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“Cinque milioni di persone – quasi il 60% degli italiani - non accedono più al servizio sanitario nazionale, mentre il 76% dei cittadini deve spendere di tasca propria per la cura e l’assistenza ad anziani, non autosufficienti, disabili, bambini con malattie rare, di cui lo Stato non si occupa. Sono cifre drammatiche, che denunciamo da tempo. Un Governo che non va incontro ai bisogni dei cittadini, ma guarda da un’altra parte, mette fortemente a rischio anche l’idea democratica del Paese, aggravando la sfiducia della gente nei confronti delle istituzioni”. Così Rossana Dettori, segretaria confederale Cgil, oggi ai microfoni di RadioArticolo1.
Per quanto riguarda i nuovi tagli alla sanità, ha detto la sindacalista, "Governo, presidente del Consiglio e ministro dell’Economia sostengono che non ci sono: mentono, sapendo di mentire. Intanto, è diminuito il valore nominale rispetto ad ogni cittadino del rapporto con la spesa sanitaria. Poi c’è una riduzione reale di 600 milioni del finanziamento che lo Stato deve concorrere per la sanità e per l’applicazione dei livelli essenziali regionali. Ma vi sono anche 850 milioni in meno rispetto all’acquisto di farmaci e medicinali innovativi, cosa che riduce ulteriormente la quota disponibile per le regioni. Infine, esiste un ulteriore taglio rispetto al finanziamento per la ristrutturazione e l’edilizia sanitaria nel nostro Paese”.
“Dunque, negare che vi siano meno disponibilità economiche e che questo peserà sulla salute dei cittadini è una bugia, a cui non crede più nessuno e che dobbiamo smascherare, anche perché corriamo il rischio di andare sotto il livello di salvaguardia del Ssn - pari al 6,4% sul Pil -, che secondo l’Organizzazione mondiale della sanità significa andare sotto la sostenibilità di tutto il sistema. Il Governo deve cambiare radicalmente atteggiamento, investendo sul Ssn e decidendo che la salute diventa un’attività comune insieme al lavoro nell’agenda politica. Perciò, è fondamentale che nella legge di Bilancio 2018 vi sia un’inversione di tendenza rispetto all’andamento degli anni scorsi”, ha continuato l’esponente Cgil.
In merito alle richieste unitarie sulla sanità, i sindacati le porteranno al tavolo dell’incontro con la ministra della Salute, in calendario il 15 novembre. "Tra queste, vi è l’abolizione dei superticket - che il ministro Padoan si è affrettato a smentire - per tutti quei soggetti in condizioni di povertà e titolari del Rei, il reddito d’inclusione che verrà introdotto nel prossimo gennaio. Pensiamo poi che sia fondamentale mettere in equilibrio il rapporto fra strutture ospedaliere e territorio, che superi l’attuale cultura ospedalocentrica, che non funziona, perché l’ospedale è il luogo dove si pratica la cura, non dove si fa prevenzione. Questa va fatta a livello territoriale, garantendo ovunque l’esigibilità dei Lea, introducendo disabilità, procreazione assistita, malattie rare gravi ecc. In tale ambito, la previsione sono 800 milioni per il finanziamento dei nuovi Lea, ma a noi preme che vengano resi esigibili a tutti gli italiani, mentre sappiamo bene che nel Sud siamo lontani da questo obiettivo”, ha proseguito la dirigente sindacale.
“Inoltre, chiediamo l’abbattimento delle liste d’attesa, che si potrà fare attraverso il rinnovo del contratto, attraverso una nuova organizzazione del lavoro più rispondente ai bisogni dei cittadini, ma anche con il blocco dell’intramoenia. Altro tema fondamentale per noi, il finanziamento del fondo per la non autosufficienza, che non può essere fatto con 500 milioni a volta. Noi pensiamo sia necessaria una norma che sancisca un meccanismo di finanziamento del fondo che sia legata alla fiscalità generale. Infine, il lavoro, perché per rendere esigibile il diritto alla salute in Italia, oltre al rinnovo dei ccnl dei lavoratori pubblici, bisogna risolvere definitivamente la piaga del precariato nella sanità, garantendo la stabilità del lavoro al personale e nuove assunzioni. È davvero inaccettabile ritrovarsi in un Pronto soccorso con medici, infermieri e tecnici, peraltro alcuni in età avanzata - visto che i nostri operatori sanitari risultano i più anziani d’Europa - con il contratto a tempo determinato”, ha concluso la segretaria confederale.