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Quattro operai metalmeccanici palermitani (tre della Intelit e uno della Sielte) in mobilità, quando hanno maturato il diritto di andare in pensione, vincono una causa contro l'Inps per la rideterminazione del loro assegno previdenziale. L'Inps, nel calcolo, aveva preso a riferimento l'indennità del periodo della mobilità. Invece, secondo i giudici della sezione lavoro del tribunale di Palermo, il conto va fatto sulla base della retribuzione effettiva percepita prima della mobilità. Ai lavoratori sarà riconosciuta la differenza non percepita: 37.600 euro in totale.
“È una sentenza storica, che riconosce un importante diritto in materia di pensione negato dall'Inps. Tantissimi altri lavoratori nelle stesse condizioni potranno rivendicare questo diritto”, dicono il segretario generale della Cgil Palermo, Enzo Campo, e gli avvocati legali convenzionati con il patronato Inca, che hanno seguito il caso, Paolo Palma e Armando Sorrentino.
I giudici Luisa Trizzino e Matilde Campo, con due diverse sentenze, hanno accolto i ricorsi presentati dagli avvocati Palma e Sorrentino e ristabilito la corretta interpretazione della norma, che ha istituito l'indennità di mobilità (articolo 3, comma 4 bis della legge 223 del 91). Il tribunale ha riconosciuto che la retribuzione da prendere a base per il calcolo della pensione, per il lavoratore che matura il diritto ad andare in quiescienza, durante un periodo di mobilità di durata superiore a un anno, è quella dei dodici mesi di lavoro precedenti l’inizio del trattamento di mobilità. L'Inps, che aveva dato una differente interpretazione alla norma, è stato condannato a corrispondere ai ricorrenti la differenza tra la pensione erogata e quella dovuta. Uno dei lavoratori avrà 22.534,71 euro, gli altri tre 8.127,19 euro, 2.651,36 euro e 4.366,56 euro ciascuno.
“Verosimilmente l'Inps non ha applicato il diritto riconosciuto nella sentenza nei confronti di tutti i lavoratori, a prescindere dalla categoria di appartenenza - aggiunge l’avvocato Palma, presidente, tra l’altro, dell’Adap, associazione degli avvocati previdenzialisti -. Chi vuole opporsi ha tre anni e 300 giorni di tempo, da quando ha ricevuto il provvedimento di liquidazione della pensione. È possibile recarsi al patronato per le verifiche”.
Sempre secondo la norma, nei casi in cui nell'anno solare non risultino retribuzioni, si fa riferimento all'anno immediatamente precedente, dove risulti percepita una retribuzione per un periodo continuativo di lavoro. Se andando indietro ci sono periodi di cig, si procede ancora a ritroso nel tempo. Inoltre, le retribuzioni accreditate figurativamente dovranno essere rivalutate anno per anno, anche in base agli indici di variazione delle retribuzioni contrattuali del settore di appartenenza, rilevati dall'Istat.