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Dopo la chiusura del semestre europeo a guida italiana, suggellato dal discorso di Matteo Renzi al Parlamento di Strasburgo, si può parlare, obiettivamente, di un appuntamento mancato. Il premier italiano ha invocato il cambiamento di verso che secondo lui ci sarebbe stato, in Europa, grazie alla sua presidenza. Ma senza fatti non ci possono essere cambiamenti. E i fatti rilevanti, durante questo semestre, quali sono stati?
“In Europa non ci si è accorti di particolari progressi nell'agenda e nei dossier che erano sul tavolo della presidenza italiana, né si è avuta una particolare efficacia delle iniziative che la presidenza italiana ha messo in cantiere, peraltro compiti contrassegnati da una qualche disfunzione organizzativa e da un contesto generale di disinvoltura eccessiva, mostrata da Renzi, per il protocollo e per i doveri istituzionali. Disinvoltura che a Bruxelles ha lasciato il segno”. È l’opinione di Fausto Durante, responsabile del segretariato Europa della Cgil, intervistato da Radioarticolo1 nel corso del programma Italia Parla (qui il podcast audio). “Sui grandi temi che pure si potevano e si dovevano affrontare e sui quali il precedente governo Letta aveva in qualche misura istruito la pratica – prosegue Durante – non c'è stata una spinta concreta da parte della presidenza Renzi. Siamo lì dove eravamo all'inizio del semestre”.
Si tratta di temi importanti: ad esempio l'agenda digitale, l’immigrazione e l’accoglienza, infine il dibattito sulla flessibilità, cioè sui vincoli di bilancio ed economia pubblica che l'Unione europea avrebbe allentato. Il presidente Juncker ha riconosciuto alla presidenza italiana il merito per aver spinto per il cambiamento di passo dell'Unione europea, ma, per Durante, si tratta di “un atto diplomaticamente dovuto. Renzi ha più volte insistito sul fatto che il governo italiano e la presidenza italiana in questi mesi avrebbero cambiato l'orientamento europeo sull’austerità, sul rigore e avrebbero introdotto maggiore flessibilità. In realtà sono solo stati confermati quei limitatissimi passi in avanti fatti quando Juncker era ancora presidente dell'Eurogruppo, parliamo di un anno e mezzo fa”. Piccoli progressi, ricorda Durante, che restano “dentro tutti i vincoli del fiscal compact che fino a questo momento hanno condannato l'Italia alla stagnazione e alla recessione, e non prevedono nessuna delle richieste che l'Italia aveva avanzato, tipo non considerare gli investimenti produttivi nel computo del 3% (la soglia da non superare nel rapporto deficit/pil, ndr)”.
In una prospettiva che riguarda l’intera Europa e la sua crisi, poi, l’enfasi posta sul piano Juncker per Durante è “abbastanza fuori luogo”, visto che “prevede uno stanziamento di circa 300 miliardi di euro in tre anni, che è largamente insufficiente rispetto al baratro e alle prospettive future dell'economia europea, che richiederebbero una mole di investimenti molto più elevata”. La proposta dei sindacati europei uniti nella Ces, ricorda Durante, è quella di “un piano straordinario di 250 miliardi di euro all'anno per 10 anni, quindi 2500 miliardi di euro su scala decennale”. “Resta il fatto che la consistenza reale del piano Juncker è assolutamente irrisoria, se si considera che i 315 miliardi di cui parla Renzi sono il frutto di soli 16 miliardi investiti direttamente dalla Commissione. Mentre tutto il resto sarebbe il frutto di un effetto moltiplicatore del quale non c'è nessuna evidenza economica”.
Durante ricorda anche che Renzi è venuto meno ai compiti istituzionali del dialogo sociale europeo, essendosi rifiutato di incontrare i rappresentanti del sindacato all’avvio del semestre: “Questo incontro non è mai avvenuto – ricorda il sindacalista –, inoltre si sono verificati due ulteriori avvenimenti che hanno contrassegnato negativamente l'approccio di Renzi ai temi economici e sociali in Europa: i due vertici tripartiti ai quali avrebbe dovuto partecipare come presidente del consiglio di turno (occasioni solenni nelle quali le parti sociali si confrontano sull'agenda del semestre e più in generale sulle prospettive dell'Unione), sono stati entrambi disertatie da Renzi, che ha mandato in una circostanza il ministro Padoan e nell'altra il ministro Poletti. Faccio presente che attualmente la presidenza è passata alla Lettonia. Il 26 e il 27 febbraio il presidente lettone incontrerà tutti i sindacati europei, compresa una delegazione italiana della quale farà parte la Cgil, nell'ambito di una grande conferenza internazionale organizzata proprio dalla presidenza lettone che ha come oggetto il ruolo dei sindacati per l'economia sostenibile e per la creazione di nuovi posti di lavoro. Una iniziativa di questo genere, realizzata da una presidenza lettone, fa vedere come sia stato davvero scarso e assolutamente irrilevante il peso che Renzi ha voluto dare alle parti sociali europee e all'istituto del dialogo sociale che in Europa rimane la pietra angolare del nostro modello”.
“Dobbiamo insistere – conclude Durante - perché il tema della crescita dell'economia europea, e con essa la creazione di nuova e stabile occupazione, divenga il primo obiettivo della presidenza lettone e ovviamente anche del presidente del consiglio europeo in questo nuovo mandato. Siamo ancora troppo dentro lo schema dell'austerità e del rigore e quindi di politiche non espansive e non votate agli investimenti. La parola d'ordine deve tornare a essere ‘crescita’, ma crescita si può fare solo se c'è una potente iniezione di denaro pubblico e privato in grado di fare ripartire la macchina dell'economia europea”.