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È l’infermiera a rischiare di più. Tra le professioni femminili in sanità, sono le infermiere le più colpite da infortuni: ogni anno subiscono oltre 10 mila incidenti, pari al 32 per cento del totale. In pratica, su tre operatrici sanitarie infortunate una è infermiera. A dirlo è la ricerca “Prenderci cura di chi ci cura” (scarica il pdf), realizzata dall’Associazione nazionale mutilati e invalidi del lavoro (Anmil), con l’obiettivo di indagare la sicurezza e la tutela sul lavoro delle donne che operano nel campo dell’assistenza sanitaria. Partendo da un dato: in sanità le donne rappresentano il 70 per cento del personale (850 mila unità, su un totale di 1,2 milioni), superando gli uomini anche nelle professioni più tradizionalmente maschili, come in quella di medico (dove sono il 60 per cento del totale).
Anche in sanità si registra un calo degli infortuni: nel quinquennio 2009-2013 il decremento (per le donne) è stato del 13,7 per cento. Più della metà degli incidenti si verificano in ospedali e case di cura, “veri e propri microcosmi – spiega la ricerca – in cui la natura estremamente eterogenea degli ambienti di lavoro, delle lavorazioni, dei ruoli e delle mansioni, presenta una potenziale e ampia varietà di rischi sul piano infortunistico”. Molti infortuni (28 per cento) si verificano anche nelle strutture di assistenza sociale per anziani e disabili.
Quali le cause? Al primo posto è la caduta (23 per cento del totale), dovuta a scivolamenti, urti e perdite di equilibrio, “connessi alle innumerevoli ‘barriere architettoniche’ che si incontrano in ambienti e strutture così complessi e spesso precari”. Seguono poi la perdita di controllo di attrezzature o macchinari (19 per cento) e i movimenti sotto sforzo fisico, relativi al sollevamento o allo spostamento di pazienti dal letto alla carrozzina o ad altri ambienti (17 per cento). In preoccupante aumento è il fenomeno delle aggressioni o violenze da parte di estranei (in genere pazienti, per lo più psicolabili, parenti o altri utenti): dei circa 4 mila infortuni indennizzati dall’Inail nel 2013 per questa specifica tipologia di eventi, circa 1.200 (quindi un terzo) sono avvenuti in sanità.
La sanità ha un’incidenza infortunistica molto diffusa, ma di gravità fortunatamente moderata: la quota di infortuni con esiti permanenti è il 3,4 per cento del totale, molto al di sotto della media nazionale (8 per cento). Le lesioni fisiche più frequenti sono lussazioni, distorsioni e distrazioni (43 per cento del totale), diretta conseguenza delle cadute, seguite dalle contusioni (33); la sede anatomica più interessata è la colonna vertebrale (pari a un quarto degli infortuni), seguita da mano (12 per cento), ginocchi e caviglie (9).
Concludiamo con le malattie professionali. Anzitutto le denunce sono in netto aumento, si è infatti passati dai 1.237 casi del 2009 ai quasi 2 mila del 2013. Il 90 per cento di quelle denunciate dalle operatrici sanitarie riguarda l’apparato muscolo-scheletrico e osteo-articolare, conseguenza di sovraccarico biomeccanico, posture incongrue, movimenti scoordinati o ripetuti. Proprio la movimentazione dei pazienti e dei carichi è una delle principali cause di malattia professionale: oltre la metà delle patologie muscolo-scheletriche rilevate nel 2013 ha riguardato problemi legati ai dischi intervertebrali, seguono tendiniti e sindromi del tunnel carpale. In crescita, conclude la ricerca, sono malattie “emergenti” come i disturbi psichici e comportamentali, lo stress lavoro correlato e il burnout, anche se ancora molto sottostimate nelle statistiche ufficiali a causa delle difficoltà di accertamento dell’origine lavorativa.