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Non si ferma la guerra in Siria. Anzi si fa sempre più cruenta. I ribelli hanno lanciato stamani prima dell'alba un'offensiva contro le forze del regime a difesa dell'aeroporto internazionale di Aleppo e una contro una base aerea militare nella provincia di Idlib, nel nord della Siria. Lo riferisce l'Osservatorio siriano dei diritti umani (Osdh).
Centinaia di combattenti del fronte jihadista al Nusra e delle brigate islamiche di Ahrar al Sham hanno affrontato le truppe del regime attorno alla base aerea di Taftanaz. Ieri erano entrati nella base ma l'esercito li aveva respinti, secondo l'ong.
Intanto l'esercito siriano ha continuato a bombardare il quartiere di Sakhour, nell'est di Aleppo, e sulle città di Marea e Azaz vicine alla frontiera turca. Tre ribelli sono morti negli scontri con le forze governative vicino all'aeroporto militare di Dayr az Azzor, nell'est della Siria.
Le cifre sul conflitto si fanno sempre più terrificanti. ll conflitto siriano ha infatti causato sinora più di 60mila morti. È questo lo “sconvolgente” bilancio dell'Alto Commissariato dell'Onu per i diritti umani, basato su una indagine condotta negli ultimi cinque mesi e definita “esaustiva” da Navi Pillay. Una cifra “ben più alta di quanto ci aspettassimo”, ha spiegato lo stesso Alto commissario, che rivede nettamente al rialzo l'ultimo bilancio, diffuso appena dopo Natale.
Lo studio, ha spiegato ancora Pillay, è riuscito ad incrociare informazioni provenienti da sette fonti diverse, permettendo di fissare a 59.648 il numero delle persone uccise nel periodo compreso tra il 15 marzo 2011 e il 30 novembre 2012. “Considerato che non c'è stata alcuna tregua dopo il 30 novembre, possiamo concludere che fino ad oggi sono rimaste uccise più di 60mila persone”, ha concluso l'Alto commissario.
La guerra non risparmia nemmeno la stampa. Due giorni fa è arrivata la notizia del rapimento di due giornalisti. Uno di loro è James Foley, 39 anni, freelance per diversi canali televisivi statunitensi e collaboratore della agenzia di stampa France Presse, rapito lo scorso 22 novembre insieme con il suo autista e il suo traduttore, poi rilasciati. Il sequestro è avvenuto nella città di Taftanaz, nella provincia di Idlib, dove il reporter viaggiava con un altro giornalista anche lui sequestrato ma del quale la famiglia non ha voluto rendere noti il nome e la nazionalità.