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Una sentenza che "emoziona" e chiude una lunga storia giudiziaria, quella "con cui la Cassazione ha confermato le condanne all’ergastolo per Carlo Maria Maggi e Maurizio Tramonte - il primo capo indiscusso di Ordine nuovo/Ordine nero, il secondo un estremista della destra eversiva informatore dei Servizi - per la strage di piazza della Loggia a Brescia del 28 maggio 1974. Questa sentenza definitiva è la vittoria di quella parte di città che non si è mai rassegnata e ha continuato a chiedere verità e giustizia per 43 anni". Questo il commento della Camera del lavoro di Brescia al verdetto dei giudici.
"Da tempo, conosciamo una verità storica sufficientemente chiara nel suo quadro generale, che inquadra la strage di Brescia dentro la sequela di attentati, stragi e tentate stragi, tentati colpi di Stato, il periodo dagli anni '60 agli anni '80, che ha visto muoversi servizi segreti americani e nostrani, settori dell'Esercito e apparati dello Stato, con esecutori ben riconoscibili appartenenti alla destra radicale. Ora questa verità trova conferma anche sul piano giudiziario", si legge in un comunicato della Cdl.
"Resta l’amarezza - prosegue la nota della Cgil locale -, come scritto nelle motivazioni della sentenza d’appello, che alla fine si sia arrivati alla condanna di soli due dei responsabili della strage, e questo per il lavoro sotterraneo e sistematico di depistaggio portato avanti con pervicacia da quel coacervo di forze individuabili, ormai con certezza, in una parte non irrilevante degli apparati di sicurezza dello Stato, nelle centrali occulte di potere, dai servizi americani, alla P2, che hanno prima incoraggiato e supportato lo sviluppo dei progetti eversivi della destra estrema, e hanno sviato poi l’intervento della Magistratura".
Ora, per la Cgil di Brescia, "la verità c’è, è definitiva e ci si arriva dopo che la Cassazione aveva pesantemente cassato la sentenza della Corte d’Assise d’Appello di Brescia del 2012, che aveva a sua volta confermato l'assoluzione degli imputati rimasti nel processo, Maggi, Tramonte, Delfo Zorzi, Pino Rauti e Francesco Delfino, disposta dalla Corte d'Assise di Brescia nel novembre 2010. Questo, anche per ricordare che, anche sotto il profilo giudiziario, la sentenza non esaurisce tutti i possibili filoni di indagine. Nel corso degli anni, infatti - spiega il sindacato -, sono usciti dalla scena processuale personaggi che hanno avuto un ruolo fondamentale nella preparazione e nell'esecuzione della strage, chi perché nel frattempo deceduto e chi sostanzialmente per l'insufficienza delle prove o lo sviamento delle stesse ad opera dei depistaggi. Un ringraziamento doveroso va alla casa della Memoria che, negli anni, è stata collettore di idee e impegno di quella parte della città che non si è mai rassegnata alla mancanza di una verità anche giudiziaria sulla strage di piazza Loggia", conclude il sindacato.
La strage
Il 28 maggio 1974 a Brescia, durante una manifestazione unitaria del sindacato, scoppia una bomba a Piazza della Loggia. È una strage fascista; i morti sono otto, di cui cinque attivisti della Cgil: Giulietta Banzi Bazoli di anni 34, Livia Bottardi Milani di anni 32, Clementina Calzari Trebeschi di anni 31, Euplo Natali di anni 69, Luigi Pinto di anni 25, Bartolomeo Talenti di anni 56, Alberto Trebeschi di anni 37, Vittorio Zambarda di anni 60. Cinque delle vittime erano insegnanti, tra cui tre donne e un ragazzo del sud Italia. Con loro un operaio, legato agli insegnanti come a rappresentare l’unione scuola-lavoro e il lavoro come principio di solidarietà, e un ex partigiano, a segnare la continuità coi principi della Resistenza.
L'ultimo processo
La vicenda giudiziaria si era riaperta nel maggio 2015, quando la Corte d’Assise d’appello di Milano aveva dato il via libera al processo contro Maggi e Tramonte. Un anno prima la Corte di Cassazione aveva annullato l’assoluzione disposta dal tribunale di Brescia nei confronti degli ultimi due imputati rimasti alla sbarra.