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La linea della Bce di Mario Draghi sui tassi d’interesse e le critiche del governo tedesco e della Bundesbank, la ristrutturazione del debito greco e i paradossi del Fmi, la posizione dell’Italia e la politica economica europea da cambiare. Di questo, ha parlato il segretario confederale Cgil, Danilo Barbi, stamattina ai microfoni di Italia Parla, la rubrica quotidiana di RadioArticolo1 (ascolta il podcast integrale).
“Le reazioni di Merkel e Weidmann alla decisione di Draghi di non alzare i tassi d’interesse dimostrano che nel mondo tedesco c’è una crisi politica crescente, orientata verso movimenti di destra, improntati al nazionalismo sociale, che contraddicono in modo sempre più chiaro la linea di Berlino – ha detto il dirigente sindacale –. Nel dibattito europeo, è del tutto evidente alla stragrande maggioranza di governi e istituzioni che la posizione della Bce è necessaria, ancorchè non risolutiva, per evitare che i problemi s’aggravino. Secondo Draghi, la ‘bestia’ da debellare è la deflazione, cui si oppone la finanza tedesca, che vede come un ostacolo alla crescita dei suoi profitti il mantenimento di bassi tassi d’interesse. Ma la Germania è isolata, perché tutti gli altri Paesi sono d’accordo con Francoforte. D’altro canto, la politica della Bce ha un grave limite, quello di svalutare l’euro, e ciò crea molta turbolenza nei mercati mondiali, costringendo i cinesi a svalutare e gli americani a non rivalutare. Quindi, se da un lato Draghi ci difende dalla deflazione, dall’altro, sta intrappolando la liquidità, perché la Commissione Ue non vuole adottare una politica espansiva, malgrado l’austerity abbia fallito completamente”.
“In merito alla vicenda greca, la situazione è assai complicata – ha rilevato l’esponente Cgil –. La Germania si oppone alla ristrutturazione del debito, invocando le regole Ue: in realtà, tale pratica è stata già prevista dall’ultimo accordo triangolare e, nel paradosso dei paradossi, il Fondo monetario internazionale, che pure vorrebbe imporre misure di austerità e riduzione pensionistica molto più radicali al popolo greco, ha risposto al ministro delle Finanze tedesco Schauble dicendo che il debito del governo Tsipras va necessariamente ristrutturato, perché così com’è appare impagabile, e quindi creerà solo ulteriore destabilizzazione e difficoltà. Perciò, anche qui i tedeschi, con il loro rigore economico, sono sempre più isolati nel contesto europeo”.
“Per una volta, sono d’accordo con Pier Carlo Padoan – ha proseguito il sindacalista –, quando risponde alla Commissione Ue: ‘Non strillate, perché noi i compiti assegnati li abbiamo fatti’. Il problema è che quei compiti erano sbagliati! La crisi non accenna a diminuire, la disoccupazione è sempre al 40%, e la riforma delle pensioni, su cui l’Unione ci ha detto bravi, è demenziale, in quanto permette di andare a riposo così lentamente che i giovani non possono entrare nel mondo del lavoro. Le imprese, poi, devono tenersi i lavoratori più anziani con maggiori carichi familiari, e casomai operare esuberi sui pochi giovani presenti. In pratica, la ‘Fornero’ è un disastro e va riformata al più presto, come denunciano lavoratori, sindacati e gli stessi imprenditori. Dunque, la risposta che il nostro ministro dell’Economia dovrebbe dare a Bruxelles è che era meglio non averli mai fatti quei compiti, mentre ora bisogna cambiare la discussione, modificando la politica economica europea e abbandonando la linea neoliberista adottata sulla falsariga tedesca, che il governo Renzi ha sfruttato e imposto nel nostro Paese”.
“L’attuale politica europea è un disastro e la situazione sta arrivando a punti critici strutturali: l’unico Paese che continua a trarne benefici è la Germania – ha aggiunto Barbi –. Per questo, dobbiamo puntare su una politica economica espansiva, mentre sul piano politico l’obiettivo è una maggiore integrazione fra gli Stati, malgrado, anche qui, la Germania si opponga, o almeno così sembra fare la maggioranza del popolo tedesco, rischiando di provocare una questione di tragicità acuta. Secondo me, occorre aprire la discussione, dicendo ai tedeschi: ‘Voi non siete pronti per una maggiore integrazione? Fate come gli inglesi, rimanete nel mercato comune e tornate alla vostra moneta!’. In quel caso, però, cambierete presto idea, quando vedrete – come ha dimostrato a Vienna il più grande centro econometrico del mondo –, che il vostro vecchio marco passerà da un dollaro e 13 al valore di un dollaro e 80. In realtà, l’euro è un vantaggio clamoroso soprattutto per le esportazioni tedesche, per un Paese che ha un’ottima produzione industriale come la Germania. In conclusione, temo che i nodi della moneta unica incompiuta e le contraddizioni interne alla struttura europea si avvicinino sempre più al loro punto critico finale. Perciò, è necessario un immediato rilancio della politica – e qui le responsabilità dei governi italiano e francese appaiono decisive –, se vogliamo salvare l’euro e la stessa Unione”.