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Welfare, lavoro e pensioni. Per i giovani, innanzitutto, ma anche per tutti coloro – e sono tanti in Italia – che sono stati impoveriti e lasciati indietro da dieci anni di crisi. Dal presidio di piazza Beccaria, a Milano, Susanna Camusso ha ripercorso i temi principali della mobilitazione di Cgil, Cisl e Uil organizzata per far cambiare al governo quanto trapela sulla prossima legge di bilancio che le tre confederazioni giudicano non adeguata alle sfide in atto nel paese.
“Il governo deve smettere di dire che va tutto bene – ha esordito Camusso –. In Italia servono investimenti, ma questo non significa dare decine di miliardi alle imprese. In questi anni abbiamo dato alle aziende 40 miliardi di euro, è praticamente tutto ciò che si è speso, ma ben poco è tornato in termini di innovazione o di lavoro per i giovani. Occorre dare al mondo del lavoro e delle pensioni ciò che serve, cominciare a ridistribuire un po’ di ricchezza". E non è vero che è impossibile creare lavoro, ci sono tante cose che si possono fare, a partire dalla messa in sicurezza del paese: “Si potrebbe mettere in atto un piano di investimenti che attrarrebbe anche capitali privati”.
Welfare e sanità: basta tagli
La leader della Cgil si è soffermata a lungo sul tema della spesa sociale: “Se 11 milioni di persone hanno smesso di curarsi – ha scandito dal palco – non c’è alcun risparmio, ma solo un costo per le persone e per il paese e allora bisogna capire perché rinunciano. Il problema non sono solo i ticket, ma anche e soprattutto la riduzione dell’offerta sanitaria sul territorio”. E c’è un solo modo per risolvere questo nodo: “Smettere di tagliare il Fondo sanitario nazionale. Invece nel Def c’è scritto chiaramente che noi siamo l’unico paese in Europa che continua a tagliare la spesa sanitaria rispetto al Pil”. Insomma: occorre investire e “smettere di dire che si tratterebbe di un costo, perché non lo è”.
I giovani: la decontribuzione non serve
È incredibile, per il segretario generale della Cgil, come si continui a parlare di giovani, ma senza poi essere conseguenti nelle scelte di politica economica: “La decontribuzione per le assunzioni – ha ribadito – non serve a nulla. Si creano rapporti di lavoro brevi e precari che finiscono quando termina lo sgravio. Perché non sfruttare l’apprendistato, invece, cioè una forma contrattuale che permette di lavorare ed essere formati, assicurando un percorso professionale non usa e getta? Una volta esaurito lo sconto fiscale, infatti, le imprese non assumono, ma magari offrono uno stage o un tirocinio quasi gratuito”. In sostanza, il governo continua a dire che il lavoro a tempo indeterminato deve costare meno, “ma questo obiettivo non lo si raggiunge con gli sconti fiscali: se autorizzi tirocini a 300 euro al mese, non ci sarà mai una vera concorrenza tra le due forme. Insomma: non si rilancia un paese facendo fare a giovani lavori quasi gratuiti”. Duro anche il giudizio sull’alternanza scuola lavoro, non sullo strumento in sé, ma su come lo si sta attuando: “Laddove si sono fatti accordi e ci sono i tutor le risposte sono state positive. Ma servire caffè dietro a un bancone o fare fotocopie non è alternanza, ma semplice sfruttamento di lavoro gratuito”.
Le pensioni
È uno dei nodi principali della mobilitazione unitaria. Ancora una volta a partire dalla questione giovanile. Per Camusso tra trent’anni non potremo sorprenderci se intere generazioni saranno prive di una condizione previdenziale che garantisca loro una anzianità serena. “Si tratta di una responsabilità collettiva del paese – ha attaccato –: aver costruito un mercato del lavoro che ha reso il lavoro precario e discontinuo. Per porre rimedio a questa situazione bisogna agire subito, non c’è più tempo da sprecare”.
E quando i sindacati chiedono una “pensione di garanzia”, sottolinea il numero uno di corso d’Italia, non pensano a una forma assistenziale, ma semplicemente “a un meccanismo che riconosca questa precarietà, questa difficoltà di accesso al lavoro, i soldi spesi privatamente per formarsi: tutte cose che i giovani non hanno certo scelto volontariamente”. Ne va della sostenibilità dell’intero sistema previdenziale: “Se costruiamo una generazione che non ha interesse a versare contributi perché sa che non avrà mai una pensione, è il sistema intero che non regge. Ed è una scelta voluta: come per la sanità si prepara la strada alla privatizzazione”.
Ma i problemi della previdenza italiana riguardano anche chi è già in pensione e i troppi assegni bassi con cui molte persone sono costrette a vivere. Per questo Camusso ha ribadito la richiesta dei sindacati di bloccare il decreto che innalza di cinque anni l’aspettativa di vita: “Bisogna sempre tener conto della diversità dei lavori. Se uno sta in catena di montaggio 41 anni, basta e avanza, l’aspettativa di vita non c’entra nulla. Se il governo non è ancora in grado di proporre cambiamenti rispetto alle necessarie flessibilità del sistema, perlomeno si fermi e non peggiori la situazione”. Duro anche il giudizio sull’Ape Social: “Se il 60 per cento delle domande vengono respinte, vuol dire che l’idea non era quella di dare risposta a un disagio reale. E non è un caso che tra le richieste rimandate al mittente, tante riguardino i precoci: l’idea è che la pensione di anzianità non esiste più, ma c’è solo una rincorsa all’aspettativa di vita”.
Altri temi da non trascurare sono quelli che riguardano la rivalutazione, con le norme necessarie sulle perequazioni (“non ci siamo mai opposti a che le pensioni davvero ricche contribuiscano al riequilibrio del sistema, ma le proposte di Boeri con il ricalcolo di tutte le pensioni colpirebbero pensionati poveri e con lavori discontinui”) e la “vergogna” degli esodati, per i quali non si è giunti ancora alla salvaguardia definitiva.
Il "bluff" sugli ammortizzatori sociali
“Ci hanno detto che avremmo avuto finalmente politiche attive del lavoro – ha spiegato dal palco –, ma non ci raccontino che con i 30.000 contratti di ricollocazione si possono cancellare gli ammortizzatori sociali. Hanno costruito un sistema per cui oggi a una qualunque impresa conviene licenziare piuttosto che usare gli ammortizzatori. Il licenziamento è sempre la via più facile. Almeno gli si renda la strada più costosa possibile e lo si faccia per tutti”.
Rinnovare i contratti
Il rinnovo dei contratti è imprescindibile per costruire un sistema equo, efficiente e che rispetti la dignità del lavoro. “Il rinnovo del contratto dei pubblici è responsabilità del governo – ha attaccato Camusso –. E il fatto che ancora non ci sia l’atto d’indirizzo per quello della scuola indica una volontà precisa: non rinnovarlo. Le parole non bastano più, servono atti concreti”. Naturalmente ci sono anche i tanti contratti privati: grande distribuzione, multiservizi. Con situazioni paradossali: “Il turismo batte tutti i record, i consumi riprendono, ma ai lavoratori si nega il contratto e magari gli si chiede di garantire aperture 24 ore su 24”. Il numero uno della Cgil ha chiuso il suo intervento con un avvertimento: “Il 16 ottobre andremo a sentire cosa ha da dirci il governo. A quel punto decideremo cosa fare: ma senza risposte, la mobilitazione non si fermerà certo”.