagli elementi positivi riscontrati dalla ricerca. Il primo è la “presenza importante di Rappresentanti competenti e molto attenti agli aspetti tecnici e procedurali”. Sono attenti e competenti, inoltre, anche “a prescindere dall’essere stati oggetto di formazione specifica o dall’essere stati coinvolti attivamente dall’azienda”: il 37 per cento degli Rls “conosce la metodologia della valutazione dello stress lavoro-correlato utilizzata in azienda e l’ha potuta indicare”. Un gruppo certamente non molto esteso (in maggioranza operante al Nord e in aziende con più di 500 dipendenti), ma che rappresenta un “indicatore molto importante sia della cultura aziendale sia dell’impegno individuale dei Rappresentanti”.
La ricerca sottolinea "la gestione burocratica e improduttiva degli obblighi relativi alla salute e sicurezza sul lavoro"
Il secondo elemento positivo riguarda le aziende. Una percentuale di queste, anche “se molto piccola”, ha inteso la valutazione dello stress “come un percorso in cui affermare una cultura di prevenzione diffusa e partecipata”. La ricerca sottolinea che il coinvolgimento dei lavoratori permette “di analizzare con più efficacia l’organizzazione del lavoro per verificarne criticità e spazi di miglioramento”. Ovviamente un percorso di questo genere, condiviso negli obiettivi dei lavoratori, permette “di avviare anche buone pratiche per il benessere lavorativo”.
Le buone notizie, però, finiscono qui. Perché purtroppo sono ben più numerose le criticità. A partire dalla partecipazione alla valutazione del rischio stress: ben il 30 per cento degli Rls (provenienti soprattutto da aziende piccole e medie) e il 61 per cento dei lavoratori non è stato coinvolto in alcun modo. Approfondendo gli Rls, va sottolineato che solo una quota molto bassa (16 per cento, rispetto al totale di tutti i Rappresentanti) ha partecipato “alla realizzazione dell’intero percorso di valutazione” del rischio stress lavoro-correlato. Mentre tra i lavoratori questa quota scende ancora di più, appena il 10 per cento.
Altro tema negativo è quello della formazione: non ne ha ricevuta alcuna il 30 per cento degli Rls (in maggioranza Rappresentanti del Nord e di aziende con più di 500 dipendenti). Una situazione, spiega l’indagine, che ci pone di fronte “al non rispetto degli obblighi minimi di legge, considerando che il decreto legislativo 81/2008 prevede che gli Rls frequentino corsi di aggiornamento annuali e sui nuovi rischi”: emerge, quindi, uno “sconfortante quadro di disattenzione verso l’aggiornamento delle conoscenze degli Rls”. Scarsa è anche la diffusione della conoscenza sui rischi psicosociali. Solo il 33 per cento degli intervistati è al corrente di specifici interventi “informativi”: le aziende che li hanno realizzati si sono rivolte prevalentemente a Rls e Rspp, prediligendo l’organizzazione di riunioni, convegni e assemblee sul tema.
Interessante, infine, è la lettura congiunta dei dati sugli obblighi formativi e il coinvolgimento degli Rls nella valutazione. La stragrande maggioranza (81 per cento) dei Rappresentanti che hanno ricevuto una specifica formazione non è stato coinvolto nella valutazione dello stress lavoro-correlato. Questo ci dice, precisano gli autori, di “una gestione burocratica e improduttiva degli obblighi relativi alla salute e sicurezza sul lavoro”. Deludente anche il risultato della valutazione della percezione dei lavoratori: questa è stata eseguita sono nel 16 per cento dei casi, in maggioranza dopo la rilevazione degli indicatori e l’attuazione delle azioni correttive.